Appunti e riflessioni sul film “La vita è bella” di Roberto Benigni

Dice il regista del suo film: “E’ una storia semplice. Come in una favola c’è dolore e come una favola è piena di meraviglie e di felicità”. Due sono le meraviglie che vi propongo: La straordinaria determinazione di Dora, una donna capace di imporsi sul secco rifiuto di un ufficiale tedesco, capace di fermare un convoglio di deportati ebrei e capace di salire su quello stesso convoglio per seguire il marito. Il gesto stupendo di Guido, un uomo arrivato ad un passo dalla libertà, che afferma una libertà più grande e dona la propria vita per salvare, prima di ogni altra persona e prima di se stesso, la moglie. La qualità del rapporto di Guido e di Dora, l’amore come scelta e come decisione, la vita come dono e come opera d’arte all’interno della coppia creano la bellezza del messaggio che più mi ha colpito in questo film che ha suscitato tanta commozione, del quale molto si è parlato e scritto soprattutto in relazione al problema storico dell’Olocausto. Ben poca attenzione è stata invece dedicata alla particolare natura del rapporto di coppia che vi si svolge, alla forza e alla creatività del rapporto d’amore maturo tra un uomo ed una donna che riescono ad attraversare la tragicità e la costrizione degli eventi descritti creando verità, creando libertà, creando bellezza per loro e per il figlio.

La storia di tale rapporto ci offre l’opportunità di riflettere più profondamente sulla responsabilità della coppia per quanto riguarda la situazione edipica e, in armonia con quanto afferma l’Antropologia Personalistica Esistenziale, ci offre una nuova prospettiva per la trasformazione del trauma edipico che ognuno di noi, per eredità storica e per storia personale, si porta dentro con le sue mancanze e con il suo carico di infelicità, con la storia di violenze fatte e subite, con la memoria ancora viva o sepolta dei dolori patiti. Ho ancora negli occhi lo stupore di Giosuè, il piccolo figlio di Guido e di Dora, quando vede comparire all’improvviso il carro armato vero nella desolazione di morte del lager nazista. La promessa fatta dal padre, l’impegno preso con lui divengono la grande forza da cogliere al volo, il punto d’appoggio su cui salire per guardare il mondo ed il rapporto con la vita da una nuova prospettiva: quella di chi entra nell’ inferno senza soccombere, quella di chi attraversa il male peggiore che si possa immaginare continuando a coltivare la speranza di un sogno.

Quella ancora di chi trasforma la possibilità di diventare una vittima nell’ occasione per unificarsi e crescere nella bellezza del dono ricevuto da due genitori che hanno scelto di rimanere fedeli al progetto di diventare persone donandosi completamente l’uno all’altra. Ciò che creano Guido e Dora, individualmente ed insieme, dal momento in cui le loro esistenze escono dalle vie e dagli schemi entro i quali erano determinate e costrette, per aprirsi all’imprevedibilità della vita che li fa incontrare, non appartiene al mondo delle favole, ne prende solo a prestito moduli narrativi ed immagini allusive. La loro coppia è una realtà di vita che viene costruita con la decisione più volte rinnovata di amarsi, con la scelta di vivere l’altro come un dono dal quale ricevere amore e ricchezza per esserne completamente trasformati. Dora, all’inizio del film, è la bella “principessa” ancora prigioniera dell’incantesimo materno, identificata con il suo potere fallico che non le permette di crescere e di scoprire il suo potere reale di donna. Guido è il cavaliere in cerca di fortuna, ricco solo di ciò che natura gli ha dato, con qualche macchia, qualche paura ed un ottimismo in contrasto con la realtà dei tempi.

L’uomo e la donna hanno bisogno l’uno dell’altra per la ricerca e la realizzazione della loro identità di Persona. Guido si innamora subito della sua principessa e per amor suo riesce ad affrontare tutte le prove necessarie per liberare sè e lei dalla menzogna della seduzione e dal potere fallico materno. Utilizza le armi della fantasia, dell’allegria, del cuore e della intelligenza per conquistarla e vincere la stupidità e l’arroganza del rivale. Alla fine, come avviene nelle favole, la porta via sul suo cavallo bianco e verde con il quale trasforma la bestialità dell’intolleranza in un veicolo verso le promesse di bellezza che la vita, simile ad un giardino dell’Eden, dischiude al loro amore. Terminata la favola dell’innamoramento, inizia la realtà della vita di coppia con i conflitti e le difficoltà da superare al suo interno, con le dure prove da affrontare all’esterno. Siamo negli anni della seconda guerra mondiale e la violenza delle leggi razziali contro gli ebrei si abbatte su Guido, su Dora e sul loro bambino, Giosuè, fino alla loro deportazione in un campo di concentramento tedesco.

Quando la realtà si rivela in tutta la sua bruttezza, Guido e Dora ne accettano il peso, non aggiungono male a male scaricandosi addosso ciò che non è gradito al principio del piacere.La deportazione innesca nell’animo di Dora e di Guido una reazione a catena che permette loro di incontrarsi più profondamente, di trasformare la violenza della reclusione nel lager ed il dolore della separazione forzata in altrettanta saggezza e libertà di amarsi. Permette loro di nascere ad un livello superiore di identità come uomo e come donna, come padre e come madre, come artisti della vita capaci di superare limiti ed opposizioni per portare a completa fusione le loro identità personali. Così come è stata capace di separarsi dalla madre per donarsi liberamente e gioiosamente ad un uomo salendo sul suo cavallo, ora Dora rinuncia alla libertà conquistata e afferma con straordinario coraggio la libertà di condividere la medesima sorte toccata al marito, scegliendo di salire con lui sul treno della deportazione. La libertà si restringe quando una donna sceglie di seguire un uomo fino in fondo, ma la sua anima conquista spazi interiori prima sconosciuti.

Dora si separa di nuovo da tutto ciò che le è più caro ed inizia un viaggio nella sofferenza e nella solitudine dell’ignoto. Nel dolore della perdita fa una cosa ancora più straordinaria, riconosce a Guido tutto il potere nella coppia e gli affida come uomo la funzione di guida, di sostegno e di ricerca di una via d’uscita dal male che li può distruggere. Gli fa dono soprattutto di Giosuè, consapevole che il loro piccolo figlio ha bisogno della guida paterna per affrontare una realtà talmente devastante che potrebbe uccidere persino la voglia di vivere di un bambino. In sintonia con il sentire profondo di Dora, Guido risponde assumendosi pienamente la responsabilità di uomo e di padre nella coppia. Affronta con determinazione nuova, con l’autorità ferma e duttile di chi sa comandare e piegarsi, i pericoli e i pesi tremendi della vita nel lager. La scelta coraggiosa della moglie gli richiede di trasformare la situazione di perseguitato e di vittima in un’occasione per unificarsi e diventare un artista della vita. Alla partita per vincere il diritto alla bellezza della vita Guido gioca con l’arte di mosse magistrali.

Attraverso l’altoparlante del campo invia a Dora un messaggio d’amore insieme al loro bambino, ottenendo di alleviare l’angoscia della madre e del piccolo e di materializzare la dolcezza della presenza femminile e materna. Si inventa, giorno dopo giorno, uno straordinario gioco a punti per se stesso e per Giosuè insegnandogli, con un linguaggio a misura di bambino, che tutto ciò che vedono è parte di un grande gioco, il gioco imprevedibile e a volte crudele della vita, che richiede a loro come uomini di crescere e di darsi delle regole. E’ una legge della vita divenire adulti, è una legge della vita separarsi dalla madre e dal suo godimento, è una legge della vita conquistare il primato della forza e del coraggio nelle prove difficili e dolorose in cui un figlio può contare sul padre per rendere possibile l’impossibile. Con le note di “Belle nuit” di Offenbach riaccende nell’animo della sua donna, che sta per vacillare sotto il peso della solitudine e della disperazione, la fiducia nella loro capacità di attraversare e di illuminare l’oscurità della notte. Con la consapevolezza crescente della sua libertà interiore, con il ricorso alla saggezza profonda che gli viene dal Sè personale e soprattutto dal Sè di coppia, riesce a preservare tutti e tre dalla deflagrazione interna dei mali più oscuri e più profondamente incistati nell’animo degli esseri umani: l’odio, la voglia suicida e la voglia omicida.

Con la decisione infine di liberare la sua donna e con il dono della sua vita a lei crea la possibilità di far circolare l’amore, la verità e la bellezza all’interno del loro piccolo organismo come risposta e trasformazione dell’odio, del male e della bruttezza circolare nel quale tutti e tre si trovano imprigionati. Noi ci auguriamo che la vita non ci metta mai a così dura prova, ma io vi auguro che entri nel vostro cuore, così come è entrata nel mio, la fiducia di saper costruire un rapporto d’amore adulto nella coppia che abbia il potere di creare un amore circolare nel triangolo edipico simile a quello descritto in questo film. Antonio Mercurio afferma che l’uomo è un artista della propria vita e della vita dell’universo, è un artista che nutre sè ed altri di sogni e di miti lungo tutta la vita. Ci sono i sogni ed i miti che l’artista riceve e si porta dentro sin dall’infanzia, ci sono i sogni ed i miti che l’artista sa creare da solo ed insieme ad altri nell’età adulta in maniera tale che abbiano la forza ed il segno dell’immortalità. Ho scelto questo film perchè so quanto il conflitto edipico, la volontà matricida e patricida, la voglia di potenza appartengono a me come appartengono ad ogni donna e ad ogni uomo e generano una catena di infelicità e di lutti.

Della colpa e dell’espiazione che ne consegue parlano diffusamente i miti greci antichi. La memoria individuale e collettiva di tanta distruttività e sofferenza è affidata nella seconda parte del film ad una breve scena. L’improvviso diradarsi della nebbia della rimozione e della repressione, nell’angolo più oscuro del lager davanti agli occhi del protagonista, gli fa conoscere fino in fondo i segni del male che ci portiamo dentro e che pesa su di noi come una montagna che sembra rendere impossibile la conquista delle ali della libertà. La medesima nebbia tuttavia avvolge e rende ancora invisibile , all’inizio del film, la bellezza che verrà creata dal rapporto di Guido e di Dora e dal loro reciproco dono. Potrebbe divenire questo il nostro nuovo film, da creare insieme con il dono reciproco delle nostre parti migliori e più sagge, con la tolleranza e la fiducia verso quelle che hanno ancora bisogno di purificarsi, di trasformarsi e di crescere, con la decisione che dolore e situazioni catastrofali siano vie per diventare artisti della nostra vita e della vita dell’universo collaborando per creare insieme il principio organismico.

Sono consapevole che ci troviamo a vivere in un momento evolutivo in cui è necessario operare un salto di qualità nei rapporti di potere fra uomo e donna e che, se questo non cambia, non può cambiare il rapporto del triangolo edipico. Se riusciamo a cambiare il rapporto tra uomo e donna potremo creare un nuovo “edipo”, un nuovo modo di entrarvi e di risolverlo. Al mito di Laio, di Giocasta, di Edipo e della sua stirpe, la cui eredità agisce e vive dentro di noi in modo deterministico, possiamo rispondere con la libertà e con la bellezza del mito di Ulisse, di Penelope e degli Ulissidi proposto nel Manifesto della Cosmo-Art. La storia di Guido, di Dora e di Giosuè offre una via per uscire dalla tragedia edipica: la via dell’amore come possesso pienamente goduto nella coppia e poi dell’amore circolare come dono, la via della ricerca della guida saggia del padre per superare l’eliminazione del padre, la via della intelligenza che fa sempre più spazio al cuore e alla sua saggezza per divenire persone , la via del dolore che diventa energia per fondere gli opposti e per creare nuova bellezza e nuova vita.

L’urlo di gioia di Giosuè, mentre abbraccia la madre , mentre rotola con lei nel prato ripetendo “abbiamo vinto”, è la conclusione di questo film così imprevedibile, così traumatico e così ricco come l’essenza stessa della vita. E’ un urlo che fa esplodere dentro di noi la vita nuova, che ci fa sperare di poter creare un rapporto d’amore adulto nella coppia, che dà forza all’impegno per la difficile e dolorosa gara dell’amore circolare come dono reciproco fra genitori e figli

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