Quando il suono ci unisce al divino
Nel suo Vangelo Giovanni ha scritto: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo”, consapevole che dal regno Akasiko, il regno dell’ Idea Pura, la mente divina mossa da una logica incomprensibile all’uomo fece scoccare la scintilla della Creazione, tutto avvenne attraverso un suono primordiale, identificato nella sillaba OM. Proprio perché considerato il suono primordiale, la religione induista ritiene sacro il suono OM, secondo le scritture induiste esso rappresenta la sintesi e l’essenza di ogni mantra, di ogni preghiera, di ogni rituale. OM è un ”mula mantra” ossia una “sillaba radice”, una vibrazione cosmica che tuttora mantiene uniti gli atomi della terra e dei cieli. E’ proprio grazie a questo speciale “collante cosmico” che ogni cosa che ha l’apparenza di oggetto solido e anche gli esseri viventi stessi si possono definire manifestazioni di suoni primitivi. La Mandukya Upanishad, composta fra il 400 e il 200 a.c., è dedicata all’analisi del significato della sillaba OM che in questo testo viene descritta come l”‘arco” che lancia la “freccia” dell’essere (atman) verso il bersaglio dell’ assoluto (brahman), che permette quindi all’uomo di ricongiungersi all’ energia primaria, al divino.
Il mantra OM, che si pronuncia “a-u-m,” è composto da quattro parti, i tre elementi fonetici e un quarto elemento senza suono. I primi due elementi “a –u “ simboleggiano lo “spingere” del fuoco e della luce del Lingam cosmico che si fondono per diventare la “o” di OM, la loro unione è seguita dal terzo elemento, la “m”, simbolo questo della creazione terrena. Il quarto elemento, “il senza suono”, raffigura lo spirito assoluto, brahman, da cui tutto parte e a cui tutto ritorna. OM è l’essenziale, il primo ma non l’ unico mantra, molti sono i mantra nell’Oriente, come molte sono le preghiere nell’Occidente, obiettivo di ambedue le pratiche non è tanto “rivolgere una nostra richiesta al divino” come avviene nella pratica attuale di noi occidentali quando preghiamo. Mantra e preghiere, suoni sacri nati e utilizzati da pochi eletti per dialogare col divino, sono per noi uomini comuni da considerarsi “strumenti per la mente”, si è compreso che inducono la mente a una quiete altrimenti sconosciuta, ne elevano le vibrazioni grossolane conducendola e mantenendola per un certo tempo in uno stato vibrazionale “elevato”, attivano processi di purificazione e di guarigione, innescano la “legge di attrazione”, argomento clou dei nostri giorni, che non corrisponde, contrariamente a quello che ci sta raccontando una filosofia un po’ troppo spicciola, a strofinare la lampada per farne uscire il genio.
I Rishi, saggi veggenti, sono sempre stati consapevoli che i benefici della pratica dei mantra dipendono dal singolo soggetto come individuo, dal punto da cui e’ partito e da dove si trova ora, hanno sempre saputo che il potere del suono agisce nei corpi sottili che ci avvolgono, ancor prima che nel mondo della materia. La pratica del Mantra spegne le emozioni turbolente e quieta di conseguenza una mente turbolenta e dal momento che purifica la mente il Mantra (per esteso anche ogni preghiera recitata con lo stesso spirito) rappresenta un grande strumento di protezione contro ogni sorta di paura. Quando vengono purificate, le emozioni si trasformano in amore e le paure in sicurezza, mantra e preghiera divengono come uno scudo che ci protegge da tutto cio’ che può turbarci. Fin dall’antichità si dice che la sede delle emozioni non sia la mente, sia piuttosto la pancia che si emoziona che soffre e che gioisce. Nel ventre umano vive un secondo cervello che regola stress, ansie e tensioni, sede inconscia di emozioni profonde; recenti scoperte hanno confermato che il cervello enterico esiste, ataviche medicine come quella essena e islamica non hanno sbagliato pensando che ogni malato doveva essere curato iniziando dall’apparato digerente.
Il cervello enterico e quello cranico sono connessi dal nervo vago, svolgono quindi una collaborazione continua e gli organi addominali oltre a provvedere alle funzioni vitali, ( ricerca del cibo, elaborazione degli alimenti) producono sostanze psicoattive come la serotonina, gli oppiacei ed antidolorifici, che influenzano gli stati d’animo. Il “cervello di sotto” è in grado di sentire le ansie, le emozioni e di amalgamarle con quelle già memorizzate nell’ inconscio in precedenza, il “cervello di sopra”, nella testa, raccoglie tutti i dati, li elabora suscitando le emozioni, ma è la pancia che dà la sua “versione” e imposta il profilo emotivo sul quale vanno ad impiantarsi le attività del cervello superiore: esso è la sede della coscienza ma che decide è la pancia. Le tecniche respiratorie profonde favoriscono il rilassamento di ambedue i cervelli, ci permettono di allungare i tempi di inspirazione ed espirazione e garantiscono così un maggior apporto di ossigeno a tutti i tessuti, l’ansia, lo stress e le emozioni si placano, in particolar modo la respirazione addominale è rilassante e migliora la consapevolezza del corpo rendendo più fluente la circolazione del sangue nei vasi venosi e arteriosi, quietando l’iperattività nel “cervello di sotto”.
Il recitare mantra e preghiere non solo quieta ambedue i cervelli ma fisiologicamente porta rallentamento e armonizzazione del flusso respiratorio, il respiro diviene più ritmico e profondo e sincronizza i ritmi cardiovascolari. La recita del rosario o del mala (il rosario fu introdotto in Europa dai crociati, che lo presero dagli Arabi, i quali – a loro volta – lo avevano avuto dai monaci Tibetani e dai maestri yoga Indiani, quindi caratteristiche ed effetti similari dei mantra e del rosario non sono una semplice coincidenza) affina il respiro e cresce la frequenza del suono che viene percepito non più dall’orecchio, che all’elevarsi della frequenza non percepisce più, ma dal subconscio che viene informato e registra una nuova armonia psicofisica e si espande ad attingere ad antiche memorie della coscienza.