Le ferite illusorie dell’ego

Un antico detto recita che «la vendetta é un piatto che si gusta freddo». Ma chi di noi non sa – per esperienza – che il «calore della passione» ci divora nei progetti di vendetta. Dei cliché ben conosciuti e ben pubblicizzati da cinema, televisione e stampa. Mi avventuro su questo tema in una ricerca che vuole andare al di là dei cliché, e vi invito ad accompagnarmi. Tutti – o quasi – abbiamo in cuor nostro progettato una vendetta ad un certo momento della nostra vita (alcuni di noi in molte occasioni della loro vita!!). Forse a 5 anni quando volevo vendicarmi di mio padre che non mi ascoltava e, per un banale equivoco, mi aveva impedito di tornare alla scuola materna ; oppure a 20 anni quando proggettavo orribili rappresaglie nei confronti del «boy-friend» che mi aveva lasciata per fare coppia con la mia migliore amica ; oppure verso i 40 allorché ignoravo volutamente la collega che aveva ricevuto la promozione che mi spettava e – con molta pazienza – spiegavo a tutto l’ufficio come le sue competenze sessuali fossero all’origine di quella promozione. Che cosa accomuna questi tre personaggi? Sono tutti e tre in uno stato piu’ o meno profondo (piu’ o meno cosciente) di sofferenza! La bimba di 5 anni che aveva trovato amici ed amiche alla scuola materna, che iniziava a socializzare ed aprirsi con gli altri, che aveva scoperto nella maestra una versione della «donna» differente dalla propria madre, é improvvisamente «punita» e rimessa nella cellula familiare.

Quella bimba «soffre». Non capisce per quale motivo le si impedisce di continuare ad andare alla scuola materna. Nessuno le spiega che, avendola ritrovata fuori del cancello della scuola, seduta sul marciapiede, tutta sola, il padre aveva deciso che la scuola non meritava fiducia e, per proteggerla, aveva deciso di non mandarcela piu’. Quella bimba «soffre». Senza nessuna spiegazione ed con solamente una solenne sgridata, ella si forma l’idea che cio’ che le accade «non é giusto» ed é in collera. E’ talmente in collera che per «liberarsi» pensa a come sarebbe bello se papà non ci fosse. I suoi pensieri sono una risposta vendicativa ad una supposta ingiustizia!! E l’ingiustizia fa’ male. L’ingiustizia, vera o presunta che sia, rimette in questione chi sono, quale é il mio valore. L’ingiustizia non mi permette di «esistere» come vorrei, rende nulli tutti i miei sforzi per farmi riconoscere, l’ingiustizia mi dice che non sono amata e, ancora peggio, mi dice che non merito l’amore degli altri. Quella bimba «soffre». Cosa potrà mai fare affinché gli altri la vedano, la ascoltino, la apprezzino per la piccola bimba di 5 anni che é : degna di comprensione e di amore? A meno che non possa parlare della sua sofferenza, della sua delusione , della sua collera, quella bimba non potrà fare niente! Potrà solo sognare di picchiare papà fino a fargli veramente male.

Piccole riflessioni: pensiamo un attimo a quante vendette si sono perpetrate nei secoli solo perché qualcuno ha «supposto» che qualcosa fosse una «ingiustizia» ! Chiunque programmi una vendetta é un essere che soffre perché colpito nel proprio «ego». Senza questa identificazione non ci sarebbe bisogno di vendetta. La ventenne che nutre progetti omicidi verso il giovanotto che l’ha abbandonata per fare coppia con la sua migliore amica soffre le stesse pene. Si sente ferita e tradita. Colpita nell’orgoglio del suo ego, la giovane trentenne «soffre» ed é in collera. Lei aveva investito i suoi progetti per un futuro radioso su quel giovane ; lei si sentiva felice e protetta con lui ; lei si sentiva donna ammirata ed forse invidiata quando appariva in pubblico con lui. Lui se n’é andato e le ha rubato tutto il suo futuro.

La giovane ventenne «soffre». Aveva trovato una identità grazie a lui ed ora tutto é crollato. Si pone le stesse inquietanti domande sul perché mi accade, cosa posso fare per essere accettata ed amata, cosa devo fare per meritare l’amore, come posso prendere il mio posto nella vita. Molto spesso – troppo spesso – non ci sono risposte ed allora, lui sarà dichiarato colpevole dell’ingiustizia subita e la giovane potrà continuare ad essere «la vittima» che grida vendetta. Chiunque progetti una vendetta é un essere che soffre La messa in pratica della vendetta non lenisce la sofferenza, ma la alimenta. E che dire quando ci si é donate anima e corpo al proprio lavoro, sicure di riportare la promozione tanto attesa ed é la collega «bionda» che é promossa ? Fa male, fa talmente male che non arrivo quasi a respirare. Lavoro male, sono detestabile con mio marito ed i miei figli e sogno solamente di «cavarle gli occhi». E mi ricordo tutto: mi ricordo di quando avevo 5 anni e mio padre non mi amava; quando a 20 anni quel compagno mi ha lasciata ed ora quando il direttore preferisce «le bionde tonte» alle «donne che lavorano seriamente». I tre personaggi che vi ho proposto qui sono la stessa persona che, crescendo, porta con sé tutta la sua sofferenza.

La bimba che non ha potuto parlare né essere rassicurata cresce coltivando una falsa identità e a 40 anni crede ancora di essere quello che vede e quello che sente di se stessa. Non ha alcun sentore dell’aspetto spirituale della vita e si indentifica unicamente con il suo «ego». Si pone delle domande sul perché di alcune situazioni della sua vita ed attende le risposte dall’esterno. E’ piu’ facile trovare l’altro responsabile dei miei «problemi» ed impegnarmi in un progetto vendicativo, piuttosto che fermarmi e guardare «dentro» per scoprire le mie responsabilità per cio’ che accade nella mia vita.

Chiunque si perda in un progetto di vendetta:
– ha come sola referenza il mondo fisico in cui vive e la propria persona é al centro di tale mondo
+ ha completamente dimenticato la dimensione spirituale della sua esistenza
– crede che per sopravvivere deve essere come pensa che gli altri vogliano che sia
+ non ha coscienza del fatto che siamo liberi di essere cio’ che vogliamo essere e che manifestare chi siamo é lo scopo ultimo della vita terrena
– si accanisce per arrivare ad avere e ad essere « sempre di piu’ » senza mai essere soddisfatto e gli altri sono ostacoli verso tali conquiste
+ ha perso il contatto con lo spirito d’amore da cui proviene, e che condivide con tutto il resto dell’Umanità.
si crede un peccatore senza nessuna possibilità di salvezza e pensa che Dio (la Vita, l’Universo, la Fortuna, il Destino, ecc.) lo ha abbandonato.

Molto probabilmente i membri delle cosche mafiose che da anni si uccidono tra loro «per vendetta» non hanno coscienza della loro «solitudine spirituale». Per la salvezza della Specie Umana é demandato a tutti noi quindi di rispondere con l’Amore ed il perdono a qualsiasi atto che, apparentemente, sia la negazione di quello stesso Amore. Chiunque progetti vendetta, sta chiedendo amore :diamoglielo!! Come? Allorché siamo confrontati con notizie di violenze, guerre, attentati ricordiamoci non solo delle «vittime», ma anche degli «autori» di tali atti. Un semplice pensiero – che ciascuno puo’ comporre come lo sente – sarà sufficiente. Come lo chiedeva San Francesco d’Assisi : «Laddove c’é l’odio che io possa portare l’amore».

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