leone

Nuova vita al Leone nero

Questa è la storia di un bambino prodigio che un giorno ha smarrito il suo “swing”. Il suo nome è Djibril Cissé. Ultimo nato di una nidiata di 7 figli, si è rivelato da subito un talento del calcio Europeo. Ha cominciato a tirare i primi calci al pallone nel Nìmes squadra Francese, poi a 17 anni esordisce in Ligue ( la Serie A Francese) con l’Auxerre che l’ha lanciato nel calcio che conta. Ha poi giocato in Inghilterra, Grecia fino ad arrivare alla soglia dei 30 anni in Italia alla Lazio, squadra dove milita attualmente. Sue peculiarità sono la progressione,la forza fisica ed il suo fiuto per il gol. Nella sua lunga carriera disseminata di grandi successi e tanti gol la vita per ben due volte l’ha messo di fronte ad un bivio che avrebbe fatto tremare chiunque, due infortuni così tremendi e cruenti che le immagini sono tra gli incidenti calcistici più “cliccati” su You Tube. Il secondo di questi è avvenuto nel momento più bello della sua carriera, era stato convocato dalla Nazionale Francese per giocare il campionato del mondo del 2006.
Invece nell’amichevole pre-mondiale contro la Cina in uno scontro di gioco fortuito viene sbilanciato e cade al suolo rompendosi tibia e perone della gamba destra (lo stesso incidente gli era accaduto all’altra gamba nel 2004!).

E così addio al mondiale e forse anche alla carriera. Di fronte ad un destino così avverso pochi avrebbero avuto la forza di rimettersi in gioco. Ma Djibril non è un uomo qualunque, dietro la sua eccentricità e la sua voglia di apparire, batte il cuore di un lottatore vero e con enormi sacrifici è riuscito a risorgere dalle sue ceneri , ad infiammare di nuovo le tifoserie di tutto il mondo. Djibril è famoso anche per i tatuaggi, il suo corpo ne è interamente coperto, ogni tatuaggio testimonia indelebilmente un passaggio fondamentale della sua vita, dalla moglie, ai figli, alle squadre di calcio per le quali è stato tesserato. In un’intervista da lui rilasciata a novembre del 2011 esprimeva la voglia di fare un nuovo tatuaggio, un’aquila (simbolo della Lazio). Avrebbe aspettato però per farlo fino a quando non avesse fatto qualcosa di importante per questa squadra… Per chi mastica un po’ di calcio viene allora da domandarsi che fine abbia fatto negli ultimi 5 mesi questo campione. Dal suo arrivo alla Lazio nel Luglio del 2011 dopo le prime partite ottimamente giocate si è persa completamente traccia di lui.

In 16 match disputati 1 solo gol all’attivo. Ma non è tanto questo dato a lasciar perplessi ma il suo atteggiamento in campo, “irritante” a detta di molti. Completamente avulso dal gioco della sua squadra, risalta invece per la sua “staticità” ed il suo nervosismo verso i compagni, gli avversari, l’arbitro. La stampa pallonara ha sprecato fiumi di inchiostro etichettando la situazione come mancato ambientamento del giocatore, incomprensioni con l’allenatore, il giocare fuori ruolo e dulcis in fondo la “sfortuna” che proprio non poteva mancare! Ora non voglio dire che quanto sopra non abbia contribuito a determinare questa situazione ma personalmente credo che le ragioni della crisi vadano ricercate altrove. Qui a stare male non è il calciatore ma l’uomo. Io credo che la vita l’abbia messo di fronte ad un nuovo bivio, di natura diversa però rispetto a quelli che ha vissuto fino ad oggi. Un bivio questa volta da affrontare non con la rabbia e la forza ma con la consapevolezza. Nel dare un’interpretazione esistenziale agli eventi degli ultimi mesi di questo ragazzo sembra proprio che abbia smarrito il suo swing (riferimento al XIIḞ Seminario di Cinematerapia dell’Istituto Solaris “Trova il tuo swing” 26 e 27 Novembre 2005).

Questo suo “vagare” in campo senza meta precisa, simbolicamente ricorda una persona che ha smarrito il suo Sé. Il suo nervosismo contro tutti, credo possano essere ricollegati alla paura ed al vittimismo. Il voler rimandare il tatuaggio a quando si sarà “perfetti” un vissuto di disistima e forse il non aver ancora superato completamente i traumi e gli eventi dolorosi del passato (vedi i suoi tremendi infortuni). Per ritrovare il suo swing Djibril deve ritrovare da prima il contatto con se stesso, con quello che è e quello che vuole fare. Ma per farlo dovrà uscire dal vittimismo, dai tanti “è troppo difficile, troppo faticoso, non sono all’altezza” di cui forse si nutre domenica dopo domenica quando scende in campo. Dovrà accogliere il dolore ed iniziare e sostituire le decisioni di odio verso se stesso , da decisioni di amore. Gli eventi dolorosi del passato sicuramente l’hanno fatto sentire vittima, l’hanno fatto arrabbiare e hanno provocato in lui progetti di vendetta,ma sono queste decisioni a tarpargli le ali ora! Djibril deve decidere se vuole fare la vittima (cosa che finora non è stata di particolare utilità, ne per lui, ne per la squadra…) o l’artista della propria vita.

“La vita non è una passeggiata sul prato: o decidi di giocare bene, oppure decidi di sprecare un’occasione. E la cosa più bella che possiamo fare, prima di completare il nostro cammino, è quella di creare bellezza, di fare della nostra vita un’autentica opera d’arte.” (Dalla chiave di lettura del XIIḞ Seminario di Cinematerapia dell’Istituto Solaris “Trova il tuo swing” 26 e 27 Novembre 2005). Se fossi in lui proverei finalmente a darmi un “nuovo progetto” dando un taglio con il passato. Djibril ha due grandi aiuti a disposizione: -Il proprio Sé che deve ricontattare profondamente. -La coralità: rappresentata dalla tifoseria Laziale che l’ha da subito adottato come beniamino e non ha mai mancato di fargli sentire la fiducia e il proprio affetto domenica dopo domenica. Un ultima considerazione personale, venti anni fa quando andavo allo stadio ogni domenica a seguire la mia squadra del cuore, la curva Nord, “culla” del tifo biancoceleste non mancava mai di incitare i propri giocatori con un canto che suonava più o meno così “undici, undici, undici leoni, noi vogliamo undici leoni”!! In questo canto che ancora oggi i tifosi urlano in partita mettendoci tutta la loro passione Djibril può avere un ulteriore indicazione per ritrovare se stesso…Non è facendo il gol spettacolare o immaginando di realizzare chissà quale prodezza che ricontatterà il proprio progetto ma giocando con il cuore, sentendosi parte di un progetto più grande che è la squadra biancazzurra, andando in aiuto dei compagni, correndo come un forsennato per tutti e 90 i minuti di gioco ed uscendo esausto dal campo.

Io dico che è un buon modo per ricominciare, la vita ed il campo premieranno questo modo nuovo di mettersi in gioco. Vale la pena provare!

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