La meditazione è meno santa di quello che si pensa
Si pensa comunemente che meditare sia sedersi a gambe incrociate su un cuscino, respirare in modo rilassato, guardarsi dentro, diventare tranquilli e arrivare a una pace interiore che si manifesta nel leggendario sorriso di Buddha. Questo è vero, ma solo per la metà. E’ sorprendente che molti testi sulla meditazione e anche diversi maestri moderni descrivono la meditazione ancora nei termini di questo stereotipo fiabesco. Se mediti sul serio e per periodi prolungati invece incontri tutt’altro, esperienze terrificanti o dolorose che spesso nei testi sacri vengono dimenticate. Forse i santi, quando hanno raggiunto la meta e scrivono le loro memorie, per non togliere la speranza ai loro discepoli o per l’innata capacità della memoria umana di cancellare gli episodi brutti ricordandosi solo quelli belli, tendono a tralasciare le descrizioni degli inferni interiori che hanno vissuto. E’ vero che nella pratica della meditazione si può aprire il cielo e si possono vivere stati di tranquillità, di beatitudine e di libertà mentale come in nessun altro momento della vita, che si possono trascendere tutte le divisioni interiori, tutti i blocchi corporei per arrivare a una fluidità che pervade l’intero essere, dandoci un sapore così intenso del momento che non serve più alcuna ricerca della felicità, perché è già lì, davanti a noi, o meglio: dentro di noi.
E’ vero che ci possiamo immergere in un flusso talmente scorrevole del respiro che la mente si pacifica in un vasto spazio senza essere più disturbata da alcun pensiero.Ma è altrettanto vero che durante la meditazione si possono vivere dolori infernali, che la schiena, le gambe, il petto, la testa possono dolere come raramente una persona che non è stata torturata e che non è stata afflitta da patologie distruttive, ha avuto occasione di sperimentare. E’ anche vero che la sofferenza emozionale della completa perdita di orientamento, della scissione interiore, della lotta con se stessi, del litigio tra mente e corpo, delle energie bloccate ovunque, può assumere un’intensità che ci fa quasi uscire dalla pelle. Come può accadere che per ore o giorni cadiamo in una noia, dove nulla succede, nulla cambia, nulla si trasforma, peggio delle lezioni più noiose che abbiamo subito durante la nostra educazione scolastica. Insomma la meditazione non è nient’altro che la vita stessa. Ci offre gli stessi sentimenti, le stesse percezioni fisiche, gli stessi meccanismi del pensiero, con una differenza: siccome siamo rivolti esclusivamente verso l’interno, viviamo tutto in modo amplificato e diventiamo consapevoli che la nostra esperienza di vita non dipende dal mondo esterno, ma che lo creiamo e lo ricreiamo continuamente attraverso i nostri modi schematici di pensare e di sentire.
Se i maestri e i libri di questi aspetti difficili della meditazione qualche volta parlano indicando anche l’atteggiamento migliore per continuare l’esplorazione del sé, cioè l’osservazione continua con equanimità, di una cosa non parlano quasi mai: delle fantasie erotiche che emergono durante la meditazione. Anche molti buddhisti che a differenza dei cristiani non sono contrari al sesso, evitano di toccare questo argomento. Nel tantrismo, che sin dall’inizio riconosceva l’importanza del corpo, dei suoi desideri e delle passioni, l’idea di dover separare lo spirito dal corpo, la meditazione dal sesso, non è mai esistita. I tantrici da 3.000 anni considerano la passione sessuale non un ostacolo alla meditazione, ma un veicolo per la scoperta del vero sé. Mentre tutte le grandi religioni di matrice patriarcale cercano con affanno di escludere il sesso dalla vita spirituale, il Tantra che è di matrice matriarcale, lo include nelle sue pratiche, partendo da un semplice principio: un’energia repressa non può mai, e mai, essere trasformata nello spazio di pura coscienza, se non è stata prima liberata.
In altri termini: finché non riconosci e accetti la tua sessualità, la tua rabbia, il tuo pianto, ecc. queste energie ti possiedono e ti controllano, sei tentato di proiettarle sul mondo esterno come San Girolamo, Yeshe Tsogyal e altri, che vedono demoni all’esterno senza riconoscerli per quello che sono: fantasie sessuali e perciò frutti della loro mente. In questo preciso momento il sottile filo della coscienza meditativa viene interrotto e ritornano all’ordinaria mente dualistica. Quando l’energia passionale del corpo è maggiore della stabilità di una mente equanime e non trova sbocco nel corpo sottile, meditare diventa un’impresa ardua. Allora conviene cambiare metodo e passare dall’osservazione all’espressione. Liberare la sessualità con giochi erotici come quelli descritti in precedenza abbrevia il percorso, perché un corpo soddisfatto è più disposto a rilassarsi e ad aprirsi a quelle vibrazioni energetiche sottili, che sono caratteristiche per gli stati profondi della meditazione, di un corpo teso per l’energia sessuale trattenuta. E siccome la gran parte delle persone vive la sessualità con vergogna, timore, eccesso di desiderio, ansia di prestazione o altre tensioni che la rendono meno spontanea di altri sentimenti, questo principio si può applicare quasi a tutti: prima la liberazione, poi la meditazione! Evitare il samsara non porta automaticamente al nirvana, piuttosto ci conduce nel limbo grigio di una “inavvertita depressione spirituale”.
Perciò la scelta di chi desidera avviarsi sulla via spirituale non è un o-o: o il piacere o lo spirito; ma un e-e: il piacere e lo spirito. (…) Il tantrismo lascia a ognuno scegliere il suo stile di vita e adatta i metodi di ricerca alla sua scelta personale. Se preferisce stare da solo nella natura e in celibato, se gradisce includere l’attrazione magica verso l’altro sesso nel suo percorso spirituale, se vuole crescere insieme al suo partner e meditare in unione sessuale, o se desidera altre pratiche che espandono la consapevolezza. A chi sceglie la via dell’unione sessuale, il tantrismo lascia anche aperto se farlo nella forma visualizzata o con un partner vero. Nel Vajrayana (Buddhismo tantrico tibetano) esistono meditazioni in unione che i praticanti fanno con una consorte immaginata e altre che fanno con una donna reale. Se vuoi provare una pratica in forma visualizzata, puoi fare la seguente meditazione che abbiamo imparato da Neel Fasting, una maestra tantrica danese. Ti può aiutare a integrare i sentimenti suscitati dalla lettura dei capitoli precedenti: Seduto su un cuscino o su una sedia puoi chiudere gli occhi e lasciar emergere nella tua mente diversi simboli chiusi, per esempio tutte le tue fantasie erotiche, specialmente quelle che non hai ancora messo in pratica o per timore o per mancanza di tempo o di un vero interesse.
Respira durante questa visualizzazione in modo consapevole per poter sentire gli effetti delle tue fantasie nel corpo. In tutto questo panorama di vari episodi immaginati lascia ora emergere come prima quella fantasia che ti mette più paura: vedi la scena, i visi e i corpo delle persone coinvolte, gli odori, le luci dell’ambiente dove si gioca, lasciati sentire i sentimenti che provi mentre ti immagini di partecipare. Prendi alcuni respiri profondi e lascia ora emergere una seconda fantasia: quella che fisicamente ed emozionalmente ti immagini come la più bella, la più allettante. Respirala mentre vedi di nuovo questa scena davanti al tuo occhio interiore e senti certe emozioni sulla pelle. Prendi una serie di respiri profondi e, sempre nell’immaginario, visualizza ora la scena che ti fa più paura sulla tua sinistra e la scena più bella sulla tua destra. Ora alzati in piedi e con un passo consapevole entri nella scena alla tua sinistra e quando sei arrivato lì, assumi anche la postura nella quale ti sei visto prima mentre te la sei immaginata, fai i gesti associati al tuo ruolo, l’espressione mimica ed entri con tutto il tuo corpo nel ruolo che ti sei assegnato nella tua fantasia più difficile.
Puoi anche, come un attore, dire le parole che fanno parte della scena per immedesimarti ancora meglio. Respira la tua postura con tutto il corpo e lasciatela sentire fino in fondo. Dopo alcuni minuti lasci finire la scena naturalmente ed esci con un passo consapevole ritornando sul tuo cuscino o la sedia in mezzo. Rimani lì per un po’ con un respiro naturale e osserva cosa avviene nel tuo corpo e nella mente. Poi con un altro passo consapevole entri nella scena della tua più bella fantasia a destra, assumendo la postura, provando i sentimenti e pronunciando le parole di quello che ti eri immaginato prima. Respira anche queste sensazioni attraverso tutto il tuo corpo per alcuni minuti e poi ritorna sul posto centrale, che è la sede dell’osservatore che non è coinvolto in nessuno dei due vissuti. Respira naturalmente e rivolgi lo sguardo all’una e all’altra esperienza riconoscendo: tutti e due sono prodotti della mia mente. Prendi ora una posizione confortevole chiudendo gli occhi per sentire tutte e due le scene accanto a te, forse ti danno la sensazione di un’asse tra l’affascinante e il temibile, sulla quale sei seduto giusto al centro.
Respira in maniera morbida, rilassata, centrata, con un ritmo di respirazione che include il petto e l’addome, dove la colonna vertebrale e il bacino sono flessibili, le spalle sono rilassate e le mascelle sciolte. E inizia ora a respirare tutti e due le esperienze insieme. Focalizza la tua attenzione sul primo chakra e immaginati di portare con l’ispirazione le sensazioni di queste due scene nel primo chakra e con l’espirazione le lasci ritornare al loro posto. Fai alcuni respiri in questo modo finché vibrano davvero nel tuo centro sessuale. Con i prossimi respiri inspiri la loro emozione nel tuo primo chakra, ma poi la porti anche verso il secondo al centro della tua pancia ed espirando la lasci tornare in dietro sul posto dove visualizzi le due scene. Così fai con tutti gli altri chakra: inspiri l’emozione della scena verso il primo chakra e da lì al centro del tuo corpo in su fino al chakra sul quale stai focalizzando. Con l’espirazione la lasci tornare da quest’ultimo verso il posto dove visualizzi le scene. Quando arriverai ai chakra più alti, ti potresti accorgere che le sensazioni diventano più delicate, più fini.
Una volta arrivato a inspirarle fino al settimo chakra, prendi solo l’energia e non l’emozione delle due esperienze. Con il prossimo ciclo di respirazioni ti puoi immaginare che con l’ispirazione l’energia entra nel primo chakra attraversa il centro del corpo e con l’espirazione esce dal settimo per espandersi nello spazio. Alla fine dissolvi la visualizzazione e il movimento energetico e torna a un respiro normale. Con il prossimo ciclo prendi tutta l’energia dell’universo ispirandola attraverso il settimo chakra e con l’espirazione la fai fluire in tutto il corpo. Senti come si diffonde nel tuo corpo fisico e puoi sentire come questo ti ridà i confini al tuo corpo energetico e alla percezione del corpo fisico. Dopo alcuni minuti puoi tornare a una respirazione normale, rilassata. Sia che si mediti durante un atto sessuale visualizzato, che su uno vero e proprio, in entrambi i casi all’unione tra il maschile e il femminile viene data questa grande importanza, perché ci aiuta a superare due tra gli ultimi bastioni dell’ego. La prima è l’identità di genere, cioè di identificare se stessi o come uomo o come donna, escludendo comunque l’altro sesso e proiettandolo esclusivamente all’esterno.
Nell’unione profonda questo limite si dissolve e la dualità uomo-donna cessa di esistere. Quando l’uomo “si ricorda della propria femminilità repressa, questa si innalza come un fulmine fiammeggiante. Diventa il simbolo della separazione tra “io” e “il mondo”. Essa è mahamudra, il gesto illimitato, che non conosce distinzione tra me e altri, è la luce che rende tutto visibile e vedente.” (Peter Gäng, Tantrischer Buddhismus, p. 263) Per la donna vale la stessa cosa al contrario. Una traccia di questo principio esisteva anche nel Cristianesimo, ma purtroppo non è sopravvissuta ai secoli. Leggiamo per esempio nel Vangelo di Tommaso: “Gesù rispose loro. ‘Allorché di due farete uno, allorché farete la parte interna come l’esterna, la parte esterna come l’interna e la parte superiore come l’inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere sicché non vi sia più né maschio né femmina,…. allora entrerete nel Regno.” (Vangelo di Tomaso, 22) Il secondo bastione è appunto quello di dissolvere il confine tra l’io e l’esterno, tra il corpo e lo spazio. La percezione di espandere la proprio coscienza oltre il proprio corpo, anche se soltanto per brevi momenti, è un’esperienza folgorante: annulla la sensazione di un ego separato e ci dà un sapore dell’unione totale, che è il desiderio più grande di tutti noi e che al contempo ci fa altrettanta paura.
Per accedere a questo stato di coscienza, la presenza di un partner intimo può assumere la funzione di ponte verso il non-io. L’atto sessuale meditativo diventa un veicolo: l’unione con il partner prepara all’unione con lo spazio.
Citato da: Elmar e Michaela Zadra, ©Tantra e meditazione, Rizzoli