Siamo sacri
Schemi mentali e progetto esistenziale
Un uomo viene invitato ad entrare in una stanza in penombra piuttosto stretta. Suda vistosamente e fa un caldo terribile. La temperatura è altissima, quasi insopportabile. Rimane seduto per una decina di minuti, poi fortemente accaldato – si alza e chiede di uscire. Pienamente soddisfatto, la sua esperienza è del tutto positiva. Sa che – sebbene sia un fortissimo stress per il corpo – la sauna è anche una delle pratiche più salutari delle migliori e prestigiose beauty-farm, dove si è recato per trascorrere un costoso weekend di rilassamento. Un secondo uomo sta per fare la stessa esperienza: la temperatura è la medesima, sfiora i 90 gradi e la cella della sua prigione ha più o meno le stesse dimensioni di una sauna. Viene spinto ad entrare dal suo carceriere. Suda copiosamente e la luce filtra a malapena. Non sa quando potrà uscire. Trascorrono circa dieci minuti prima che la porta venga aperta e al prigioniero sia concesso di uscire. L’esperienza è stata sconvolgente. La sua mente è traumatizzata, terrorizzata dalla orrenda tortura che ha dovuto subire.
Mentre il primo uomo probabilmente ripeterà più volte l’esperienza a pagamento della beauty-farm, nel secondo uomo lo shock sicuramente lo accompagnerà per tutta la vita.
Ho riportato qui un esempio, raccontato da Fabio Marchesi in La fisica dell’Anima, che illustra come la medesima esperienza (stesso volume della stanza e medesime condizioni di luce, stessa temperatura e umidità), possa provocare vissuti completamente diversi, addirittura opposti come il piacere e la sofferenza. Ciò che scatena esperienze così diverse non è quindi legato agli aspetti oggettivi della realtà, ma agli aspetti soggettivi, personali. In altre parole, agli schemi mentali dei due soggetti coinvolti. Il primo uomo, quello della Beauty-farm, si aspettava un’esperienza positiva; il secondo uomo, il prigioniero, si aspettava un’esperienza negativa. Entrambi avevano uno schema mentale precostituito che precedeva l’esperienza stessa e ne consentiva l’interpretazione. Mentre l’esperienza è fisicamente la medesima, lo schema mentale offre un’interpretazione (e quindi, un vissuto) completamente diversi. Avrei potuto utilizzare tanti altri esempi, traendoli dai giochi gravitazionali degli affollatissimi parchi tematici, al bunging-jumping, al free-climbing, alla speleologia subacquea e mettendoli a confronto con situazioni tipiche di incidenti stradali, naufragi, disastri e terremoti.
Il risultato sarebbe stato il medesimo. I nostri vissuti interiori, come il piacere o la sofferenza, non dipendono dalle situazioni oggettive della realtà, ma dal modo con cui le interpretiamo. E’ ciò riguarda sia lo Spazio che il Tempo. Tanto è vero che, un’ora trascorsa con la nostra fidanzata è piuttosto diversa dall’ora (sempre di 60 minuti, come la precedente) trascorsa davanti al professore all’esame dell’università. Se ci fermiamo un momento a riflettere sulle conseguenze di questi esempi, è piuttosto facile dedurre che il nostro benessere e la nostra felicità dipendono molto di più dai nostri schemi interpretativi che non dalle condizioni oggettive di Spazio e Tempo. Se ci accorgiamo che trascorriamo molto tempo a lamentarci per la nostra sfortuna e ad invidiare gli altri, ciò dipende dagli schemi mentali che utilizziamo, dal nostro software interpretativo della realtà. Gli schemi mentali sono dei modelli grezzi di interpretazione del mondo che abbiamo costruito in età infantile, spesso molto precocemente, e che inconsapevolmente utilizziamo ancora oggi. Esattamente come nei modelli matematici detti del famoso Rasoio di Ockham (…è inutile fare con più ciò che si può fare con meno), analogamente il nostro cervello utilizza pigramente schemi mentali precostituiti nell’infanzia senza preoccuparsi di verificare se sono ancora utili ed efficaci.
Le grandi paure, le disperazioni, le fantasie e le angosce della vita intrauterina e dei primi mesi di vita, sono stati i mattoni con cui sono stati costruiti i più importanti schemi mentali, ad esempio quelli relativi alla vita e alla morte, al piacere e al dolore, gratificazione e angoscia (come nell’esempio della sauna). Ma fermarci qui non è sufficiente. Comprendere che ancora oggi agiamo sotto il condizionamento di schemi mentali precostituiti non basta a cambiarli. Sostituire gli schemi mentali può risultare piuttosto complesso e meno facile ed immediato di quel che ci si immagina. Anche perchè, per sostituire qualcosa bisogna anche avere una alternativa valida. Dove trovare questa alternativa? Dove si costruisce un nuovo software più efficace ed adeguato? E poi: c’è da fidarsi? E chi garantisce che non andrà peggio e non si cadrà dalla padella nella brace? Per fare un altro passo in avanti dobbiamo prima domandarci qual’è l’elemento che caratterizza tutti gli scenari precedenti e che permette ad un primo ipotetico individuo di provare piacere e ad un secondo ipotetico individuo, pur nelle medesime condizioni fisiche di Spazio e Tempo, di provare dolore e angoscia? L’elemento comune è il sentirsi attivo, oppure – al contrario – ritenersi vittima di una situazione.
Il primo uomo paga per permettersi una sauna, mentre il secondo è un prigioniero. Lo speleologo subacqueo, quando sente i suoi spasmi respiratori, sa che volontariamente si è introdotto negli angusti cunicoli di oscure caverne sotterranee allagate, mentre gli stessi spasmi vissuti da un naufrago provocano un’esperienza diversa. Il visitatore di TardaLand ha pagato con piacere il biglietto per salire sulla gigantesca macchina che lo scuote violentemente, gli provoca la contrazione spastica del diaframma e il voltastomaco, mentre il passeggero di una nave in tempesta vive le medesime sensazioni con tutt’altra impressione. Il modo per costruire un’alternativa valida ed efficace è quindi quella di smettere di fare le vittime e di sentirci piuttosto, artefici del nostro destino, protagonisti della nostra vita e delle nostre scelte. Sentire di aver scelto la nostra vita, la pone quindi in una prospettiva completamente diversa. Ne era convinto Platone che, nel decimo libro de La Repubblica racconta il Mito di Er, dove ogni uomo ha la possibilità di scegliere il proprio destino, il proprio progetto e il proprio Dàimon (un semi-dio secondo il Pantheon della Grecia antica) che lo accompagnerà per tutta la vita.
Il Dàimon, erroneamente tradotto con demone dalla letteratura cristiana, vigila affinchè l’uomo in vita realizzi pienamente se stesso e il progetto che ha scelto nell’aldilà prima della nascita. Il Mito di Er enfatizza proprio la libera scelta con cui ognuno di noi decide liberamente il proprio destino. Dice infatti Platone: “Non sarà il Dàimon a scegliere voi, ma voi il Dàimon […]. La virtù non ha padroni; quanto più ciascuno di voi la onora, tanto più ne avrà; quanto meno la onora, tanto meno ne avrà. La responsabilità, pertanto, è di chi sceglie. Il dio non ne ha colpa”. Sentirsi attivo (e non vittima) comprende dunque di scegliere sempre la nostra parte migliore, la più nobile (virtute e canoscenza, dice Dante Alighieri), farla crescere e svilupparla, seguire la nostra vocazione più profonda ed autentica, da sempre inscritta nella nostra anima, accogliere con tolleranza le nostre miserie e i nostri limiti, rimettersi sulle tracce del Dàimon dentro di noi. Siamo sacri perchè vivere pienamente, realizzarsi ed essere felici, sono il risultato di un salto paradigmatico che porta l’individuo da vittima a protagonista.
Per fare ciò, dice Alessandra Cislaghi citando James Hillman, dobbiamo seguire la nostra vocazione, la chiamata, il genius, l’angelo custode, il cuore. È il segreto dell’individualità che crea un destino. Conformarsi al Dàimon significa realizzare il proprio Sé. E’ dire di sì al processo individuativo che ci chiede di diventare quel particolare unico, irripetibile e sacro soggetto che noi siamo. E ogniqualvolta il Dàimon è invece messo a tacere, imbavagliato, recluso, le conseguenze non tardano tristemente a venire. La felicità è perduta ed il soggetto malato.
Siamo sacri perchè non siamo vittime del passato, vittime dei nostri genitori o schiacciati nel solco tracciato dai nostri avi, non siamo figli del codice genetico: siamo sacri perchè siamo liberi di scegliere il nostro destino, di realizzare il progetto inscritto nel nostro Sé, di seguire la passione travolgente del nostro Dàimon che con tirannica certezza ci chiede soltanto – ma indubbiamente – di essere noi stessi, di diventare ciò che noi siamo.