Per la Bielorussia è un sequestro di persona
Questo bubbone, alla fine, doveva scoppiare. Il caso della piccola Maria, la bambina bielorussa trattenuta dai coniugi Giusto di Cogoleto, è solo la punta di un iceberg. Il fenomeno dei cosiddetti viaggi di risanamento è molto vasto e radicato. A partire dal disastro di Chernobyl, lItalia si è trovata in prima linea per offrire il proprio sostegno e il proprio aiuto. Oggi sono molte le piccole e grandi Associazioni italiane che organizzano, da decenni, viaggi per bambini bielorussi che trascorrono in Italia i quasi 90 giorni consentiti dalla Legge Bossi-Fini per laccesso degli extracomunitari, minori compresi. Un numero impressionante di oltre 25.000 creature: un vero e proprio flusso migratorio che due volte lanno destate e durante il Natale coinvolge compagnie telefoniche, la compagnia aerea BelAvia, strutture di soggiorno, trasferimento, trasporto e di una lunga serie di servizi vari per un giro economico complessivo davvero enorme. Come capita sempre quando si tratta di bambini, essi sono penetrati a fondo nel tessuto affettivo di queste famiglie, rappresentando in moltissimi casi, il secondo, il terzo o il quarto figlio.
Nel corso di questi venti anni inevitabilmente si sono creati forti legami, consolidato relazioni, intensi rapporti daffetto che in alcuni casi si sono trasformati in adozioni vere e proprie. Il fenomeno ha coinvolto coppie di tutte le estrazioni sociali: impiegati, operai, giornalisti, parlamentari, professionisti dogni tipo, tratteggiando uno scenario trasversale che attraversa lintera penisola, dalla Val dAosta alla Sicilia. Le famiglie con il tempo non si sono limitate ad offrire semplicemente un periodo di soggiorno vacanziero. Nella quasi totalità dei casi, esse hanno finito per prendersi realmente carico del minore, che spesso in patria era orfano o abbandonato, il cui destino al raggiungimento della maggiore età era statisticamente indirizzato alla malavita per i maschi e alla prostituzione per le femmine. Con il tempo, le cure si sono velocemente trasformate in tenerezza, amore e in legami inscindibili, vero affetto filiale ormai inseparabile. Un fenomeno di così ampia portata che in unepoca di Villaggio globale ha condotto alla realizzazione di un nuovo concetto di parentela allargata, pur anche al di fuori dei confini del tetto familiare.
Una nuova definizione di figlio che comprende anche individui non soltanto con un codice genetico diverso da quello dei genitori, ma anche una lingua, religione, cultura e perfino con cittadinanza diversa. Una straordinaria dimostrazione che lamore letteralmente non conosce confini.
Ma nel 2003, improvvisamente muta lo scenario politico internazionale. Il Presidente Alexander Lukashenko osa criticare apertamente il colonialismo americano camuffato da esportatore di democrazia. Bush allora include la Bielorussia tra i Paesi canaglia insieme a Nord Corea e Iraq: lUE si trova costretta a fare un passo indietro, le relazioni diplomatiche si irrigidiscono, la Bielorussia viene isolata. Quello che per decenni era stato un pur complesso percorso adottivo internazionale diventa improvvisamente un impossibile calvario: le adozioni con la Bielorussia si bloccano. Oltre 150 dossier completi di tutti i documenti frutto di un difficile e tortuoso percorso adottivo durato in media non meno di due anni sono congelati nelle ambasciate e nei ministeri di Minsk. Oltre 150 bambini cui finalmente era stato detto ci siamo, ora lincubo è finito, manca solo una firma, fra qualche giorno ti vengo a prendere e ti porto a casa, precipitano improvvisamente nel buio.
Dopo intensi contatti diplomatici, nel 2005 le 150 adozioni congelate si sbloccano con il contagocce, ma nuove domande non vengono accolte. Scoppia il panico: decine di migliaia di famiglie di fatto, si trovano improvvisamente di fronte ad una lama fatta di intrecci politici, di ricatti economici, di burocrazia, di sudditanze dellItalia verso gli USA che tende a recidere quello che ormai viene considerato un figlio a tutti gli effetti. Il ministro Prestigiacomo del precedente governo Berlusconi, se da una parte non può non tenere conto della pressione di migliaia di famiglie, dallaltra non può neppure strappare lappassionata amicizia del Cavaliere con il presidente Bush. Ecco allora che ne viene fuori un balletto darguta diplomazia, fine strategia e arte del compromesso, finalizzato ad aprire qualche spiraglio nelle frontiere bielorusse ormai sostanzialmente chiuse.
È in questo clima di grave apprensione che va inserito lepisodio di Cogoleto. Su 25 mila bambini che nellestate del 2006 hanno raggiunto le loro famiglie italiane per le vacanze, a qualcuno sono saltati i nervi.
Un solo rapimento (così lha definito lOn. Paolo Ferrero, attuale Ministro della Solidarietà Sociale) su 30 mila bambini che con tutte le loro forze, speranze e sogni desiderano rimanere nelle loro famiglie è una percentuale, tutto sommato, del tutto ragionevole. Soprattutto se si tiene conto delle enormi pressioni psicologiche che gravano sulle coppie e sui bambini.
In questi giorni, Francesca Sforza una giornalista de “La Stampa”, più curiosa di altri, è andata in Bielorussia fino allorfanotrofio di Vileika, in quello che è stato definito il teatro degli orrori, il Lager dove Maria veniva rinchiusa. Ne viene fuori una verità completamente diversa dalle mostruosità descritte in questi giorni. Uno scenario certamente di dolore, ma più per le ferite dellanimo dovute allabbandono da parte dei genitori o alla loro morte prematura. Una visuale che fa luce certamente sullindigenza delle strutture bielorusse (ma qualcuno è andato a farsi un giretto nelle italianissime case-famiglia?) ma soprattutto che riporta lepisodio di Cogoleto nellalveo di un disagio profondamente diverso da quello sbandierato in questi giorni da una parte della stampa.
Indipendentemente dalle gravissime violenze subite da Maria, in generale la sofferenza di tutte queste famiglie è soprattutto quella di temere lamputazione di un legame affettivo considerato ormai indissolubile. È chiaro che, minacciati della chiusura dei confini, di unadozione divenuta emergente ma ormai sostanzialmente impossibile, latroce domanda è: come fare per non abbandonare definitivamente questi figli oltre frontiera?
Chi ha potuto si è inventato di tutto: fughe rocambolesche, espatri clandestini, assunzione del figlio come colf. Ma nella stragrande maggioranza dei casi, i periodici viaggi di risanamento rimangono lunica possibilità, lunica speranza di contatto umano. La realtà è che questa triste vicenda rischia di giocarsi sulla pelle non soltanto di Maria, ma soprattutto dei 25mila che oggi non hanno voce.