Superare il lutto secondo l’Oriente Antico
Già Freud, nel lontano 1915 intuiva la potenza del processo psichico legato alla necessità che il lutto di una persona cara venga adeguatamente “elaborato” . Elaborazione del lutto può essere definita quel particolare processo mentale, lungo e complesso, che conduce a un consapevole rassegnarsi alla perdita patita. Se il processo rielaborativo rimane incompiuto, resta viva la sensazione di perdita insanabile, che può condurre a stati di grave depressione cronica. Questo fenomeno è particolarmente frequente nel caso dei lutti improvvisi, violenti, “inutili” e imprevisti. Una delle ragioni che ostacolano l’elaborazione del lutto consiste nel fatto che il congiunto scomparso continua, nella mente del sopravvissuto, ad esistere, tenendolo imprigionato in una rete di vincoli sentimentali e affettivi irrisolti. I riti funerari, tanto importanti sin dai tempi più antichi, hanno appunto la funzione di sugellare con il crisma dell’ufficialità l’ interruzione dei legami affettivi e libidici, favorendo l’ acquisizione di una nuova autonomia personale svincolata dalla figura del defunto.
È ben noto come sia infinitamente più problematica, soprattutto dal punto di vista psichico, la situazione legata ad un congiunto scomparso senza notizie rispetto ad un decesso . Secondo la scienza medica (e psicodinamina) moderna, il processo del lutto va analizzato secondo due diversi modelli: quello depressivo e quello legato allo stress . Secondo il modello depressivo il cordoglio – grief – è analizzato come reazione emotiva, per meglio comprendere la sintomatologia emozionale nella risposta alla perdita. Centrale di questo modelli è il “working through”, il lavorare attraverso la perdita. Tra i contributi del modello depressivi abbiamo quelli di Freud (1917), Abraham (1924), Lindemann (1944), Fenichel (1945), Klein (1940), e Bowlby (1969) . I modelli di stress da cordoglio vedono il lutto come evento stressante della vita, con conseguenze legate alla salute fisica, che non sono prese in considerazione dai modelli depressivi. Lazarus e Folkman (1984), Caplan (1961), Bartrop (1977), Horowitz (1976), Parkes (1971), Engel (1961) e Stroebe and Stroebe (1985; 1986) alcuni dei teorici presi in esame, che hanno sostenuto con le proprie teorie e ricerche l’ipotesi dello stress da lutto.
Tra le teorie contemporanee, Averill e Nunley hanno un approccio socio-costruzionista e considerano il cordoglio sia come malattia che come emozione. Parkes, invece, sottolinea il concetto di transizione psicosociale, che ha sviluppato negli anni per spiegare l’adattamento ai diversi cambiamenti della vita. Rosenblatt concentra la sua attenzione sull’influenza che ha il contesto sociale in cui avviene il lutto. In ultimo viene esaminata la CEST, (cognitive – experimental self – theory) di Epstein (1999). Questa è una teoria generale di personalità, secondo la quale gli individui costruiscono teorie implicite della realtà. La complessa e irrisolta questione del lutto patologico, della validità del concetto stesso di lutto patologico e delle differenze con il lutto normale e dei suoi stadi, sono analizzate in un capitolo diverso da quello delle teorie. In generale, il lutto normale è inteso come risposta affettiva alla perdita di una persona amata, mentre quando il lutto di un particolare individuo, in una particolare cultura, appare deviante nel modo in cui è associato con l’eccessiva o prolungata morbosità psicologica o fisica, può essere etichettato come patologico .
Come già visto nelle espressioni corporee le civiltà antiche trovarono la risposta alla elobarozione non patologica del lutto. Una risposta interessante ci viene, ad esempio, dalla danzoterapia . In un articolo del 1916, Jung definiva l’espressione corporea come uno dei modi per dare forma all’inconscio . Nella descrizione della tecnica, da lui successivamente definita immaginazione attiva, elencava diversi mezzi, tra cui la danza. In questo secolo molti danzatori – tra cui Rudolf von Laban Trudi Schoop in America e Charlotte Querido in Olanda – hanno acquisito consapevolezza della forza curativa della danza. Nella forma della danzaterapia proposta da la Dottoressa Charlotte Querida, psichiatra, si tratta di realizzare l’essenziale dentro di sé, come profonda consapevolezza religioso/spirituale (qualunque nome si voglia dare questi desideri e sensazioni in tutta la loro diversità). Quando si è sperimentato qualcosa del genere, è stato fatto un passo importante sulla via della guarigione. Questa è una rilevante differenza rispetto ad altre forme di danzaterapia. La danza in combinazione con la musica, ha un effetto molto diretto sulla psiche umana, e soprattutto su desideri e sentimenti inconsci o repressi.
Sarà così perché nella creazione tutto si muove (danza)? “Panta Rei” “tutto si muove”, diceva Eraclito, già nel 500 a.C. Diceva perfino: “panta choorei”, che vuol dire: “tutto danza”!. Guardate, nel macrocosmo, il corso delle pianeti e delle stelle. Guardate, nel microcosmo, gli atomi, in cui gli elettroni si muovono intorno al nucleo. Non è una danza meravigliosa? Non è questo il principio di base della creazione, e non lo seguiamo noi con la danza? Nascerà da qui, dal fatto che quando danziamo tocchiamo il principio base della creazione, l’effetto curativo della danza? E il nostro essere è una particella della Creazione, così che arriviamo anche a toccarlo. Solo quando si sono sperimentate queste sensazioni, nella danza, è possibile rispondere affermativamente a queste domande .
La prima cosa che balza alla mente per chi studia la Medicina Tradizionale Cinese (MTC), è l’impiego di una danzatoterapia meditava come il Tai Qi Quan per la elaborazione ed il superamento del lutto. Secondo i maestri taoisti, infatti, le tecniche corporee tradizionali cinesi, sono metodi di lavoro psico-fisico per mezzo del quale, se si praticano con diligenza e costanza, si sviluppa la conoscenza per raggiunge la saggezza nella consapevolezza che consente il superamento dei grandi drammi della vita .
Questa è la via per costruire la virtù, in quanto apre la mente e il cuore, è un modo per pulire il proprio destino carmatico e ha come fine il raggiungimento dell’illuminazione . Tuttavia anche altri interventi corporei della MTC possono essere utili nelle forme di elaborazione patologica del lutto. Ad esempio il massaggio lungo il Meridiano Luo del Polmone o l’agopuntura sui punti 7LU (che consente la “separazione”) e 42BL (legato al “lutto e alla rinuncia”) possono essere di grande interesse. Vogliamo precisare meglio il significato di questa scelta . La nostra vita è piena di addii, di separazioni, di perdite. Ma ricordiamo che dire addio vuol dire andare via , ma anche andare sulla nostra via, compiere il percorso che ci porta verso il nuovo. Il lutto è anche una speranza, un’occasione per dare una nuova direzione alla nostra vita. Ogni esperienza di morte ci porta a vivere questa doppia esperienza di lasciar andare il vecchio per accostarci al nuovo. Tutto questo riguarda il 7LU ed il Luo Longitudinale del Polmone. Inoltre, ognuno di noi sperimenta la separazione, il dolore, la gioia, la fatica di rimettersi in piedi dopo una malattia o un trauma.
Non possiamo scegliere se accettare o no la perdita o la separazione, possiamo solo decidere come affrontarla. Se riusciamo a viverla fino in fondo, possiamo sperimentarne l’effetto curativo. Se invece la respingiamo, rifiutando di accettarne l’evidenza, rischiamo di trovarci in una situazione di squilibrio. Tutto questo è legato al Po (ed al punto BL42), ovvero alla forza di vivere, sopravvivere, rimettersi in piedi, andare avanti.
Il lutto è un processo che ci accompagna nella vita, in risposta alla perdita, al vuoto doloroso della separazione. Dobbiamo ricordare che la vita si manifesta attraverso due forze contrapposte, il desiderio di amare e la capacità di lasciar andare. Possiamo vivere situazioni di perdita molto diverse: dobbiamo dire addio alle persone care che ci lasciano per sempre, a persone problematiche che escono dalla nostra vita, ma anche a ideali, sogni, momenti felici, luoghi, eventi e sensazioni. Una sola cosa è certa: un giorno dovremo affrontare anche l’esperienza della nostra morte. Non possiamo rinunciare all’esperienza del lutto, che è al tempo stesso dolorosa e curativa: un’esperienza che coinvolge l’essere umano nella sua totalità in quanto corpo e intelletto, sensazioni e sentimenti.
Allo stesso modo, l’elaborazione del lutto non deve essere vissuta solo con la parola, ma con il corpo e con tutti i nostri sensi. Tutti gli eventi passano attraverso il nostro corpo, che è lo spazio in cui mostrare il nostro lutto, ma anche lo spazio che blocca la sofferenza impedendoci di manifestarla. “Dammi il dono delle tue lacrime” scrive il poeta, “perché come posso parlare, come potrei capire se ho dimenticato come si piange?”. Il pianto è insieme espressione del dolore e fluire curativo della gioia che torna. E il movimento è il linguaggio attraverso il quale il nostro corpo si esprime: per questo danze meditative, gestualità, creatività, visualizzazione, comunicazione non verbale e simboli diventano sempre più importanti per vivere il nostro lutto. I rituali ci aiutano a vivere il dolore, ci mostrano la strada per superare il lutto e ci danno sensazioni di sicurezza, di sostegno attraverso l’appoggio del gruppo. Ci sono diversi modi in cui i rituali del lutto possono esprimere queste emozioni. . In alcuni casi, per esempio, quando si ricorre alle lamentatrici, alle prefiche, il lutto è agito da altri.
Quando il lutto si congela in noi, quanto “non si riesce a piangere”, due punti importanti (che appunto nel nome hanno il significato richiesto, “essere sul punto di (e non riuscire a) piangere”) sono il 15GB ed il 41GB. In questi casi di “lutto inespresso o cristallizzato” può essere utile trattare i punti 10-11ST e 26GB (o il 13LR), per attivare il “Curioso” Dai Mai . Va infine ricordato che, in taluni casi, il problema del lutto patologico consiste nell’incapacità di aderire ai simboli e ai rituali. Possiamo usare diversi simboli, come le rose, il pane, un sasso, l’olio, il fuoco, l’acqua: se lo comprendiamo a fondo, un vecchio rituale può acquistare un nuovo significato, aiutandoci a dare un senso a quello che ci succede. Possiamo anche creare un luogo simbolico di pellegrinaggio, un luogo interiore ed esteriore al quale attribuiamo una funzione curativa. E’ questo il significato simbolico del centro attorno al quale si danza, a cui avvicinarsi per chiedere forza o per affidargli le proprie sofferenze,. E muovendoci con tre passi avanti e uno indietro, come avviene in molte danze, rappresentiamo simbolicamente la progressiva elaborazione del lutto.
Ma i rituali sono solo dei ponti, che attraversano l’acqua che ci spaventa. Sta a noi decidere quando percorrere questa strada, valutando le nostre necessità ed aspettative . Secondo la MTC (anzi secondo Sun Si Miao, per la precisione), la capacità di aderire ai rituali, di crederci interamente, con completo abbandono, è dello spirito Yi . Il massaggio sullo Zu Tai Yin e l’agopuntura (con moxa) sul punto BL49 (yishe), aggiungendo eventualmente il punto “shu” del Meridiano di Milza-Pancreas (taibai) , può, in questi casi, essere di grande utilità ed appoggio.
“Quando la morte bussò alla mia porta
la pregai in ginocchio di non entrare,
ma lei entrò, senza esitare.
altre volte io venni in questa casa
– disse – e sempre mi accogliesti.
Venni vestita di verde,
cosparsi di fiori il tuo glicine,
profumai il tuo giardino, lo bagnai di rugiada,
mi chiamasti natura.
Venni vestita di bianco,
feci brillare i tuoi occhi,
sorridere tua moglie e i tuoi figli,
mi chiamasti letizia.
Venni vestita di rosso,
tremò il tuo cuore, pregasti,
qualcuno andò via, altri ti dissero
parole buone, mi chiamasti dolore.
Venni di luce vestita
e ti sentisti più vivo, più vero,
ti sembrò ogni cosa più cara,
mi chiamasti amore.
Ora, perchè mi vedi di nero vestita
credi che io spezzi, interrompa,
mi credi nemica di ciò che tu ami.
no, non guardare il vestito.
Non parlai, lei prese per mano
la mia sposa e si avviò.
allora gridai – qual è il tuo nome? –
rispose la morte di nero vestita:
– il mio nome è uno solo, sono la vita.”
Italo Nostromo