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Perchè ci è difficile cambiare

La società di oggi per competitività e velocità dei propri ritmi ci pone sempre più innanzi ad innumerevoli problemi a cui per sopravvivenza dobbiamo esser pronti a rispondere. Ci viene richiesta rapidità di analisi, assunzione di decisioni, responsabilità e tenacia. A questo però non sempre l’individuo è pronto, ritrovandosi inspiegabilmente a volte nell’incapacità decisionale, nel disagio, nella difficoltà. Se da un lato la paura è un sentimento ancestrale utile all’individuo per la sua conservazione, dall’altro, se mal gestito, pone l’uomo in una incapacità d’azione che ne pregiudica comunque la sopravvivenza. Siamo quindi innanzi ad una deformazione del meccanismo bioenergetico di attacco o fuga arrivatoci intatto per via evolutiva sino all’era moderna. Perché? Ogni evento vissuto con intensità finisce per influenzarci in modo importante ed entra a far parte di noi in modo permanente strutturando il nostro modo di “essere” nei vari aspetti della vita. Finanche le nostre capacità di “vedere” lo scenario dinanzi a noi, di anticipare eventi “malevoli”, valutare le conseguenze dei nostri atteggiamenti dandoci la possibilità di agire di conseguenza, sono caratteristiche sempre presenti in noi e non dipendono dal buon funzionamento fisiologico dei nostri sensi, della vista, dell’udito, ma da qualcosa di più profondo ed inspiegabile rappresentando ciò che non è concreto alla percezione dei fisiologici sensi.

E’ vero, queste abilità percettive sono il frutto di una integrazione tra una predisposizione naturale, condizionata quindi da un intervento di tipo genetico, e un apprendimento conseguente alle nostre esperienze, ai nostri vissuti. Questi – d’altra parte – sono essi stessi i risultati di ineluttabili strategie messe in atto per soddisfare la nostra primaria pulsione di sopravvivenza e che nel tempo si sono consolidati quali programmi che definiscono il nostro agire personale, magari perché rinforzati dal proprio o dall’altrui giudizio. Sfortunatamente, non sempre queste strategie sono evolutive, al contrario, a volte portano il soggetto a vivere penose problematiche esistenziali. Spesso ci sentiamo incapaci d’affrontare taluni problemi che inspiegabilmente ci si presentano anche in modo ricorsivo nel corso della nostra esistenza, sembrandoci enormi montagne insormontabili. Conseguenza: la Stasi. Eppure le montagne sarebbero visibili da lontano! Siamo stati vittime della nostra miopia, abbiamo scambiato le montagne per verdi clivi, o peggio eravamo semplicemente disattenti? Karl Popper sosteneva che “l’intelligenza è utile per la sopravvivenza se ci permette di estinguere una cattiva idea prima che la cattiva idea estingua noi”.

Il fine ultimo del percorso umano risiede nel perseguire la libertà, ovvero il libero arbitrio dell’agire umano seppur nel rispetto delle regole dettate dalla società d’appartenenza e dalla jus cogens. Va qui introdotta una differenza sostanziale tra il termine psichico con cui intendiamo la “vita interiore” e il termine mentale con cui intendiamo il “pensiero organizzato”, quello che raccoglie informazioni, le elabora e agisce di conseguenza. Se da un lato, dalle nostre programmazioni bioenergetiche scaturiscono emozioni, dall’altro, l’ideazione è conseguenza diretta di una programmazione mentale. Non esiste quindi una interiorità come realtà a sé stante, ma questa è il risultato di una complessa interazione tanto dell’area bioenergetica quanto dell’area mentale. L’Io è il risultato dell’organizzazione di questa interazione, costituita in realtà dall’organizzazione di idee e simboli a noi necessari quali Dio, Emozioni, Amore, Dovere…costituitisi nel corso dell’evoluzione dell’individuo e della stessa cultura d’appartenenza ….. programmi immanenti. Sono quindi tanto genetici (geni) quanto bioenergetici (stati d’animo e comportamenti), quanto mentali (idee).

Essi si diffondono attraverso campi di influenza (famiglia, collettività…) strutturando gli individui e sopravvivendo ad essi. Le pulsioni primarie, quali motori inferenziali della sfera energetica dell’uomo, pur mantenendo il loro senso endogeno, ora ci appaiono con nuova forma. La pulsione di sopravvivevenza (affermati e sopravvivi) – attiva nella sfera bioenergetica – interagirà tramite le emozioni, amore/odio con il sistema limbico. La pulsione dell’apparire (utile anche nella riproduzione), con l’ideazione, l’inventare nuove forme tramite l’emotività di tipo estetico, piacere/disgusto, interagisce anche lei con lo stesso sistema. Come scrive il dott. Papadia nel suo libro ‘La Riprogrammazione esistenziale’: “La bioenergia di ogni persona dà forma alla sua realtà circostante, spazio e tempo, conformandola con le sue vibrazioni. Ne consegue un campo individuale che crea e subisce risonanze con altri campi, le quali come detto vengono mantenute in memoria, odori, sapori, pene d’un tempo magari lontano. Persino il destino ci appare allora come possibile evento statistico di accadimenti che avvengono all’interno del nostro campo gravitazionale. Mi accade quel che io sono”.

Ogni persona è il risultato di una vicenda programmatica, nel senso che ognuno si muove secondo una strategia messa a punto nel corso dell’esistenza, in un rapporto interattivo con l’ambiente, allo scopo di raggiungere personali obiettivi. La struttura di personalità o del falso sé di un soggetto è una complessa singolarità. E’ come dire che la forma delle isole ha una geometria unica nel suo genere. L’identità di un’isola non è legata alla somiglianza con qualche poligono ma è scandita dal ritmo delle sue coste. Descriverle come triangoli o pentagoni può essere comodo per parlarne ma non per navigarci intorno. Tutto questo può essere riformulato più semplicemente con l’assunto che ogni individuo rappresenta qualcosa di unico e irripetibile. La conseguenza pratica di ciò si sostanzia nella formulazione di strategie per il raggiungimento di obiettivi prefissati, strategie che siano coerenti con i criteri ed i valori del soggetto che vive la propria inadeguatezza dinanzi ai problemi, alla sua realtà “relativa”, poiché – ripetiamo – è unicamente sua per propria valutazione e capacità di affrontarla.

La vita è l’esecuzione dell’insieme di programmazioni collettive e individuali, genetiche e personali, che hanno formato l’essere bioenergetico, mentale, spirituale di quella persona. Come accennato, le doti individuali che pongono l’essere in una determinata posizione interiore rispetto all’ambiente in cui è immerso, lo definiscono univocamente in senso olistico, poiché egli solo è proprietario del suo vissuto e del suo patrimonio genetico, nonché di quelle idee a lui innate pervenutegli per via evolutiva. Purtroppo, la rigidità di una programmazione personale può indurre l’individuo ad entrare in crisi anche attraverso manifestazioni di comportamenti ripetitivi, ostinati e di cattive abitudini fino all’incapacità stessa di cambiare. Non è possibile perciò uscire da una simile condizione se non attraverso un appropriato intervento, volontario e talvolta laborioso, di variazione della propria “strategia” acquisita nel corso degli anni. Solo sostituendo i programmi preesistenti con altri, si può giungere all’acquisizione di autonomia e consapevolezza. Chiaramente il cambiamento del modo d’essere sarà il più possibile personalizzato; questa è la conseguenza logica del fatto che ognuno di noi utilizza una propria modalità specifica di apprendimento, della quale il più delle volte non ne è nemmeno consapevole.

Occorrerà creare occasioni di sviluppo di nuove abilità e scoprire di se stesso risorse, capacità di cui nemmeno si sospettava precedentemente l’esistenza. Se in ogni soggetto esiste una unicità, allora bisogna credere che ogni individuo abbia una propria via di cambiamento, anche laddove la vita non abbia attrezzato l’individuo degli strumenti adeguati in flessibilità ed efficacia. Sebbene sia consuetudine associare al termine cambiamento un significato positivo legato alla novità, allo stimolo, al rinnovamento, nella realtà il prezzo da pagare per raggiungerlo è tutt’altro che gratuito. L’uomo è un circuito aperto verso l’esterno con il quale interagisce e ciò è vero tanto da un punto di vista fisiologico tanto da quello psicologico. Così come il fisico umano attraverso il meccanismo dell’omeostasi persegue il mantenimento delle condizioni ottimali per il suo funzionamento, così l’individuo strutturato e rispondente ai propri “programmi”, cerca di mantenerne inalterata la propria funzionalità opponendosi al cambiamento. Un fenomeno denominato “resistenza”, definibile come un inconscio processo di feedback messo in atto al fine di non soffrire – poiché troppo penoso all’individuo il cambiamento – E’ la resistenza, quindi, il maggiore ostacolo al rinnovamento che costringe l’individuo alla reiterazione di strategie non evolutive eppure per lui le uniche possibili.

Per taluni il cambiare è paragonabile al fermare un treno in corsa ed invertirne la marcia. Processo che ovviamente richiede una quantità di energia tutt’altro che indifferente, secondo le leggi di mantenimento del moto o di quiete della fisica. Ci troviamo però innanzi ai moti dell’anima e la pena talune volte è sì tanto forte da non permetterci di alterare la nostra condizione. All’estrema ratio, potremmo anche affermare che finanche la pazzia è l’ultimo baluardo dell’anima per opporsi alla sofferenza. Per giungere al cambiamento occorre allora una motivazione più alta, più “potente”, una forza tale da consentirci di fermare quel treno in corsa ed invertirne la marcia, seguendo la fisica “una forza uguale e contraria”. Occorrerà allora passare per il “rifiuto” di se stessi e della propria condizione, dopo averne fatta attenta analisi, per modificare quindi se stessi e la propria condizione. Conoscersi e disconoscersi per ritrovarsi. Allora e solo allora avrà senso concepire nuovi obiettivi da perseguire con tenacia. In quel momento sì che avrà senso tornare al tavolo da disegno per dar tratto ad un nuovo progetto e a nuovi programmi per raggiungere nuovi obiettivi.

Un piano di azione ben definito facilita il raggiungimento delle mete prestabilite, diminuisce il rischio di fallimento e di conseguenti ripercussioni sulla autostima e sulla fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.

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