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Mi presento: curriculum vitae scientifico o c.v. esistenziale?

A qualsiasi età, quando siamo alla ricerca di un impiego, ci troviamo alle prese con la compilazione del curriculum vitae scientifico: il documento che riassume le nostre esperienze formative e lavorative, nel quale siamo chiamati a definire le competenze professionali di cui siamo in possesso. Già sui banchi di scuola siamo stati educati a competere con gli altri sul piano del merito, in base a parametri uniformanti e spersonalizzanti. Per anni gli insegnanti hanno attribuito un voto al nostro rendimento scolastico, definendo a loro stessa insaputa il valore personale, che avremo poi – lontani da quelle aule – riconosciuto a noi stessi, e incidendo al contempo sulla costruzione della nostra identità. Eravamo tanto efficienti e preparati, da essere tra i primi della classe nonché pupilli dei professori, o le nostre performances scolastiche ci hanno piuttosto relegati tra i peggiori allievi, disperazione di insegnanti e genitori? In quel curriculum vitae, che compiliamo con la speranza di essere selezionati e ottenere un posto di lavoro, confluiscono tutti i valori numerici, che le istituzioni formative ci hanno attribuito: il 42 piuttosto che il 60 del diploma, il 90 piuttosto che il 110 e lode della laurea. A quei numeri possono esser legati aspetti profondi e intimi del rapporto che abbiamo con noi stessi, quali l’autostima e la fiducia nelle nostre capacità personali. È così che il curriculum vitae – istantanea in bianco e nero del nostro intero percorso formativo –  può esser vissuto da noi come motivo di soddisfazione e appagamento, o di vergogna e autocritica. In ciascuno di questi casi è lui a parlare di noi ai selezionatori, che lo ricevono; è lui che determina la circostanza o meno di un successivo incontro conoscitivo.

Curriculum vitae esistenziale: l’umanità oltre i numeri

E se, a supportare il c.v. scientifico, le aziende chiedessero ai candidati di presentare un curriculum vitae esistenziale? Ci sentiremmo in questo caso più rappresentati? Sentiremmo più rappresentata la nostra unicità, la nostra umanità e il nostro vissuto sullo sfondo dei numeri, assegnati da altri? In questo tipo di c.v. potremmo presentarci, parlando di chi siamo – ancor prima di ciò che abbiamo fatto – , parlando del progetto, che ci piacerebbe realizzare nella nostra vita, e dei valori che assumiamo come guida interiore. In questo tipo di c.v. potremmo parlare di come ci relazioniamo agli altri, e delle strategie, che utilizziamo per rialzarci, ogni volta che cadiamo. Potremmo persino spiegare che tipo di significato attribuiamo alle nostre cadute: se le strumentalizziamo, per fare le vittime, o se le valorizziamo, considerandole un’opportunità.

Curriculum vitae esistenziale: un’opportunità concreta per le aziende

Per un’azienda conoscere le motivazioni e le spinte di un’aspirante risorsa, e comprenderne la personalità, non è forse altrettanto importante dei titoli accademici posseduti dalla stessa? Una persona equilibrata, matura e costruttiva, lei sì, è una risorsa preziosa per una realtà aziendale. Una persona del genere è portatrice di benessere nell’ambiente lavorativo, e il benessere aumenta l’efficienza dei dipendenti. Ad un’azienda dovrebbe interessare, e anche molto, capire se la persona, che sta portando nella propria squadra, è umile o presuntuosa, capace di mettersi in discussione o convinta di avere tutte le verità in tasca, accogliente rispetto alle proprie e altrui difficoltà o orientata a negarle e combatterle. Queste differenze nel rapportarsi a se stessi e agli altri designano due universi opposti, nei quali le persone possono muoversi e svilupparsi professionalmente; due universi, le cui specifiche caratteristiche umane hanno direttamente a che fare con il profitto, che l’azienda legittimamente persegue. Privilegiare nella scelta dei candidati le competenze esistenziali e il possesso dell’intelligenza emotiva, potrebbe essere una strategia illuminata e innovativa, per far grande la propria azienda. Oltre qualsiasi business plan, l’imprenditore, che mette al centro del proprio progetto aziendale quelle competenze esistenziali, sta investendo su un futuro in cui – ci auguriamo – la chiave del successo sarà sempre più legata al possesso delle abilità relative al saper essere. Arriverà certamente il giorno in cui la nostra società avrà meno paura del mondo interiore delle persone e diventerà capace di assegnare ad esso il peso che merita. Arriverà – ci auguriamo – il giorno in cui sarà considerato normale presentarsi a chiunque, anche ad un’azienda, attraverso le proprie competenze esistenziali, attraverso il proprio background spirituale. Quello sarà un giorno in cui saremo tutti più liberi di essere autentici; più liberi da visioni miopi, che ignorano la spinta motivazionale, derivante dal benessere individuale e di gruppo. Perché questo giorno possa arrivare quanto prima, ognuno di noi è chiamato ad assumersi il proprio pezzo di responsabilità; ognuno di noi è chiamato a sentirsi coinvolto nel progetto di evoluzione artistica del pensiero comune. Ognuno di noi può scegliere di fare la propria parte, di riconoscersi e assumersi il proprio potere, nutrendo la fiducia nell’avvento di questa evoluzione e impegnandosi fattivamente in prima persona per il proprio sviluppo e la propria crescita.

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5 COMMENTI

  1. Mi pare che molto lentamente, nella nostra società, la visione stia cambiando. Anche io mi impegno, nel mio piccolo… Bellissimo Claudia!

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