Quante pretese ostacolano la nostra vita

Quante pretese ostacolano la nostra vita

Cosmo-Art e dolore

Quante pretese ostacolano la nostra vita mentre noi non ce ne accorgiamo. Non sono facili da riconoscere, da scovare, ne da accettare.

Le prima affermazione che ci viene spontanea, quando parliamo di questo argomento, è quella di affermare di non averne. A noi sembra proprio così; in fondo che pretese abbiamo?

Se desideriamo lavorare su di noi, per smascherare anche ciò che non si percepisce in modo evidente, possiamo compiere questo viaggio insieme. Approfondiamo questo tema, per andare a scovare dove si nascondono le nostre pretese.

Possiamo renderci conto che ogni volta che ci aspettiamo delle risposte da noi o dagli altri, oppure determinati comportamenti che non corrispondono a ciò che avremo voluto o ci saremo aspettati, questo non ci fa stare bene.

Ecco, se ci rimaniamo male, o diventiamo reattivi, questo è uno dei segnali che ci conferma che abbiamo diverse pretese.

Un altro segnale sta nell’essere sempre insoddisfatti. Lo saremo solo quando qualcuno o qualcosa corrisponderà esattamente ad un nostro ideale che di fatto non sarà mai raggiunto.

Vediamo meglio di cosa si tratta e cosa pretendiamo. Questo tema riguarda lo stretto rapporto che abbiamo con noi stessi, con gli altri e con la vita.

Pretese: cosa ci dice la scienza

La scienza ci ha detto da tempo che il nostro stato emotivo é direttamente collegato ai nostri modi di pensare e alle nostre convinzioni.
Questi pensieri fanno parte del nostro dialogo interiore  che è influenzato dalle emozioni che proviamo e dai nostri comportamenti.

Le pretese dipendono dai pensieri che facciamo. Quando non corrispondono alle nostre aspettative, ci creano uno stato di malessere che si traduce nel percepire ansia, tristezza, rabbia, senso di colpa.

Si tratta di schemi cognitivi appresi nel tempo, che contribuiscono a determinare la nostra insoddisfazione interna. Le pretese hanno il compito di assolvere a un dovere assoluto del nostro comportamento, di quello degli altri e della vita in generale. Che deve andare esattamente come noi vogliamo e ci aspettiamo.

Siamo permeati da una regola molto rigida che impedisce, di fatto, il nostro naturale ed innato adattamento all’ambiente. L’ambiente esterno, potrebbe essere molto più semplice da vivere di come ce lo immaginiamo. Ma la pretesa non ci permette di rendercene conto e ci espone ad un rischio di corto circuito interno, che intralcia la nostra crescita e la nostra evoluzione.

Pretese e disagio

Ogni volta che pretendiamo entriamo nella condizione di dover far fronte ad una frustrazione. Quella di veder disatteso ciò che ci aspettavamo.

Questo non ci piace, e facciamo di tutto per evitarla, perché dietro la pretesa si nasconde sempre un bisogno umano. Ancora una volta il problema non sta nel bisogno, ma nel modo assoluto e rigido con il quale viene attuato.

Si crea un antagonismo: da un lato l’essere umano pretende e dall’altro respinge l’idea d’essere pretenzioso giustificandosi con qualche forma di ragionamento soggettivo e razionale dei fatti. Sempre per giustificare se stesso e le sue modalità.

Non siamo contenti di avere delle pretese, ma abbandonarle vuol dire rendersi conto che abbiamo bisogno di un cambiamento. Dobbiamo necessariamente metterci in discussione perché stiamo andando verso la direzione opposta al nostro essere.

Ci stiamo allontanando da noi. Le emozioni più scomode ci fanno percepire un clima intollerabile che ci rende sempre più scontenti e mai soddisfatti.

Vi siete mai sentiti così? Io si, parecchie volte. Mi sono spesso domandata perché mi sentivo a disagio, senza trovare la risposta che svelasse le tante forme-pensiero di pretesa che mi ero costruita.

Quali sono le nostre pretese

Senza accorgercene, ci circondiamo di doveri e di molte idee-pretese che dicono: é necessario, bisogna assolutamente, non posso tollerare. Oppure quelle che riguardano le nostre competenze e il nostro successo: devo riuscire altrimenti non mi posso accettare, devo essere la migliore, altrimenti sono una fallita.

Nelle nostre convinzioni ci sono richieste e aspettative esasperate che riguardano anche gli altri. I nostri pensieri sono pervasi da un giudizio continuo, carico di attese, su modi di agire e reagire di chi viene in contatto con noi.

Altre ancora, sono convinzioni associate a forme di dipendenza dagli altri. La percezione di sé è totalmente collegata al giudizio altrui. Alcuni esempi possono essere: le persone importanti per me devono amarmi, o tutte le persone devono apprezzarmi.

Osserviamo quanto, in queste modalità, si crea una discrepanza-frattura tra quello che noi possiamo fare e quello che pensiamo sia dovuto.

Come conseguenza questo atteggiamento può portarci a farci procrastinare i nostri progetti. Diventiamo incapaci a compiere gli sforzi e l’impegno necessario per raggiungerli. Gli esempi di pensiero possono essere: devo avere ciò che mi serve subito, non posso fare fatica per ottenere questa cosa.

Non riusciamo ad accettare il fatto che vivere significa dover affrontare una serie di difficoltà inevitabili. Queste difficoltà ci sembrano come un male incurabile di cui lamentarsi e per il quale non esiste una cura.

Altre volte, l’incapacità di vivere la vita reale ci porta a rinunciare, pur di non vivere ciò che non è prevedibile. Per esempio, si può pensare: devo sapere in anticipo quello che succede, Non posso assolutamente correre alcun rischio.

Quanti ostacoli…

Sono tanti gli ostacoli, come abbiamo visto, che ci troviamo ad affrontare quando pretendiamo. Molti più di quelli che, in un progetto da realizzare o nella vita quotidiana, ci troveremo a vivere. Questo fatto dipende proprio dal nostro atteggiamento che, senza rendercene conto intralcia i nostro obiettivi.

Dal punto di vista antropologico esistenziale possiamo anche osservare quale significato assume questo modo di pensare nelle nostre vite.

La persona che pretende si può considerare come qualcuno che si appropria, senza chiedere, di qualcosa che non gli appartiene. La conseguenza, come ci dice Antonio Mercurio fondatore dell’Antropologia Personalistica Esistenziale, é quella di non riuscire a vivere la vita come un dono, bensì si vive la vita come un furto.

Il furto sta nel non essere leali nei nostro confronti, tantomeno al di fuori di noi. Il nostro atteggiamento potrebbe essere paragonato a quello di un giocatore sleale che vuole ottenere o imbrogliare per appropriarsi di qualcosa che non gli appartiene, invece di impegnarsi per raggiungere, con le proprie qualità, ciò che desidera; pensando ingenuamente che nessuno se ne accorga.

Ci siamo creati un bel problema, non trovate?! E’ un vero e proprio ostacolo alla nostra vita e alla nostra realizzazione. Tante energie che si perdono e si disperdono intorno a questa modalità che ci fa sentire pieni di richieste e ci dimostra quanto siamo immaturi e bisognosi di crescere.

Abbiamo bisogno di accettare il fatto indiscusso che la vita adulta richiede un impegno, ed un conseguente sforzo per essere vissuta pienamente. Questo, di conseguenza, ci riporta alle nostre responsabilità. Impegnarsi per assumere le nostre responsabilità aumenta il valore che diamo a noi stessi, facendo aumentare il nostro star bene.

Come trasformare le nostre pretese

Stiamo bene quando, per sconfiggere le pretese, utilizziamo l’umiltà, che ci consente di chiedere in dono. Se non pretendiamo più vuol dire che abbiamo compreso che dobbiamo imparare a chiedere, con umiltà e spirito donativo. Dimostrando in tal modo di avere dei bisogni legittimi, ma non giustificati da richieste di pretesa.

La Cosmo-art ci propone una efficace chiave di svolta. Imparare a chiedere, saper chiedere in dono. Una nuova visione che ci permette di uscire dal più grande ostacolo che viviamo nella nostra vita: le pretese.

Si tratta di un passaggio importante e significativo. Non possiamo pensare che avvenga magicamente. Non è automatico. Si tratta di contattare un bisogno esistenziale che per essere soddisfatto necessita di una posizione interiore nuova.

Tutto è Dono…

La vita è un dono. Tutto diventa dono quando ci posizioniamo con umiltà e amore. A. Mercurio ci dice che non siamo padroni del mondo, ma umili servitori della vita.

Ciò che non ci aspettiamo è da considerare dono. Ciò che ci coglie di sorpresa è un dono di cui comprendere il significato. Tutto ciò non è semplice.

Si tratta di una scelta di grande saggezza e amore, che ci chiede una crescita continua. E’ una posizione interiore da rinnovare ogni giorno.

Siamo capaci di compiere questo salto qualitativo ed esistenziale significativo che ci permette di dare un nuovo senso ed una nuova visione alla nostra vita. Migliorando la nostra soddisfazione e la qualità del nostro vivere.

Vivere la vita come dono ci porta a compiere un grande passaggio. Da individui immaturi, pretenziosi e pretestuosi, a persone capaci di essere artisti della vita. Capaci di raggiungere la consapevolezza che dolori e doni convivono insieme.

In questo nuovo modo di essere possiamo imparare a chiedere in dono la nostra vita e a colmare i nostri vuoti sviluppando l’amore per noi stessi e per gli altri.

Oggi possiamo uscire dalle pretese che ci pervadono, coltivando dentro di noi il sentimento della gratitudine. Questo atteggiamento ci libera dalla prigione del nostro misero assoluto dove esistono solo le nostre richieste-pretese. Per accettare profondamente che non siamo i padroni della vita ma ne siamo gli umili servitori.

In questa ottica di trasformazione, non ci sono più ostacoli al nostro vivere dati dalle pretese, perché ogni cosa è un dono. Possiamo renderci disponibili ad accogliere tutti gli accadimenti della vita come un dono. Per chiedere umilmente ciò di cui abbiamo bisogno come un dono che desideriamo, senza per forza pretenderlo.

Vi lascio con una citazione del prof. Antonio Mercurio:

“Se vuoi qualcosa, invece di rubarla, va e chiedila in dono ma poi sii pronto a scambiarla con un altro dono.”

 

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