Una proposta di solidarietà
La personalità umana è essenzialmente “proiettiva”. Quello che siamo, pensiamo, sentiamo o crediamo, in un modo o in un altro si “proietta” in quello che facciamo. Non è facile che il nostro Io segreto possa essere nascosto a lungo. Presto o tardi si manifesta nelle nostre parole o nei nostri atteggiamenti, come nei nostri silenzi. E’ impossibile che il nostro vivere quotidiano non riveli le nostre credenze. Sebbene sia vero che “l’abito non fa il monaco”, il monaco è solito portare l’abito dell’ordine al quale si associa. La gente, di conseguenza, ci identifica con l’immagine che diamo, volontariamente o involontariamente. In quest’epoca in cui si dà tanta importanza all’immagine pubblicitaria o politica – perché vende, perché influenza positivamente o negativamente lo spettatore, l’elettore o il cliente – bisogna ammettere che esiste un’immagine anche nell’ambito della spiritualità. A seconda di ciò che gli altri vedono in noi, nel nostro comportamento, quando ci osservano, la stessa idea di spiritualità varierà di conseguenza. Per alcuni curare la propria immagine è mettersi una maschera, secondo le occasioni e le convenienze, in una sorta di carnevale personale e discontinuo, come se la loro preoccupazione per l’immagine superasse la realtà che vivono.
Senza dubbio l’importante è la sostanza. L’Amore, che è alla base di ogni espressione di spiritualità, ci “plasma” a sua immagine e, coltivandolo dentro di noi, saremo inevitabilmente segnati dalla sua presenza da riflettere la sua immagine attraverso la nostra. Se non riflettiamo Amore è perché non lo contempliamo, e se lo riflettiamo male è perché non lo contempliamo come si deve. Come specchi deformanti rendiamo distorta in una caricatura grottesca l’immagine che riceviamo. Il normale processo che l’Amore vuole realizzare nella nostra vita prevede che riflettiamo i suoi caratteri in modo sempre più nitido. Posto che ci trasformiamo in quello che contempliamo, in definitiva ciò che veramente cambia non è la nostra immagine ma la nostra realtà. Per questo, invece di camuffarci, sarebbe più opportuno lasciarsi trasformare nel nostro essere più profondo. Infatti, molte persone vivono la loro spiritualità come se facessero parte di un Club. Il loro legame di soci si limita ad incontri distaccati o riunioni settimanali, quasi fossero tifosi di una squadra di calcio. Anche Gesù potrebbe trovare in ogni città tanti affiliati quanti ne hanno certi Club, ma una relazione simile non basterebbe.
Il membro del club deve portare un distintivo, alzare una bandiera o frequentare un locale per dimostrare la sua affiliazione. La relazione tra chi vive veramente un’esperienza spirituale e lo Spirito stesso è invece, in un certo senso, comparabile a quella che esiste tra la lampadina e la corrente elettrica: quando si stabilisce il giusto contatto, la luce brilla automaticamente. Una delle maggiori necessità dell’essere umano consiste nello scoprire l’infinito valore della propria vita e di quella altrui, le infinite possibilità esistenti in ogni uomo e donna quando vengono trattati con sufficiente rispetto e amore. A tutti noi manca qualcuno che ci aiuti a vederci come siamo, e soprattutto come possiamo diventare, qualcuno che ci dia forza di accettarci quali siamo e, cosa assai difficile, ci dia la forza di cambiare a tal punto da accettare gli altri per quello che sono, fino ad aiutarli nella loro realizzazione. Questa forza, capace di vincere la barriera dei timori e della perplessità, è l’unica che può restituire all’uomo il senso e l’entusiasmo per i valori come il buono ed il nobile.
In questo mondo dove sembra regnare la disperazione e la rovina, chi vive una concreta spiritualità non può cavarsela alzando le spalle e disinteressandosi della gente. Egli sa bene che nessun essere vivente è destinato al nulla. Ogni essere umano è candidato alla vita eterna, quale che sia il suo punto di partenza. Per questa ragione, chiunque presti veramente attenzione alle indicazioni dello Spirito, a quella “voce interiore” che instancabilmente parla ai nostri cuori, si impegna realmente anche in questa vita. Incontrare lo Spirito significa passare all’azione. Seguire le sue indicazioni è molto più che simpatizzare per un’ideologia: significa prendere una posizione nella vita. Se ci costa molto mettere a disposizione il nostro denaro, il nostro tempo oppure la nostra fede, è segno che abbiamo un urgente bisogno di un incontro che ci apra gli occhi ai veri valori e alle necessità umane più essenziali, ovvero alle nostre reali esigenze. La nostra relazione con lo Spirito ci contagia e ci spinge alla solidarietà: quello che siamo e che abbiamo verrà messo al servizio del bene e la nostra vita acquisirà una forza irresistibile.
Questo nuovo atteggiamento verso la vita presuppone, tra le altre cose, il fatto di condividere fraternamente quello che abbiamo in un mondo che, al contrario, spinge l’uomo verso un egoismo insaziabile; il preferire la sensibilità verso i bisogni altrui, invece di un consumismo individualista; il prendere posizione di fronte all’ingiustizia e lo sforzarsi non solo di alleviare le sofferenze, ma soprattutto di eliminarne le cause. Del resto, indipendentemente dalla fede religiosa o dal credo seguito, non possiamo esimerci dal riconoscere che quella stessa “voce interiore”, ci propone un ideale basato sul servizio, in opposizione all’idolatria del potere economico e della scalata sociale; un ideale di generosità di fronte alla manipolazione o strumentalizzazione dell’altro, quale oggetto del nostro ogoismo; una presa di posizione nella quale le nostre differenze e peculiarità non ci impediscano di accettare gli altri nella loro specificità; una filosofia di vita che ci permetta di vivere come fratelli in una società nello stesso tempo intollerante e gregaria, dove sempre di più risulta difficile convivere, rispettarsi ed apprezzarsi.
E’ per questo che seguire le indicazioni dello Spirito significa desistere alla tentazione tipicamente “religiosa” di isolarsi dalla gente, accettando di essere il sale della terra, luce del mondo, vivendo nella più estesa solidarietà