Grazie a simulazioni al computer, uno studio su Nature mostra il ruolo della disomogeneità delle reti sociali nella comparsa della cooperazione

Secondo alcuni studi basati sulla teoria dei giochi (che analizza matematicamente le decisioni delle persone in interazione) applicati all’evoluzione, in mancanza di rinforzi siamo portati a far prevalere il nostro bene su quello comune. Eppure in molti modelli economico-matematici, nonché nella realtà, la cooperazione tra gli individui emerge sempre e si rivela vincente. Ma come si concilia la forte e vantaggiosa tendenza a curarsi del proprio tornaconto con il comportamento cooperativo? Per tentare di rispondere a questa domanda, i ricercatori delle università di Bruxelles e di Lisbona hanno sviluppato modelli di reti sociali non omogenee, più rappresentative di quanto avviene nella realtà rispetto a quelli normalmente usati.

In queste simulazioni, descritte su Nature, ciascun individuo virtuale interagisce con un numero variabile di altri soggetti. Si vengono così a creare “gruppetti” più o meno numerosi, esattamente come può avvenire in una classe o in un ambiente di lavoro. Gli studiosi hanno osservato che questa disomogeneità della struttura della rete sociale promuove la comparsa della cooperazione tra gli individui, e il comportamento prevale persino prima (in senso temporale) che non nei modelli standard in cui tutti gli individui hanno lo stesso numero di contatti. La rete viene rappresentata da un oggetto matematico chiamato grafo, un insieme di nodi (gli individui, in questo caso), collegati da linee (le relazioni, i rapporti sociali). I grafi utilizzati in questo studio sono eterogenei, nel senso che la rete che si viene a formare avrà dei vuoti, perché ogni individuo interagisce con un numero variabile di altri (alcuni, quindi, saranno esclusi).

Gli autori hanno fatto giocare i loro personaggi virtuali con il “dilemma del prigioniero”. A ogni nuovo turno, ciascun soggetto doveva scegliere tra ottenere un grande guadagno solo per sé, o uno minore ma per tutti. In questo secondo caso, quindi, il contributo totale della comunità viene ogni volta ridistribuito tra tutti i giocatori, a prescindere dall’investimento personale. Più individui cooperano e maggiore sarà, ovviamente, il guadagno comune. Secondo i ricercatori, se non esistessero meccanismi come la reputazione o la punizione, sarebbe più vantaggioso non fare nulla e godere dei benefici degli investimenti altrui.

Dopo migliaia di interazioni tra i giocatori, in cui ognuno “impara” qual è la scelta più redditizia, la cooperazione si diffonde e diventa rapidamente il comportamento prevalente. Ma, sottolineano gli autori, il rifiuto a cooperare non scompare del tutto. Alcuni individui ai margini della rete, infatti, continuano a sfruttare gli altri, traendo beneficio dai loro sforzi. Il che ricorda molto quanto avviene nel mondo reale.

Fonte: Galileo,

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