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La riscoperta delle vie dell’interiorità (prima parte)

L’esperienza millenaria della meditazione, o in altre parole del cammino interiore verso il “luogo del cuore” – individuato da sempre e intuitivamente come il centro della persona – è sempre più frequentato e vissuto dall’uomo del nostro tempo. Negli ultimi cinquant’anni del Novecento, infatti, c’è stata come una riscoperta delle vie dell’interiorità sulla scia dell’incontro spirituale di Oriente e Occidente, come una specie di mutua impollinazione, della psicologia del profondo, delle medicine alternative e delle istanze ecologiche profonde. E’ rinato così l’interesse verso la meditazione e la preghiera, insieme a quello ancora più vasto per la dimensione mistica nelle varie tradizioni spirituali dell’umanità. Grazie al dialogo interreligioso ed ecumenico, mondi che una volta erano distanti non solo geograficamente, ma soprattutto mentalmente, si sono incontrati rigenerandosi vicendevolmente. Questo è uno dei “segni dei tempi” più belli e fecondi in cui viviamo.

L’interesse per la meditazione, dicevo, è rinato anche in campo non prettamente religioso, fuori dai conventi, tra amici, in piccoli gruppi, perché l’uomo avverte dentro di sé un malessere crescente, costretto da ritmi sempre più frenetici e spersonalizzanti; un disagio accompagnato dal bisogno impellente di essere più autentico, più in armonia con la natura e con gli altri, riappropriandosi del tempo e della sua esistenza.

Ma che cos’è precisamente la meditazione? Ce lo chiediamo indipendentemente dal contesto culturale o religioso a cui ciascuno di noi può appartenere, in quanto la pratica meditativa è comune a tutte le religioni, ma soprattutto perché essa possiede un sostrato che si radica nella dimensione antropologica della persona, cioè nei dinamismi stessi del nostro Io profondo. In quella parte di noi che definiamo “autotrascendenza” e al contempo “apertura la mistero”. La meditazione è comune a tutti gli uomini, tante è vero che se ne parla in ogni tradizione e può caratterizzarsi come meditazione spontanea, meditazione guidata, con o senza un contenuto su cui riflettere, o meditazione silenziosa, cioè un “pensare senza pensieri”. La sua caratteristica peculiare è quella di essere prettamente esperienziale. Per trovare il denominatore comune, vediamone anzitutto l’origine etimologica. Il termine “meditazione” deriva dalla radice indoeuropea “med” che significa “pensare, riflettere”. Dalla stessa radice deriva il verbo: “mederi” che significa esercitarsi fisicamente e applicarsi intellettualmente.

Da qui anche il latino “medium”, radice di una vasta famiglia di parole il cui significato va da “mezzo”, “strumento”, “mediatore” e “immediato”. Volendo sintetizzare i vari significati, possiamo dire che la meditazione è un esercizio interiore delle facoltà superiori dell’uomo, che al contempo pone quest’ultimo in contatto diretto con il momento presente e lo prepara successivamente all’azione. La meditazione è vivere l’istante e l’evento senza dualismi di sorta, così, semplicemente. E’ lasciar fluire le cose e guardarle come sono. La meditazione, abbiamo detto, è un esercizio, quindi anch’essa un’attività, un’azione però rovesciata, un portare dentro gli eventi della vita. Uno stare nel mezzo, nel centro, nel cuore della realtà tutta, dentro e fuori, in alto e in basso, nell’essere e nel divenire delle cose, cosicché, dalla percezione immediata del Tutto, l’uomo che medita riprende il suo cammino con la consapevolezza di essere eterno, senza fine, coscienza infinita. Questa nuova consapevolezza apre il suo cuore e lo dilata verso gli altri, le cose, l’universo visibile e invisibile.

Cosa accade in chi medita? Brevemente. Per gli aspetti psicofisici, la pratica meditativa suscita una sincronizzazione dei due emisferi cerebrali, quello destro (intuizione-interiorità) e quello sinistro (razionalità-attività); incrementa le onde alfa che vengono prodotte nello stato di concentrazione e rilassamento. La sinergia psicofisica che si viene determinando, ridesta la sensibilità interiore, si dice appunto: “apre il cuore” e nello stesso tempo conduce a uno stato generale di distensione, condizione necessaria ad avviare nella persona il processo di assimilazione interiore degli accadimenti esterni, sviluppando in questo modo l’interiorità e affinando le facoltà intuitive della mente. Si badi bene, stiamo parlando della meditazione silenziosa, o esistenziale, come diceva un grande orante come Thomas Merton. Dal punto di vista prettamente spirituale, la meditazione risveglia la consapevolezza, ovvero il vivere coscienti del momento presente, quindi chi medita diventa più attento, sia ai movimenti interiori del proprio animo, sia a ciò che lo circonda. La meditazione quindi è prima di ogni altra cosa una via alla conoscenza di sé e del mondo.

Una conoscenza, però, non chiusa in se stessa (non è un acquisire delle nozioni), ma una conoscenza aperta al mistero dell’esistenza per scoprire la dimensione sacra presente di ogni cosa. La meditazione infatti va al di là delle forme con cui ci rivestiamo durante questo transito terreno e tocca invece quella parte di eternità che ciascuno di noi possiede nel suo più profondo essere. Meditare quindi significa assumere un atteggiamento iniziatico permanente verso la vita e i suoi passaggi trasfiguranti. Ma la meditazione conduce anche al dominio di sé. Essa richiama all’ordine interiore, all’armonia e al retto giudizio. Lo stile di vita che ne deriva non può che produrre un processo interiore di rigenerazione spirituale e psicofisica. Il clima che si crea attorno a chi medita, ha il sapore, il gusto di una profonda pace e forza, anche in casi di sofferenza e prova. Chi medita lascia un’impronta di sé, della propria anima, al di là del tempo e dello spazio. Quali sono gli effetti comunitari della meditazione? Molti senza dubbio. Poiché l’esperienza della meditazione invita alla lettura del vissuto personale e della realtà che ci circonda con uno atteggiamento umile e semplice, chi medita sarà meno preoccupato di dare importanza alle strutture o all’organizzazione delle cose, quanto piuttosto di dare spazio all’ascolto, alla partecipazione e all’accompagnamento delle persone.

Nei gruppi di meditazione si fa esperienza di condivisione profonda, ci si aiuta a crescere, a formarsi come uomini e donne. Soprattutto s’impara a pensare in modo nuovo, più libero e creativo. S’impara un nuovo pensiero che vede nella natura e negli essere viventi non entità isolate, ma sistemi aperti e in relazione, dove ciascuno di noi non è se non in un campo psichico e spirituale con gli altri, con le cose, con tutto ciò che ci circonda, illuminato da un mistero più grande.

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