I sette vizi peccati capitali secondo Aristotele
Lussuria: come vivere una relazione sessuale appagante
La lussuria è un eccesso (da luxus=lusso, lussureggiante, esagerato), uno smodato appetito sessuale che tende a concentrare le energie principalmente sull’attività sessuale, piuttosto che sulla relazione. Nella lussuria la relazione umana viene posta sullo sfondo, mentre emerge la focalizzazione pressoché esclusiva sull’incontro carnale. In questo senso, la lussuria è un peccato di miopia, di ristrettezza del proprio orizzonte a vantaggio dell’esaltazione di un particolare – il sesso – elevato a rango di incontro esaustivo. In altre parole, il sesso esaurisce la relazione, la consuma, la dissolve e la svuota di ogni altro significato.
La lussuria si riferisce ad una funzione biologica
Va comunque osservato che – a differenza degli altri vizi capitali – la lussuria (insieme alla Gola) sono gli unici che si riferiscono a funzioni biologiche. Sia la Gola che la Lussuria sono esagerazioni di funzioni che comunque sono inevitabilmente radicate nella corporeità. Spostandoci sul versante opposto troviamo infatti che sia il digiuno che la castità sono pratiche spesso legate ad una determinata religiosità, all’osservanza di una specifica liturgia nata con l’obiettivo di scindere i bisogni del corpo dalle mete dello spirito. Per secoli infatti, soprattutto in Europa, il corpo ha rappresentato non la sede dello spirito, ma la parte materica dell’uomo, la sua porzione pesante, opprimente e sporca. Il corpo concupisce l’anima, soffoca la liberazione dello spirito e ne impedisce il ricongiungimento con Dio. In quest’ottica, la mortificazione del corpo ha rappresentato per centinaia di anni, una pratica comune non confinata esclusivamente nelle confraternite religiose, ma estesa anche nella cultura. I bisogni del corpo rappresentavano il limite dell’uomo che desiderava elevarsi, e in questa visione, essi erano oggetto di vergogna, di senso di colpa, di rimprovero e di penitenza. La concupiscenza, fino all’ottocento, era una vera e propria ossessione, arrivando in epoca vittoriana fino a coprire con appositi bendaggi le gambe dei pianoforti perché troppo allusive alle cosce femminili e quindi ad una nudità provocante e tentatrice. Analogamente, per le medesime motivazioni, erano bandite le cosce di pollo dai ricevimenti pubblici.
La lussuria e gli atti impuri
Ancora oggi – se non è finalizzata alla procreazione – un segmento importante dell’opinione pubblica considera una sessualità consapevole tra adulti consenzienti, come peccaminosa e viene assimilata ai cosiddetti ‘Atti impuri’. “Fra questi atti impuri la Chiesa indica sia le azioni concrete materialmente compiute in materia di sessualità non finalizzata alla procreazione e all’unione in seno al matrimonio, ma anche il solo desiderio e l’immaginazione. Tra questi vanno citati la masturbazione, la fornicazione, la pornografia e le pratiche omosessuali” [Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2396].
Nella sua accezione originaria quindi, la lussuria corrisponde ed equivale completamente a qualsiasi attività sessuale non procreativa. Inoltre, essendo un comportamento consapevole e deliberato, esso ricade oltretutto nell’ambito del “Peccato mortale”. Infatti “è peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso” [Reconciliatio et paenitentia, 17]. “Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l’esclusione dal Regno di Cristo e la morte eterna dell’inferno” [Catechismo della Chiesa Cattolica, Art. 8/IV, n. 1861].
Eppure qualche dubbio sul fatto che il Dio dei cattolici sia effettivamente così ostile alla sessualità ci viene da molte fonti. Una riflessione su tutte: Maria la Madonna, simbolo di purezza e di santità porta ‘casualmente’ il medesimo nome di Maria Maddalena, la peccatrice, indegna e posseduta dal diavolo. Ciò che le separa e che la storia ha tramandato, si concentra (non solo, ma anche) sul diverso uso della loro sessualità. Si tratta forse di una casualità che probabilmente, nel mondo cattolico, non è stata esplorata a sufficienza.
La lussuria nella spiritualità
Naturalmente non tutte le dottrine religiose sono di questa opinione. Nel Paleolitico il primo simbolo religioso, che veniva posto all’ingresso delle caverne, era raffigurato dalla vulva. L’organo sessuale femminile, tutt’altro che celato o ritenuto impuro, rappresentava il simbolo universale della soglia, del passaggio dal mondo dei non-vivi al mondo dei vivi, l’ingresso alla vita. Nel mondo greco-romano, i riti dionisiaci fino al II° secolo a.c. e i Baccanali dedicati a Bacco in epoca più tarda, ci raccontano di un’esaltazione dei piaceri del corpo – ritenuti doni divini – considerati uno strumento di contatto con la divinità. Per migliaia di anni, i templi dedicati agli dei erano sorvegliati dalle diaconesse, prostitute sacre il cui compito era tenuto in altissima considerazione. Lontanissimo dall’offendere idee morali, l’obiettivo della prostituzione sacra era quello di celebrare la sessualità come rito propiziatorio. Il sesso non era affatto un modo per allontanarsi dal Dio, ma anzi uno degli strumenti che il Dio stesso aveva posto negli uomini, al fine di permettergli una comunicazione diretta. La motivazione era quella di immagazzinare nel Tempio l’energia del sacerdote, finalizzandola alla celebrazione delle dee della fertilità (Ishtar, Astarte, Afrodite e altre ancora). La sessualità era dunque preghiera, esercizio e applicazione della volontà divina, e rappresentava la più alta e nobile modalità per propiziare la fertilità nelle donne e favorire la prosperità della comunità. Ancora oggi, nell’induismo moderno, il Vātsyāyana Kama Sutra è considerato l’opera più importante nella letteratura sanscrita sull’Amore. Solo una minima parte dell’opera è dedicata all’illustrazione delle posizioni sessuali: per la gran parte esso descrive il fare l’amore come unione divina e – come diretta conseguenza – come essere un buon cittadino! Il piacere non è affatto un peccato, ma anzi una via morale iniziatica e uno dei quattro scopi della vita (purushartha).
Nella storia della nostra cultura invece ha sempre prevalso il bisogno di regolare l’attività sessuale, imprimendogli valori e significati in direzione di una maggiore o minore repressione. Solo raramente ci si è interrogati seriamente sul concetto di sessualità normale, ma nella maggioranza dei casi, ha dominato il bisogno di regolazione sociale. La sessualità, come espressione di intima libertà, ha spesso rappresentato un elemento percepito come pericoloso e da tenere sotto controllo attraverso i dettami religiosi. Il più efficace dei quali è storicamente il senso di colpa.
Lussuria, sessualità moderna e sensi di colpa
Le più recenti scoperte in ambito pediatrico e psicoterapeutico hanno notevolmente abbassato l’età delle prime masturbazioni, ponendola addirittura nel primo anno di vita. Il neonato, attraverso l’esplorazione del mondo, prima casuale e poi sempre più organizzata, scopre nell’ambiente circostante il proprio corpo. Esso è fonte doppia di sensazioni: sente toccando, e sente ad essere toccato. Inoltre alcune aree, maggiormente innervate, rispondono con percezioni più intense: l’ano, gli organi sessuali, il viso ed in particolare le labbra. La masturbazione appare quindi come attività spontanea, non organizzata, del neonato: essa è una naturale stimolazione di una parte del corpo (che per il neonato non è più importante di altre) la quale risponde con percezioni particolarmente intense e piacevoli. Nel mondo animale sono infatti frequentissimi sia la masturbazione che i rapporti omosessuali. Essi hanno un’importantissima e preziosa funzione di coesione dei gruppi e delle comunità. Attraverso l’interazione con l’ambiente moralizzato, il neonato invece apprende che la stimolazione di alcune aree corporee non provoca l’imbarazzo dei genitori, mentre la stimolazione di altre – soprattutto se esibite in occasioni pubbliche – ne provoca il turbamento. Sebbene il neonato non abbia strumenti morali per motivarsi il turbamento dei genitori, al fine di mantenere salde le relazioni affettive indispensabili, adegua i propri comportamenti attraverso pratiche di evitamento. La radice del senso di colpa si pone quindi nel bisogno di consenso parentale del neonato. Il bambino decide di evitare alcuni comportamenti, che pure sono indiscutibilmente piacevoli, al fine di proteggere la relazione, caricando quel determinato naturale comportamento di un valore negativo, inopportuno, proprio perché minaccia la relazione. Il rispetto della regola è consolidata dal meccanismo di protezione della violazione che viene interiorizzato. In altre parole, se nei primi mesi di vita sono ancora gli adulti che suggeriscono al neonato ciò che è bene e ciò che è male, successivamente il bambino interiorizza il meccanismo giudicante, il quale eroga punizioni fondate sul dolore psichico provocato dal senso di colpa. Quando un bambino è in grado, in relazione ad un comportamento naturale, di generare autonomamente un senso di colpa, si può dire che è stato stabilito un condizionamento.
Ed è proprio attraverso i condizionamenti interni, soprattutto relativi alla sessualità, che si possono consolidare strumenti di controllo e di regolazione sociale. E’ questo uno dei motivi che hanno condotto ai moti culturali del 1968 e di conseguenza anche alla rivoluzione sessuale. Negli anni ’70 la sessualità esce dall’intimo delle case, per esser gridata, urlata, esibita diventando non solo un fatto pubblico, ma soprattutto un atto politico. Si coglieva in quegli anni l’intima connessione tra sessualità e gestione del potere. Una maggiore consapevolezza sessuale corrispondeva idealmente ad una liberazione da tutti quegli strumenti di controllo politico esercitato in particolar modo sulle donne. Sono anche gli anni in cui finalmente anche la scienza, liberata da veti culturali e religiosi , si dedica apertamente allo studio degli organi sessuali non come organi riprodottivi, ma osservati soprattutto come fonte di piacere. Il rapporto Kinsey sul comportamento sessuale umano crea un inedito scompiglio con vero e proprio effetto esplosivo, seguito dalle pubblicazioni di Master e Johnson. La sessualità entra in maniera dirompente nelle case: il cantante Elvis Presley viene denominato ‘The pelvis’ per i suoi movimenti di bacino e ammiccamenti che alludono chiaramente ad un rapporto sessuale. Nel 1967 per la prima volta in Italia viene pubblicato un seno nudo su una rivista. E’ quasi una rivolta! Centocinquanta deputati democristiani sollevano un coro di indignazione, insieme all’Ordine dei Giornalisti, e a comitati spontanei di cittadini e madri di famiglia che si organizzano insieme alle parrocchie un po’ in tutta Italia. Nel frattempo però gli studi scientifici stavano dimostrando ormai oltre ogni ragionevole dubbio la natura e la larghissima estensione delle pratiche sessuali dei giovani, anche legate alla masturbazione maschile e femminile che risultavano pressoché equivalenti.
Lussuria e sessualità oggi
Ma se negli anni ’70 la sessualità era ancora un territorio semisconosciuto di cui riappropriarsi, le cose sono cambiate negli ultimi venti anni. L’esasperazione della sessualità sta oggi conducendo velocemente ad una fase di saturazione. “E già si scorgono – a saperli vedere – alcuni segni cambiamento: il risveglio della morale puritana negli Stati Uniti e la riscoperta del valore della castità, da parte di molti giovani europei di fede cristiana” . Si assiste purtroppo ad una perdita dei valori che avevano animato la rivoluzione sessuale degli anni ’70 orientati ad una riconquista di ambiti che per troppi secoli erano stati giurisdizione della morale. La sessualità etero, gay o bisessuale è diventata oggetto di marketing e strumento pubblicitario per veicolare messaggi e prodotti di qualsiasi natura. Il rischio è quello di essere oggettificata e strappata dalla necessaria coesione con la relazione umana. Essa è perennemente presente su qualsiasi strumento di comunicazione. Grazie ad internet e agli enormi profitti dell’industria pornografica, la sessualità è sempre più esibizionistica, sbattuta in prima pagina, attraverso siti, blog di sesso, prodotti per la potenza sessuale o per modificare le dimensioni, video di sesso scolastico, singolari gadgets per l’ossessiva ricerca del punto G, e quant’altro. La sessualità viene privata di ogni segreto, di ogni erotismo, per essere mercificata come un oggetto per ricavare profitto. Crescono nella nostra epoca rapidamente le problematiche sessuali come frigidità, impotenza, eiaculazione precoce e crescono di conseguenza le richieste di farmaci specializzati.
Quella che doveva essere l’età dell’oro del sesso si rivela infettiva di disagi relativi alla sfera sessuale. L’industria farmaceutica, ammantandosi dell’onore di salvatrice universale della felicità coniugale, continua a fabbricare panacee per potenziare la ricerca del piacere a tutti i costi, favorendo inevitabilmente una scissione tra sessualità e relazione umana, al solo fine di fare credere che tutto quello che serve è soltanto una pillola. Vengono in questo modo incoraggiati e promossi valori relativi ad una sessualità superficiale, ostentata ma non sentita, recitata attraverso il mito delle prestazioni, affamata di piacere ma rischiosamente condannata all’insoddisfazione. Le nuove coppie sono disorientate di fronte ad una sessualità che avrebbe dovuto garantirgli felicità ed intimità ed invece si rivela sempre più una tecnica strategica, una difesa protettiva di fronte ai rischi di una reale, autentica e profonda intimità.
Questa sessualità consumistica, individualista e spesso virtuale, perde la sua fondamentale connotazione di relazione, e produce inevitabilmente sempre maggiore insoddisfazione e un costante senso di inadeguatezza. Inadeguatezza che però non va osservata come tecnica o prestazione, ma come reale incapacità di stabilire relazioni soddisfacenti. Si dimentica così che la soddisfazione sessuale è – che ci piaccia o no – figlia di una buona relazione umana, dove le componenti indispensabili sono il coinvolgimento dell’intera persona e non solo una sua parte, la tenerezza, la creatività, il gioco affettuoso e l’equilibrio. Ma anche la capacità di comunicare, la capacità di intimità emotiva, la flessibilità. Soltanto attraverso l’integrazione profonda ed autentica di tutte queste componenti, la sessualità può tornare ad essere una ricerca per espandere le coscienze, per ampliare i propri orizzonti esistenziali, per essere la soglia di accesso ad una vita di relazione gratificante ed appagante.