La paura di cambiare
Molte storie d’amore s’intrecciano in questo film. C’e’ una storia principale quella di Carlo, trenta anni tra un mese, con Giulia che aspetta un figlio e ci sono le storie degli amici di Carlo e sullo sfondo le storie tra la madre e il padre di Giulia. Se cerchiamo l’essenza di questo film a mio avviso la storia narra di come sia difficile accettare i cambiamenti e quante paure e quante resistenze mettiamo in atto per accettare cio’ che in fondo desideriamo anche se non sappiamo ancora cos’e’. La vita ha i suoi ritmi e l’uomo nella sua crescita affronta delle tappe che sono vere e proprie rivoluzioni del suo modo d’essere e di pensare. Una tappa e’ nascere, l’altro e’ incontrare il padre, mettersi in coppia, avere un figlio, diventar nonni, etc. etc.. Per vivere con intensita’ e autenticita’ bisogna capire quando e’ giunto il momento d’accogliere una tappa e smettere di fuggire. Ogni cambiamento produce dentro di noi un complesso e variegato mondo di sentimenti, emozioni, paure che sono difficilmente decifrabili e che richiedono un tempo per l’accoglienza e l’elaborazione.
Carlo ama Giulia eppure non sembra entusiasta di diventare padre. Le responsabilita’, le paure di “una vita blindata” cominciano ad assalirlo. Carlo ha poi alle spalle una coppia genitoriale che si e’ separata quando lui aveva tre anni. Forse questo avvenimento ha lasciato una ferita, una sfiducia nella possibilta’ di un amore circolare, di una famiglia unita. Una famiglia in cui circola amore tra padre, madre e figlio e’ una bellezza rara. Possiamo chiamare questa “bellezza seconda” perché creata dall’uomo e in questo film la bellezza alla fine sembra raggiunta, ma in realta’ il finale sembra raccontarci che questa isola “Itaca” sarà presto messa in discussione. Per raggiungere Itaca bisogna affrontare un salto nel vuoto. Così come fa l’amico che ha deciso di sposarsi e che vediamo lanciarsi da un ponte con la corda elastica. Per raggiungere Itaca, bisogna decidere di tornare, cosi’ come fa Anna, quando capisce che e’ ora di smettere di fuggire ed accogliere l’amore che c’e’ invece di rifiutarlo perche’ non e’ come l’aveva immaginato. Per raggiungere Itaca bisogna incontrare il padre invece d’ucciderlo ed incontrare la madre e perdonarla per le ferite che ci ha prodotto.
Per raggiungere Itaca bisogna imparare a trasformare il dolore. Per difendersi dal dolore del cambiamento che spesso viene percepito come un tradimento vengono messi in atto vari meccanismi di difesa. Quelli che vediamo agire nel film sono: · La regressione. Carlo cerca l’emozioni dei venti anni. “Questa sera mi hai fatto perdere dieci anni” dice Carlo a Francesca, la ragazza che si e’ presa una cotta per lui. Soffocato dalle paure Carlo si prende una libertà e si lascia tentare dalla voglia di rimanere giovane e si concede un momento di trasgressione. Oppure lo vediamo nell’agire di Anna, la madre di Giulia che torna a cercare un amante che ha lasciato qualche anno prima. Anna cerca l’innamoramento perché questo la fa sentire viva, ma ci domandiamo e’ questa la strada giusta? Sentire sempre le stesse emozioni dei primi incontri con la stessa persona e’ impossibile. Don Giovanni che cerca questa condizione e’ costretto a cambiare amante continuamente, ma cosi’ facendo non puo’ approfondire il rapporto con una donna ed amarla veramente. Inseguire solo questa condizione e’ lo stile di vita di Alberto e per lui la partenza in Africa può significare la decisione di staccarsi da questo modo di essere per cambiare.
· Un altro meccanismo di difesa e’ la fuga, cosi’ come è una fuga quella dei tre amici in Africa. Sono meccanismi di difesa necessari quando il dolore e’ troppo forte. Ma ci si difende solo dal dolore o c’e’ qualcosa d’altro? Se osserviamo la reazione di Giulia ed Anna sembrerebbe che oltre al dolore c’e’ dentro tanta rabbia e una grande voglia di distruggere. Perché in Giulia che sembra una persona così comprensiva e così assennata c’e tanta violenza, tanta distruttività? Perché Anna si concepisce come una pianta grassa con tante spine? Possiamo immaginare queste spine come i traumi che abbiamo vissuto e che stanno conficcate nelle nostre carni? Possiamo immaginare che queste spine ci vengono conficcate sin dalla vita intrauterina? Giulia aspetta una bimba ed è in cinta di tre mesi. Quando scopre di essere stata tradita si lascia travolgere da un grande dolore e una grande rabbia che la porta a desiderare di perdere la figlia e di distruggere il rapporto con Carlo. Che emozioni puo’ provare la bimba che sta dentro la pancia di Giulia durante questa tempesta di emozioni, dolore, rabbia, odio ? Come può reagire il feto quando sente la volonta’ della madre che desidera abortirla? Le ultime ricerche sembrano confermare che i vissuti intrauterini diventono degli imprinting emotivi che poi vengono riprodotti nella vita di coppia.
Che fare quando allora arrivano tempeste di questo tipo? E’ necessario imparare a distaccarsi dal gioco proiettivo quando diventa troppo violento, ecco perché la scelta di Adriano di staccarsi per riflettere sulla sua vita di coppia puo’ essere una scelta saggia, perché è necessario prendere una distanza quando l’emozione ci travolge e corriamo il rischio di diventare distruttivi. Ma bisogna capire quando allontanarsi e quando tornare e Carlo capisce che il suo posto è accanto a Giulia. Gli è bastato una sola notte d’amore per realizzare che il suo progetto e’ di diventare padre, è di creare bellezza insieme alla sua donna e quindi torna e cerca con tutte le sue forze di ottenere una riconciliazione, il perdono di Giulia. Nel dialogo tra Giulia e sua madre, tra Carlo ed il suocero possiamo vedere l’incontro necessario con le nostre parti positive, con il nostro Se’ per trovare le parole, la forza necessaria per superare il dolore per il tradimento, per la perdita, per vincere la voglia di punire, di vendicarsi. Si tradisce per tanti motivi. Per sentirsi giovani, per sentirsi vivi, per paura di invecchiare, per noia, per ritorsione, per provare piacere.
Per superare un abbandono, per un meccanismo di coazione inconscio che trova spiegazione nella nostra storia. Anche chi viene tradito deve uscire dalla dimensione di vittima e interrogarsi sul senso di ciò che è accaduto. Perché l’ho tradita? Questa è la domanda che si pone Carlo quando s’accorge che è tempo di tornare e quando capisce cosa può perdere. Carlo capisce che “l’unica cosa che voglio è essere felice con Giulia” e quando entra in contatto con questa consapevolezza decide di staccarsi da Francesca che lo desidera con tutta la forza e la bellezza della sua giovinezza e corre verso Giulia trovando le parole per convincerla a riprovarci. Il dolore che prova Giulia è immenso. Il suo mondo è crollato miseramente, la voglia di distruggere è tanta. Possiamo ipotizzare che anche lei quando stava dentro l’utero di sua madre abbia vissuto una tempesta emozionale analoga a quella che ha vissuto con Carlo. Dobbiamo imparare a fare dei ponti tra la vita intrauterina e la vita di coppia per capire meglio il senso di cose che si ripetono e che ci bloccano nella nostra voglia di amare e di essere amati.
Giulia è entrata in contatto con un nucleo di dolore e odio molto forti ma ha deciso di iniziare a perdonare, nel finale infatti possiamo intuire che la strada da percorrere è ancora lunga.