e il Tantra “occidentale”
Il male non sta nelle “cose” ma nell’uso che se ne può fare…Alcuni affezionati lettori mi hanno scritto chiedendo di esprimere la mia opinione sia in generale sulla visione indiana della sessualità, sia sul Tantra. Come molti di voi già sanno, insegnare e scrivere sono la mia totale occupazione: la prima oltre a darmi gioia mi da vivere, la seconda mi completa e nell’obbligarmi a chiarire a me stesso rende comprensibile agli altri…ed è per la seconda motivazione che accetto di trattare anche quest’argomento. Ciò che mi appare immediatamente chiaro è che il tema riscuote a tutt’oggi un troppo forte interesse, per la verità anche un po’ morboso, autorizzandomi a pensare che forse è ancora un po’ lontano il giorno in cui, anche quest’aspetto della vita, troverà una sua giusta e naturale posizione nel normale quotidiano. Sono nato durante l’ultima guerra mondiale (mi piacerebbe fosse davvero stata l’ultima) e, come molti, ho vissuto la psicosi di chi, come i miei genitori, che amo più oggi di quando erano in vita, avendo vissuto l’incertezza della sopravvivenza, anche dopo la guerra, mostrava preoccupazione verso il cibo.
Ritengo sia stato questo uno dei motivi principali del gran successo che, nel momento della ripresa economica ha determinato il “boom” dei ristoranti. In alcuni periodi mi è parso persino eccessivo e, a mio parere, era segno di un certo oggettivo squilibrio. Tra l’altro a quell’epoca gli avventori riuscivano a consumare nello stesso pasto con appetito: primi, secondi, dolci, frutta ecc. Oggi, che il benessere è più reale quasi in ogni casa, si nota una sempre maggiore difficoltà a mangiare più di un ricco piatto: se si ordina l’antipasto ci sono difficoltà sul piatto seguente o viceversa se si prende il primo non si riesce a finire il secondo. Così, sempre a mio parere, sarà anche con il sesso…potremmo, tra l’altro, scoprire che sono sicuramente da prediligere, per la tutela della propria salute, i ristoranti che utilizzano ingredienti più naturali se non addirittura decidere di stare un po’ più spesso in casa. Per occuparci di visione indiana della sessualità, devo in verità innanzi tutto affermare che l’India, in generale, si presenta assai frustrata su quest’argomento e quindi esorto a non vendere e predicare false illusioni.
Non posso tuttavia negare che alcuni grandi pensatori di questo popolo sono stati capaci di produrre forme-pensiero assai elevate anche su questo argomento. I Tantra, antichi testi indiani, come i Purana, trattano in generale di creazione, dissoluzione, culto, poteri “sovrumani” e unione con L’Essere Supremo. L’Assoluto, è visto nella “fusione” di Shiva e Shakti e spesso i testi fanno riferimento al dialogo tra Shiva e la Dea. Si ritiene che il Tantra si sia originato intorno al IV-V secolo d.C. ma abbia trovato una maggiore affermazione dal VI secolo. L’idea, in un certo senso religiosa del Tantra, è che la divinità nella sua condizione di perfezione è costituita dall’unione dei due diversi aspetti: maschile e femminile. Da qui il tentativo attraverso le varie pratiche di sperimentare il Trascendente attraverso tale unione che, nel Tantra “daksina”, detto della mano destra, in un certo senso monastico (da monos, solo), l’asceta tenta di realizzare nel suo stesso microcosmo, mentre, in quello della mano sinistra (raro) “vama”, anche con la presenza di un partner. Ecco come le fantasie di molti si sono liberate credendo di trovare in quest’ultima via la possibilità di praticare liberamente sesso senza più senso di colpa ma, ovviamente, tale approccio al Tantra, è da considerarsi un argomento a sé, materia interessante per sessuologi e psicologi occidentali.
Ciò che in ogni caso si ritiene indispensabile, per una buona realizzazione totale dell’esistenza, è un approccio più consapevole anche verso quest’aspetto della natura e soprattutto una maggiore “conoscenza” che possa portare ad un uso corretto e salutare, l’unico che può generare felicità, là dove l’amore non sia mai estraneo.