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Come può l’Intelligenza Artificiale aiutarci ad essere migliori?

Essere (e rimanere) Umani 2.0 nell’era delle Intelligenze Artificiali

Come può l’Intelligenza Artificiale aiutarci ad essere umani migliori? +umani? Potrebbe apparire una domanda superflua o lontana anni-luce. Invece ci riguarda da vicino, da molto vicino. Così vicino che, forse, neppure lo sospettiamo.

Quella che promette di essere la prossima, grande rivoluzione epocale – l’Intelligenza Artificiale (IA) – è già pienamente operativa nei notebook e nel cellulare che avete in tasca. E non solo riguarda noi: ma riguarda soprattutto i nostri figli. Come saremo nel 2038? Quando i ragazzi che oggi hanno 20 anni, ne avranno 40? Quando i ragazzi che oggi hanno visto 50 primavere, ne avranno viste 70 e avranno negli occhi una scintilla di saggezza in più? Quali saranno – le nostre, e le loro – nuove sfide? Ci saremo preparati per tempo?

L’AI si riferisce a macchine che possono imparare, ragionare e agire da sole. Possono prendere decisioni di fronte a nuove situazioni, allo stesso modo in cui lo possono fare gli esseri umani e gli animali. Per una definizione piu precisa di IA, si puo fare riferimento alla Stanford Encyclopedia of Philosophy. Sappiamo già che l’IA svolge compiti ripetitivi meglio e molto più velocemente degli umani. Ma questo lo facevano già i normali computer.

Ora però sappiamo anche altro.

  • Nel novembre 2018, la famosa rivista scientifica Radiology ha pubblicato uno studio in cui una IA ha raggiunto una sensibilità del 100% nel rilevare precocemente l’Alzheimer, oltre sei anni prima della diagnosi finale.

  • E’ partito il progetto iBorderControl, finanziato dall’Unione Europea, che analizza le micro-espressioni sul volto dei viaggiatori, e scopre chi mente alle frontiere.

  • Nell’aprile del 2018, la polizia cinese è riuscita a identificare un singolo delinquente in mezzo ad una folla di 60.000 persone durante un concerto, utilizzando un sistema IA in grado di identificare uno qualsiasi dei suoi 1,3 miliardi di cittadini entro tre secondi.

  • Meno di un mese fa, un’opera d’arte realizzata da un algoritmo, il “Ritratto di Edmond Belamy” è stata venduta all’asta – nientemeno che da Christie’s – per 432 mila dollari (il prezzo di discreto appartamento a Manhattan – NY).

Questa è solo la punta dell’iceberg delle migliaia di applicazioni di IA operative nel mondo. Folklore, si potrebbe pensare. Sono soltanto giochini da nerd e stravaganze da ricconi perditempo?

Lungo questa opinione è orientato l’interessante dibattito ospitato – nientemeno che – sull’autorevole rivista scientifica British Medical Journal. Infatti alla domanda “I sistemi di intelligenza artificiale renderanno obsoleti i medici in carne e ossa?” La risposta è stata No! … ma solo a condizione di rendere i medici più empatici (obiettivo non sempre facile).

Essere umani tra decisionalità e opportunità

Oggi, i convegni di IA non si focalizzano più su questo o su quell’altro bizzarro algoritmo di Deep Learning. Ma siamo già alla fase successiva, dove cominciano ad apparire i primi convegni internazionali di “Etica dell’IA”. Non stiamo quindi parlando di come un robot possa avvitare meglio un bullone di una automobile. Stiamo parlando invece di come le IA debbano compiere le loro scelte, come prendere decisioni cruciali, e di quali siano i principi e i valori che orientano queste decisioni che tanto profondamente hanno impatto nelle nostre vite. Oggi siamo nella fase in cui dobbiamo insegnare l’Etica umana alle IA: in un modo che possano comprenderla e applicarla nei settori della medicina, della giurisprudenza, delle scelte industriali, ambientali, nel settore dei trasporti e perfino dell’alimentazione.

Qualcuno potrebbe storcere il naso o perfino provare inquietudine: rimane il fatto che le IA sono già dentro le nostre case e sempre più sorveglieranno i nostri bambini nelle culle e baderanno agli anziani, cucinando il cibo e somministrando le giuste dosi di farmaco, privi di qualunque errore umano. Bambini-in-germaniaImparano dai nostri modelli di comportamento, riconoscono ciò che ci piace e ciò che non ci piace, registrano tutti i dati che spontaneamente – ogni giorno – forniamo loro con i nostri like su questa foto, o su quell’aforisma su qualche social. E più imparano, più le loro decisioni saranno sincronizzate con i nostri gusti e aspettative.

La conseguenza è che oggi una IA è molto più veloce, economica, precisa e infallibile di un radiologo ad esaminare le radiografie, di un camionista a guidare un wagon-truck, di un giurista a spulciare tra migliaia di sentenze di tribunali,

Ad esempio: quello che il cliente di un avvocato soprattutto cerca, è la “probabilità” di aver successo nel suo contenzioso legale, e questo ha dischiuso la porta ai sistemi predittivi di intelligenza aumentata.

di un trader di borsa nello scegliere il fondo di investimento più vantaggioso. E siamo soltanto all’inizio.

Io credo che la capillarità dell’IA sarà una grande opportunità per il genere umano, perché ci costringerà sempre più a riflettere su ciò che è veramente umano e ciò che invece non lo è. Su ciò cui dobbiamo puntare, e su ciò che invece ormai siamo pronti a lasciare andare lungo le sfide del futuro prossimo. Su ciò che dà senso alla nostra esistenza, e su ciò che invece possiamo delegare ad una macchina, perché non dà senso alla nostra vita.

Essere Umani 2.0 e la nuova Etica del Lavoro

trattore-agricoltura-campagna-contadino-natura-625x350Facciamo un esempio: se è vero che nei prossimi 15 anni, diversi milioni di posti di lavoro saranno progressivamente svolti dalle macchine, questo ci obbligherà a rivedere la nostra Etica del Lavoro. Per migliaia di anni, dalla scoperta dell’Agricoltura nel periodo Neolitico fino alla Rivoluzione industriale del 1800, il Lavoro ha rappresentato un pilastro fondamentale dell’identità umana. Chi non lavora non è un vero uomo, recita un vecchio proverbio bavarese della tradizione calvinista. Secondo questa antica visione, potremmo tradurre che … …esistiamo perchè lavoriamo.

L’etica del Lavoro ha sempre definito il senso delle esistenze, ha offerto una cornice concettuale all’identità e alla propria vita. In particolare, nell’immaginario (non solo maschile) il lavoro è la base dell’autostima e del riconoscimento sociale. Avere un lavoro (possibilmente arduo e prestigioso), oppure perderlo o essere licenziati, ha un impatto fortissimo sull’immagine di se stessi, sulla propria autostima e del proprio posto nel mondo. Non è affatto infrequente che chi perde il lavoro pensa assiduamente anche di togliersi la vita: perchè – lavoro e diritto all’esistenza – per millenni, sono stati intimamente legati. Ma sarà ancora così in futuro?

Ke_Jie_EssereUmaniQuando AlphaGo – l’ormai famosa IA di proprietà Google – nel 2016 ha sconfitto il Sig. Ke Jie nell’epica partita a GO  (il millenario gioco cinese di pedine di madreperla), il Sig. Ke Jie – imbattuto campione del mondo – piangeva per il dolore perchè amava il gioco del GO. AlphaGo invece non ha battuto ciglio. AlphaGo si era aggiudicato una partita di enorme complessità (almeno per un umano) e – terminato l’incontro – non ha dato alcun segnale di gioia, né ha dato cenno di voler abbracciare qualcuno per la felicità. Ke_Jie_EssereUmani2Automaticamente si è messo in stand-by: in silenziosa attesa del prossimo comando. Proprio come fa un normale televisore con il suo led rosso.

Ma quanto è intelligente AlphaGo? Di più o di meno, rispetto agli essere umani? Meno … per il momento. Soltanto quando avrò 99 anni avrò il piacere di osservare finalmente la cosiddetta Singolarità (secondo alcuni), o il Break even (secondo altre definizioni), ma insomma – in breve – potrò ammirare il pareggiamento dell’intelligenza umana con l’intelligenza artificiale, che avverrà – sostiene Toby Walsh, Scentia Professor di intelligenza artificiale alla UNSW Sidney – esattamente nel 2062.

Anche oggi però, AlphaGo è davvero, incredibilmente, oltremodo intelligente: la sua intelligenza in rapporto a quella umana, può essere paragonata a quella tra gli Homo Sapiens e i Pan troglodytes (gli scimpanzé). monkey-typingSono simpatici, fanno sorridere di tenerezza, hanno tanti sentimenti. danteridolfpiciMa gli scimpanzé di fronte ad una macchina da scrivere – neppure per caso, e neanche tentando e ritentando per mille anni – riuscirebbero a scrivere: …. Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia ….

AlphaGo è terribilmente intelligente ma – almeno per il momento – non sa nulla di cosa sia combattere contro se stessi per migliorarsi, per trasformarsi giorno dopo giorno, con infinita pazienza e tenacia, nel campione del mondo di GO. Non conosce assolutamente nulla della fatica, del dolore, dell’immensa perseveranza che ci vuole per diventare lentamente, il migliore ad un gioco dalla tradizione millenaria. Lui – o meglio – esso (AlphaGo) – in un istante è nato già intelligentissimo. Non ha fatto nessuno sforzo e non ha attraversato alcun travaglio per diventare enormemente intelligente. Di conseguenza: perché dovrebbe gioire?

Essere umani 2.0 per continuare a trovare un senso

Ed eccoci al punto: cosa significa, gioire? Gioire è una manifestazione di senso, è l’espressione di un significato. Scegliere è certamente difficile – come difficili sono le innumerevoli scelte che le tante IA stanno già compiendo al posto nostro. Ma ancora più difficile è dare un senso, costruire – incessantemente – un significato. Forse il mondo del Lavoro in futuro non sarà più – come è stato per migliaia di anni – una delle più importanti fonti di senso. AlphaGo non gioisce, perchè non sa cosa significa: per esso, gioire non ha senso. Dante Alighieri invece ha dato un senso al suo dolore e al dolore di milioni di persone che, ancora oggi, rimangono incantati leggendo il suo capolavoro. AlphaGo non prova dolore. AlphaGo può soltanto essere spento, ma non conosce nulla della morte. E non mi riferisco soltanto alla morte fisica, ma soprattutto alla morte esistenziale: quel travaglio, quel denudarsi assoluto e quel perdersi e poi ritrovarsi, che alcuni eventi dell’esistenza umana impongono e che ogni uomo affronta ripetutamente lungo il proprio cammino.

E poichè non conoscono l’essenza trasformativa contenuta nel dolore, la pseudo-creatività delle tante IA – anche se battuta all’asta per migliaia di dollari da qualche astuto mercante d’arte – è totalmente incapace di fornire risposte. baby-428395_640Ascoltate ad esempio, la 6° Sinfonia di Beethoven, osservate l’Urlo di Munch o la Pietà di Michelangelo. Ognuna di esse è una potente risposta: una risposta alla straordinaria bellezza della vita, oppure alla paura, o all’infinito potere dell’amore.

L’IA ci interroga su come vogliamo Essere Umani

E torniamo alla domanda iniziale: cosa ci rende umani nell’era delle IA? Cosa ci rende veramente migliori? +umani?

Trovo meraviglioso che le IA ci mettano di fronte a questo interrogativo. Essere Umani. La risposta è che non è l’intelligenza a renderci umani, né ci rende migliori o +umani. La razionalità necessaria a riconoscere una cellula malata da una sana, non definisce l’Essere umani. È certamente una dote straordinaria (potentissima) e incomparabilmente preziosa: ma non aggiunge alcun senso all’esistenza. Forse la prolunga. Ma – di per se stessa – non necessariamente la migliora.

Le IA sembrano super-umani ma non lo sono, semplicemente perché non cercano nulla. Non hanno domande e non cercano risposte. L’esistenza non è un mistero. Nulla quindi da esplorare nell’infinitamente piccolo: tra un quark quantistico e un bosone di Higgs – o nell’infinitamente grande – tra una lontana galassia e la stringa cosmica di un nuovo universo.

Gli Ulissidi, la progenie di Ulisse, l’eroe omerico – al contrario – fanno dell’esplorazione alla ricerca di senso dell’esistenza e della ricerca della bellezza, il cuore del proprio viaggio. La ricerca non è soltanto quella di +vita, ma semmai di +senso-della-vita. Chi siamo, perché esistiamo è qual è il motivo ultimo: sono proprio gli interrogativi e la ricerca incessante, ciò che ci rende +umani.

Le IA sempre più si prenderanno cura di noi e certamente miglioreranno i nostri comfort: ma non saranno mai in grado di fornire una risposta di senso alla nostra solitudine, al vuoto, al nostro bisogno di amore, di condivisione, di coralità. Al nostro desiderio di costruire speranza e gioia, di costruire infinita bellezza, al nostro desiderio di sentirci realizzati dentro un progetto esistenziale di senso.

Soltanto nel rapporto autentico con altri esseri umani, potremo gradualmente costruire le nostre risposte degne di futuro. Altri esseri umani – unici capaci di vera empatia – che conoscono il travaglio, la fatica, il dolore, l’immensa perseveranza che ci vuole per essere costruttivi: sempre e comunque. Soltanto altri esseri umani che conoscono la morte – e per questo – scelgono la vita, scelgono l’amore e scelgono la bellezza.

 

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