E’ necessario lasciar andare le nostre zavorre in modo indolore
L’educazione alla spiritualità non appartiene al bagaglio culturale dell’uomo d’occidente, che riceve invece una formazione dogmatica, dilagante di regole e postulati , poco invitante a sviluppare capacità di ascolto e osservazione interiori. E’ un’educazione, la nostra, poco umanistica, che tende a celare o scavalcare il dubbio piuttosto che risolverlo, che insegna che l’apparenza conta più dell’ essenza. Un uomo cresciuto su un piedistallo così fragile per forza di cose ha poca stabilità, ha scarse radici, per forza di cose entra facilmente “in crisi”. “Crisi” è una parola strausata nel nostro lessico che deriva dal termine greco “ Krísis”, il cui significato letterale è separazione, necessità di scelta; contenuti che permettono di cogliere, già in prima battuta, i principali passaggi cruciali di ogni crisi esistenziale: il senso di separazione dal proprio Sé profondo, la necessità di riflettere e scegliere la strada per ritrovare il perduto contatto con la pace interiore e la serenità. In cinese la parola “crisi” si traduce “ji wei” e la parola “opportunità” “ji hui”, in questa lingua “crisi” e “opportunità” nascono da una medesima radice e secondo tale logica ogni crisi viene ad assumere un significato davvero profondo: si tratta di una situazione di disagio che in sé contiene un’occasione, un’opportunità , quindi qualcosa di evolutivo; ma ogni opportunità presenta sempre uno stato di rischio, un punto interrogativo, qualcosa che ci può trascinare in una nuova destabilizzazione.
Questo concetto è vicino al significato simbolico del Tao dove gli opposti si avvolgono e si svolgono partendo da un centro, dove il bianco comincia dove finisce il nero e viceversa, dove nel bianco è contenuto un po’ di nero e nel nero un po’ di bianco, un anelito perenne all’interezza. Accade molto spesso che sia nel bel mezzo di un momento di frattura, quindi di crisi, che l’uomo parta alla ricerca del proprio sè, spinto dal desiderio di conoscersi più a fondo per potersi interpretare, per relazionarsi più saggiamente e in un certo senso guarirsi; è talvolta il corpo stesso, che manifestando disagi e malattie, funge da catalizzatore segnalando la necessità di modificare i punti di vista e i modi d’agire. La sofferenza è un segnale forte che ci impone di riordinare la nostra vita e cominciare a viverla in modo diverso. Ogni passaggio di ogni vita umana, a partire dal concepimento, è attraversato da inevitabili cambiamenti che riguardano aspetti biologici, psicologici, relazionali e contestuali, quando il passaggio da una fase all’altra non avviene serenamente, fluentemente, l’equilibrio si scompone per forza di cose.
Di fronte agli eventi, alle scelte , si attivano in noi due forze psichiche contrapposte: una tendente al rinnovamento, alla sfida, l’altra alla stasi e alla difesa, la prima è una forza innata che spinge l’uomo all’espansione, alla ricerca, alla crescita, la seconda invece lo trattiene, condizionata dalle esperienze del passato, è una forza dominata dalla paura che vorrebbe mantenere inalterato un territorio già conosciuto e sperimentato. Siamo portati a pensare che il cambiamento, la crescita personale, siano aspetti caratteristici dell’infanzia e della giovinezza, in realtà cambiamo e cresciamo giorno dopo giorno, per tutta la vita, attraverso le nostre personali esperienze e azioni. Queste sono una conseguenza del nostro atteggiamento mentale, dal nostro modo di pensare, dei nostri valori, dello stile di vita che abbiamo. E’ certo che l’ avere ideali positivi, alti valori umani, coerenza e saggezza nel realizzare i progetti e le mete a cui teniamo sono spinte propriocettive a fronteggiare le sfide che si presentano a noi, sono atteggiamenti più maturi che ci esortano a superare il conflitto e la paura, per ritrovare “oltre la crisi” una nuova e più adeguata forma di adattamento e gratificazione.
Al contrario il lasciarsi dominare dalle antiche paure adottando una risposta frenante, di attaccamento al passato, o il buttarsi a capofitto nei bagordi di una vita superficiale tende a consolidare lo stato di crisi, inibendo il naturale processo evolutivo. Neppure durante il percorso di “un cammino illuminato” mancano momenti di buio, di stasi, di crisi, che vissuti in questo contesto diventano ancor più roventi. Il filosofo Seneca, nelle “Lettere a Lucilio” scritte nei primi anni dopo la nascita di Cristo, affronta il tema della necessità di semplificare la vita riducendola ai bisogni essenziali, allontanando la brama di potere, i vizi, i desideri smodati, facendo spazio alla semplicità, all’autenticità. Dimostrazione ieri come oggi che la necessità di lasciare andare le zavorre, anche quelle apparentemente poco ingombranti, per incontrare la nostra parte autentica, non è esclusiva della saggezza orientale ma realtà registrata nel dna umano fin dalla notte dei tempi.