Voglio incoraggiarti a non aver paura, perchè il contrario dell’Amore non è l’Odio, ma è la Paura. Nulla di ciò che è dentro di te ha alcun potere, se sei nel tuo Sè, e non hai paura.
La paura invece può talvolta privarti del coraggio, può farti vedere ogni cosa come potenzialmente oscura e minacciosa. La paura è come il buio, mentre il Sè è come una stella luminosa. Se sei nel tuo Sè, non hai paura: “… se hai un Sè come Capitano – dice Mercurio – certamente egli condurrà in porto i tuoi sogni, per quanto impossibili ti possano sembrare”.
I cambiamenti non sono facili: e questo può talvolta portare a disorientamento. E quindi, alla paura. Ma il tuo Sè è anche la tua fonte di amore, e non si lascia intimidire. Al contrario l’Io – è invece al tempo stesso – prima creatore e poi bersaglio, dei pensieri distruttivi.
Sii accogliente con te stesso
Quando sei nel tuo Sè, i cambiamenti non saranno più facili: ma puoi osservarli con pazienza, amore e benevolenza. Al contrario, quando sei fuso con l’Io, i cambiamenti sono terribili e accompagnati da pensieri angosciosi, giudicanti per farti sentire in colpa: “sono un fallito, sto perdendo tempo, sono un incapace, ho sbagliato tutto, non so più chi sono”. Oppure cercherai un colpevole fuori di te, nell’illusione che trovare qualcuno a cui addossare le colpe, possa placare la tua rabbia e il tuo dolore.
Se fossi con il tuo Sè, egli non comunicherebbe mai con te in questo modo: il tuo Sè non ti trasmette pensieri rabbiosi o persecutori, pensieri angosciosi o rancorosi. Il Sè certamente ti sfida: ma soprattutto ti ama, e aspetta solo che ti fidi di lui, e ti affidi a lui.
Il disorientamento, e quindi poi la paura e la rabbia, sono provocate da pensieri di insicurezza: prima di tutto sul tuo valore esistenziale, e successivamente poi anche materiale, come ad esempio, insicurezza professionale ed economica. Ma essere sicuri di se stessi non ha alcun rapporto con ciò che sei in grado di fare. Ma riguarda più profondamente ciò che pensi o credi di te stesso, ciò che provi riguardo alle tue capacità, a ciò che sei. In breve, al valore che dai a te stesso. Se ti collochi nel Sè, allora le emozioni riguardo al tuo valore (e quindi alla sicurezza in te stesso) saranno sicuramente positive.
Quando invece non riesci a collocarti nel Sè, i pensieri sono oscuri, di giudizio, rimprovero, ricerca di un colpevole interno o esterno. Di conseguenza i pensieri su te stesso e sul futuro saranno pieni di ansia, pessimismo e paura. Essere lontani dal Sè ti fa perdere la luce della fiducia in te stesso, in ciò che sei e che hai realizzato: ti porta a distruggere il terreno che hai faticosamente costruito e sul quale poggi i piedi.
Il giudizio severo e sprezzante genera una buia spirale discendente di pensieri dolorosi: un vortice di trappole mentali, logiche e apparentemente razionali, che non fanno altro che farti ulteriormente precipitare verso il basso.
Rifiutare il contatto con il Sè
Però può accadere, ad esempio, che in determinate e difficili circostanze, puoi perdere o rifiutare il contatto con il Sè. Può accadere magari perchè non ti fidi di lui, perchè l’Io-Fetale ha sempre argomenti più interessanti e seducenti, oppure perchè il dolore ha investito la tua vita, la rabbia supera su ogni cosa e prevale il bisogno irrefrenabile di distruggere.
Sentirsi abbandonati, ad esempio, può provocare reattivamente il bisogno di abbandonare.
Può accadere quindi che ti ritrovi al buio, a navigare di notte. Preziose in questo caso sono le Regole della Navigazione notturna degli Ulissidi che possono aiutarti a cercare e poi a seguire una stella polare. La Stella Polare c’è: ma devi cercarla nel cielo. La Stella Polare c’è, ma devi volerla seguire. E anche se il buio non scompare all’improvviso, puoi fidarti che ti condurrà a casa. E’ un atto di fede. Non una certezza.
Perdere la fiducia nel Sè significa farsi divorare
Pensando ad un film che illustra il rapporto tra Paura e Fiducia, tra buio e luce, mi è tornato alla mente il Laboratorio di Cosmo-Art con il film “A beautiful Mind”. Nella scena iniziale, lo spettatore non capisce che tutto quello che sta vedendo è filtrato attraverso gli occhi della mente spaventata e paranoica del giovane John Nash. Sempre nelle prime scene, lo psichiatra suggerisce più volte al giovane matematico di farsi aiutare, di accettare l’aiuto. Ma il regista ha un’altra proposta: vuole farci entrare totalmente nel vissuto della Madre Divorante, e per rappresentare lo psichiatra sceglie l’attore Christopher Plummer, con un viso e una fisionomia che lo hanno sempre reso famoso nelle parti del “cattivo”. Agli spettatori farà percepire lo psichiatra come un manipolatore e nemico di Nash. A questo si aggiunge il personaggio di William Parcher (l’eminenza grigia – l’attore Ed Harris) che, sin dai tempi dell’università, conferma a John Nash di non fidarsi dello psichiatra, poichè sarebbe un pericoloso nemico al soldo di una potenza straniera. E noi spettatori, in questa fase del film, abbiamo abboccato completamente. Siamo totalmente e pienamente d’accordo. “… non ti fidare John, … non ti fidare”.
Dobbiamo arrivare almeno alla metà del film per ritrovarci capovolti, sbigottiti e confusi: William Parcher non è reale. E’ una proiezione (una allucinazione!). E non è affatto lo psichiatra che lo vuole manipolare. Al contrario, insieme a sua moglie sta cercando di aiutarlo nonostante tutti i rifiuti ostinati di John Nash.
La vera Madre Divorante – contrariamente a quanto tutti noi spettatori ci aspetteremmo – è invece William Parcher (l’eminenza grigia), ci rivela il geniale regista e la geniale lettura di Antonio Mercurio. E’ lui che ha condotto John Nash sulla soglia di un terribile atto di violenza verso il suo stesso figlio. E’ la perdita della fiducia nel proprio Sè che porta alla paura, al disorientamento, al buio dello smarrimento. Un istante prima dell’uccisione del figlio, Nash finalmente ha un’illuminazione.
Similmente, anche la Bibbia parla – con toni ovviamente diversi e con le ovvie notevoli differenze – della perdita di fiducia nel Sè. Nel libro della Genesi, Dio per mettere alla prova la fede di Abramo, gli ordina di uccidere il suo unico figlio Isacco. Il dramma sembra inevitabile. Quando poi Abramo mostra finalmente di avere fede allora un Angelo gli ferma la mano: solo un attimo prima – similmente alla scena del film – della tragedia.
Per riprendersi la vita, John Nash deve prima capire chi è che oscura la sua luce interiore, chi è la vera Madre Divorante (i suoi pensieri rappresentati da Parcher) e chi invece desidera veramente aiutarlo: lo psichiatra e la moglie. Per riprendersi la vita, Nash decide di ignorare Parcher, il giovane collega universitario, e la bambina. Nash alla fine del film volta pagina, lasciando le allucinazioni – ancora reali e presenti – sconsolate e senza più alcun potere su di lui.
Trasformare gli opposti e creare Bellezza Seconda è il compito principale di un Cosmoartista. Più facile a dirsi che a farsi. Arrenderti al Sè consente di rafforzare una posizione accogliente sia nei confronti di te stesso e sia nei confronti degli altri. Ti apre l’accesso alla forza della generosità, della reciprocità, della connessione, del perdono. E dell’Amore.
Andrà tutto bene. Non aver paura. Fidati e affidati sicuramente al tuo Sè interiore.
Se lo desideri, io sono qui. Ma devi cercarmi dentro di te.
“E’ meglio accendere una candela, che maledire il buio” – Confucio