…dove dobbiamo andare?

In fondo tutti siamo convinti di sapere dove stiamo andando in qualsiasi momento della nostra vita, ma è proprio così? All’Auditorium Parco della Musica di Roma, per il sesto appuntamento di Artist’s Corner, il gruppo di Catania Cane Capovolto ha presentato l’opera “Helmut Doppel”. Uno spazio rettangolare si spiega di fronte a me quando raggiungo l’angolo dell’artista. Un grande pannello di tela bianca in fondo alla stanza è trapuntato di chiodi: questi ultimi tendono una serie di fili che sembrano formare un labirinto, o un percorso completamente casuale. Quattro casse custiche ai lati dello spazio emettono suoni di animali e di ambienti naturali. All’interno ci sono tre televisori posti in direzioni diverse l’uno rispetto all’altro. Due di questi sono accesi e proiettano un filmato. Due pezzi di legno situati per terra, uniti da una corda e con sopra scritto “Halle” completano l’ambiente. Il protagonista del filmato, Helmut Doppel, vuole raggiungere una parente malata ad Halle, ma decide di farlo andando letteralmente in linea retta. Da questa sorta di protesta verso la realtà contemporanea si parte per un cammino in cui la meta diventa quasi un pretesto.

Passo da un televisore all’altro senza rendermi conto di cosa stia facendo. Voglio comprendere l’opera e per farlo mi ci appassiono e mi ci calo quasi in immersione. Il protagonista gira per una foresta con mappa e chiodi: il viaggio in linea retta lo costringe infatti ad inoltrarsi per posti poco battuti dai suoi simili. Immagini notturne di volatili che solo allora possono girare si alternano a momenti quasi gotici in cui, in un cielo oscuro, la luna fa capolino da dietro le nuvole per poi tornare a nascondervisi. Passo da un televisore all’altro e mi sembra che il filmato sia lo stesso anche se sfalzato temporalmente. Mi soffermo su un filmato soltanto e l’atmosfera si fa sempre più soffocante: una sorta di capogiro mi coglie dopo la visione di animali ed esseri umani in notturna ripresi con una telecamera in continuo movimento. Uno spettatore mi viene vicino, guarda il filmato e se ne va: è solo il primo di una serie di approcci all’opera che mi aiutano a capire le mie difficoltà per mezzo della titubanza degli altri. Il filmato mi conduce per una via che si fa crudele, quasi malvagia, ma ad un certo punto capisco che sta prepotentemente venendo fuori la mia paura di creare e provare strade alternative.

Andando in linea retta infatti si crea e si percorre una strada nuova in netto contrasto con qualsiasi idea socialmente accettabile di “cammino”. Comincio a vagare da un televisore all’altro e la sensazione di essere su di una nave senza timone mi mette ancora più ansia ed agitazione. Il vagare da un filmato ad un altro mi rende cosciente però del fatto che i due filmati non sono uguali. Sento che i due filmati mi hanno trasportato in una dimensione interiore in cui il punto di partenza e il punto di arrivo coincidono: non è più importante arrivare ad Halle ma trovare dentro di se la strada per arrivarci. Il viaggio del protagonista si trasforma in un viaggio interiore in cui la sensazione di impotenza mi fa sentire perso in mezzo ad un cammino non convenzionale ma allo stesso tempo mi da la possibilità di affrontare la mia paura del divenire. Mi vengono in mente tutte le volte che, invece di affrontare un viaggio ai miei occhi pericoloso perché non convenzionale, mi sono rifugiato in strade confortevolmente battute dai più, ma lontane dalla mia vera essenza. Come lontano dalla sua essenza è comunque il protagonista: il suo divenire in linea retta, la sua protesta ad oltranza lo fanno perdere nei meandri della sua ricerca non riuscendo a precipitare il suo essere all’interno della realtà in cui vive.

Me ne vado con un interrogativo, venuto a galla grazie all’opera, che mi accompagna ormai da molto tempo. Dove sto andando ora? Forse Totò, non aveva tutti i torti a chiedere dove andare.

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