la libertà implica una responsabilità

Cosmo-Art e senso della vita

Mi assumo la responsabilità della mia libertà

Il tema della libertà è molto più ricco di implicazioni di quanto possa apparire ad una prima, sommaria valutazione. Intorno ad esso gravita l’opinione preconcetta – quanto illusoria – che si tratti di materia perfettamente nota a tutti gli esseri umani. Proprio tutti siamo certi di sapere cosa sia la libertà. Così come tutti nutriamo la convinzione di desiderarla sopra ogni cosa. E in nome di questo desiderio possediamo una altrettanto, solida certezza di essere disposti a lottare strenuamente per essa. Una serie di luoghi comuni, nemici dell’arte del dubbio!

Libertà: una nuova prospettiva

Una versione apocrifa dell’episodio dell’Odissea, nel quale Circe trasforma i compagni di Ulisse in scrofe, può aiutarci ad accendere una nuova luce su questo tema. Secondo tale versione, di cui ci dà minuziosamente conto il sociologo Zygmunt Bauman, i marinai non apprezzarono affatto i tentativi di Ulisse di restituire loro sembianze umane. Si opposero ad essi, scappando. Ulisse riuscì a bloccare soltanto Elpenoro, e strofinando su di lui un’erba magica, realizzò il proprio scopo. Eppure la reazione del marinaio liberato fu del tutto diversa da quella che Ulisse si sarebbe aspettato. Elpenoro espresse una forte rabbia per la perdita di quella condizione di scrofa, nella quale a suo dire si sentiva felice, perché libero dalla pena di prendere continue decisioni. Quella condizione lo sollevava infatti da pensieri e dubbi.

Questo aneddoto ha a mio avviso il merito di mostrare in maniera immediata la faccia più negata della libertà. Fa comprendere bene come il significato più profondo e intimo della libertà abbia poco a che fare con la spinta ad agire come si vuole, talvolta persino a dispetto di regole e norme. Mostra piuttosto con forza la dimensione di responsabilità e impegno, contenuta nella libertà di cui ogni essere umano è dotato.

La libertà non è il Paese dei Balocchi di Collodi. E lo dimostra il fatto che in quel posto immaginario si possa essere solo burattini, privi di valore e potere, manipolabili e asservibili alla stregua di asini.

In questo contesto possiamo identificare queste due metafore letterarie, che parlano di metamorfosi dell’essere umano in animale, come espressione della rinuncia al potere sulla propria stessa vita. Fatichiamo ad essere Persone, ogni volta che lasciamo che siano il caso e la fortuna a decidere per noi. Ogni volta che rinunciamo ad autodeterminarci. Ogni volta che respingiamo le implicazioni della libertà autentica.

La libertà comporta responsabilità

Libertà, che secondo Antonio Mercurio, è posseduta già dall’embrione e poi dal feto nella vita intrauterina. Questo significa allora che già all’alba della nostra esistenza siamo stati capaci di prendere decisioni. Già nell’utero di nostra madre abbiamo avuto la libertà di scegliere l’amore oppure l’odio. Questa sì che è una bella responsabilità!

Una responsabilità che può far paura. Che può gettare dubbi rispetto al fatto che l’esercizio della propria libertà conduca alla felicità. C’è infatti da fare i conti con gli effetti collaterali della libertà: i rischi in essa insiti, in primis quello del fallimento. Meglio forse allora abdicare a questa possibilità di scegliere per se stessi e per la propria vita. Meglio forse mettersi comodi e lasciarsi trasportare dalle correnti del – benché frustrante – noto e sicuro.

Libertà è assumersi la responsabilità del proprio dolore

Tante volte nella vita ci troviamo a fare queste considerazioni. A tanti bivi della nostra esistenza siamo chiamati a dover scegliere tra comodità e scomodità. Tra convenienza e svantaggio. Può tornare utile riconoscere nella comune avversione per la scomodità e lo svantaggio la legittima resistenza ad affrontare e attraversare il dolore esistenziale. Ogni volta che compiamo una scelta, abbracciamo una possibilità e ne lasciamo necessariamente andare un’altra. Affrontiamo a tutti gli effetti la morte di una realtà possibile e il dolore che essa comporta.

Scelta dopo scelta definiamo noi stessi. È così che l’arte di decidere crea un’identità sempre più compiuta e sempre meno in divenire. Anche questo può spaventare. Le nostre scelte escludono determinati scenari esistenziali, in favore di altri. Il che necessariamente comporta che essi diventino per noi da un certo punto in poi non più sperimentabili.

Accettare di dare la morte all’idea illusoria e rassicurante di infinite alternative, eternamente a nostra disposizione, implica un confronto importante con la nostra infantile avidità. Non possiamo essere tutto. Non possiamo avere tutto. La nostra libertà, per quanto ampia, non è onnipotenza. Dobbiamo decidere chi vogliamo essere, quale progettualità desideriamo coltivare, ed essere disposti in nome di ciò a compiere delle rinunce. È questo che fa di noi delle persone adulte.

E scegliere non è certo un’opzione, così come spesso raccontiamo illusoriamente a noi stessi. Scegliere è indispensabile, per allontanare l’ipotesi dell’impotenza. Del vivere non vivendo. Del vivere la vita che ci è capitata, anziché quella che abbiamo scelto di creare, giocando da protagonisti la partita.

Sono due film completamente diversi con interpreti opposti tra loro: da una parte la vittima, dall’altra l’artista. Sta a noi decidere quale parte vogliamo interpretare. E non basta deciderlo una sola volta. Quella volta non vale per sempre. La vita ci chiede di decidere da che parte stare più e più volte al giorno. Quali pensieri coltivare, a quali emozioni affidarci, quale percezione di noi stessi e degli altri alimentare. Decisioni continue, ravvicinate tra loro. Certamente un processo impegnativo, ma senza dubbio necessario. Direi persino salvifico. Si tratta di osservarci esistere, stando in ascolto di noi stessi e dei nostri bisogni profondi.

Potremmo dire che vivere responsabilmente la propria libertà consista nell’accogliere il compito di scegliere come stare al mondo, anziché lasciarsi vivere.

Il potere del lamento vs il potere di decidere

Si tratta in fondo di scegliere quale potere vogliamo esercitare. Se il potere del lamento, che è potere su, o il potere di creare e possedere la propria vita, che è potere di.

La prima decisione che possa renderci liberi riguarda quindi la rinuncia al nostro vittimismo. Una posizione vittimistica non riconosciuta o negata può rappresentare un ostacolo importante alla creazione di una vita libera.

Solo se riconosco di essere io l’artefice del mio destino, mi troverò a dismettere la maschera di vittima e ad assumermi la responsabilità di quello che vivo. Sconfitte e fallimenti inclusi. Dovrò allora smettere di nascondermi dietro fantomatici persecutori esterni, liberando così la mia vita dalla menzogna esistenziale.

La responsabilità di brillare

Nella letteratura e nella mitologia dei popoli antichi e classici troviamo anche esempi di una tipologia di metamorfosi diversa rispetto a quella citata in principio. Mi riferisco alla trasformazione degli uomini in stelle. Dopo la loro morte gli eroi del mito sono descritti salire a incorporarsi in una stella: da Perseo ad Andromeda e tanti altri.

Così noi, che diventiamo eroi della nostra stessa vita accettando la responsabilità di esistere da uomini liberi, conquistiamo la nostra immortalità e la capacità di brillare in questa vita e oltre.

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