Il metilfenidato – principio base del Ritalin®, psicofarmaco che si voleva somministrare al bimbo – è tornato ad essere classificato come stupefacente.

Si è conclusa il 20 aprile scorso presso il Tribunale di Milano la prima udienza – convocata con procedimento d’urgenza – per esaminare il caso del piccolo Gianluca D., allontanato dalle lezioni da oltre un mese a causa di presunti disturbi del comportamento nonostante il diritto all’istruzione sancito costituzionalmente. I genitori hanno chiesto ed ottenuto la riammissione a scuola del bimbo, che era stato sospeso a tempo indeterminato in quanto – a detta della scuola – disturbava il regolare svolgimento delle lezioni ed assumeva atteggiamenti violenti nei confronti di compagni ed insegnanti. La scuola aveva informato la famiglia che il bambino sarebbe stato riammesso qualora i genitori avessero accettato di sottoporre il minore ad una terapia a base di potenti psicofarmaci (metilfenidato), suggerita dalla struttura sanitaria pubblica per sedare le esuberanze del bimbo, farmaci psicoattivi che la famiglia si è rifiutata di somministrare per timore dei pericolosi effetti collaterali. “Giù le Mani dai Bambini”® – che con oltre 200.000 specialisti in rete è la più visibile campagna italiana di farmacovigilanza per l’età pediatrica (vedi www.

giulemanidaibambini.org) – è intervenuta all’udienza per il tramite del legale della famiglia, Avvocato Piras, depositando una relazione tecnica breve ma incisiva: “abbiamo portato all’attenzione del magistrato – ha dichiarato Luca Poma, Portavoce Nazionale di Giù le Mani dai Bambini® – la circostanza che la scuola non può ammettere implicitamente le proprie carenze nel prestare assistenza ad un bambino “difficile”, facendo poi ricadere gli effetti di tali carenze sulla famiglia e sul bambino stesso, allontanandolo dalle lezioni: l’istruzione pubblica è un preciso diritto sancito costituzionalmente, e la strategia che era stata adottata è una falsa soluzion. La vera sfida deve essere un’altra: dotarsi delle necessarie risorse professionali, perché è ormai ampliamente dimostrato che questi problemi del comportamento si risolvono con protocolli scientificamente testati (psicologia clinica, pedagogia, etc) che non richiedono necessariamente l’utilizzo di psicofarmaci, i quali – seppure risolvono le crisi contingenti – non “curano” nulla, perché una pillola non può risolvere la causa remota del disagio, ed inoltre espone il bimbo al rischio di gravi effetti collaterali in caso di assunzione prolungata.

La comunità scientifica internazionale è molto critica circa l’opportunità di somministrare farmaci psicoattivi – con un così sfavorevole rapporto rischi/beneficio – ai minori, prova ne sia – circostanza passata quasi sotto silenzio – che il principio attivo alla base di questi farmaci è stato recentemente reinserito dal Ministero della Salute nella tabella 1 (stupefacenti) al pari di cocaina ed eroina. Tuttavia non è vietando l’utilizzo del prodotto che si risolve il problema: la vera sfida è creare una rete di protezione attorno a bambini come Gianluca, un’alleanza tra scuola e strutture sanitarie affinché si offrano risposte concrete ma non necessariamente farmacologiche: liquidare il disagio con una pastiglia è facile, ma questa cultura ha portato ad oltre 11 milioni di bambini in terapia con psicofarmaci nei soli Stati Uniti, e il problema come avevamo previsto, è arrivato anche in Italia. Grazie all’intervento ed alla disponibilità del Dott. Dutto, Direttore Generale per la Lombardia del Ministero dell’Istruzione, la scuola proporrà alla famiglia, nei prossimi giorni, un concreto piano di reinserimento per Gianluca.

Tuttavia un caso pressochè identico è alle porte: sempre in Lombardia, Lorenzo (dodici anni) non frequenta la sua scuola da oltre quattro mesi.

Fonte: Press Room “Giù le mani dai bambini – Onlus” – Campagna nazionale per la difesa del diritto alla salute dei bambini.
Per approfondimenti: www.giulemanidaibambini.org

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