Cronaca del XVI° Seminario di Cinematerapia

Tornando a casa dopo aver frequentato il Seminario di Cinematerapia, le sensazioni e le emozioni sono ancora così vive e forti che faccio tutto il viaggio in macchina nel silenzio assoluto, senza radio, cercando di fissare e, quasi, di continuare ad inebriarmi di tutte la bellezza che insieme ogni volta creiamo. Penso anche spesso a quanto tempo ci è voluto per decidere di iniziare a scoprirmi, di iniziare quello splendido viaggio verso la conoscenza di me stessa. Penso, sorridendo ad un esempio che chiarisce quello che scattava dentro di me. Vivo a Roma da sempre e volendo potrei raggiungere il centro in trenta, quaranta minuti di macchina, eppure quante cose non conosco della mia città? Quanti capolavori non ho ancora visto? Ci sono persone che partono dall’altra parte del mondo per poter visitare la Cappella Sistina, le sculture del Canova, la Pietà di Michelangelo, le gallerie d’arte .. io ci potrei andare ogni giorno, ma non lo faccio. Perché? Perché penso che ci abito, che ce le ho così vicine da poterci andare quando voglio, che è la mia città e che se non è oggi, sarà domani, tanto sta lì, è vicina.

. e poi il tempo è sempre poco, andare in centro è faticoso, il traffico, il parcheggio, il caos … e intanto il tempo passa. Sono convinta che questo è lo stesso meccanismo che usiamo quando qualcuno ci propone di investire del tempo per noi stessi, per conoscerci meglio, per capirci profondamente. Non è mai il momento giusto, c’e sempre qualcos’altro da fare o qualcuno per cui rinunciare e poi, io sono io ..mi conosco.., ho altre mille cose più importanti da fare e… che altro devo sapere di me? Ora so bene che continuando a fare così , non solo non è possibile scoprire le proprie bellezze, i propri capolavori interiori ma anzi, ci si focalizza purtroppo solo sulle mancanze, sui dolori, sulle sfortune, su tutti quei lati negativi che chissà perché appaiono sempre più nitidi di quelli positivi. Proprio su questi temi verteva il sedicesimo Seminario di Cinematerapia che si è svolto il 31 marzo e il 1 aprile con il titolo “Il bagaglio della vita e la valigia dei sogni”. Il seminario si è aperto con la visone di un film “Together with you” di Chen Kaige che racconta il percorso interiore di Xiao Chun, un ragazzo tredicenne con un grande talento come suonatore di violino e delle vicende che lo faranno diventare un artista nella musica e nella vita.

Nel film è chiaro quanto sia tormentato il percorso per riuscire a darci un valore, un’anima e che ognuno di noi ha un bagaglio di vita pieno di cose buone e meno buone, pieno di lati positivi e negativi, di gioie ma anche di profonde sofferenze. Il protagonista è un bambino che a pochi mesi dalla sua nascita è stato abbandonato e al quale la vita ha, quindi, dato da subito un forte dolore, ma la stessa vita gli ha donato un incredibile talento musicale e dipende solo da lui, da quanto darà ascolto al padre adottivo. Quest’ultimo lo alleva con amore, lo aiuta e simbolicamente rappresenta la forza interiore, il nostro Sé, la nostra parte autentica che se ascoltata ci permette di affrontare il dolore, superarlo, e focalizzarci sui doni che abbiamo ricevuto dalla vita e che sono parte fondamentale di quel bagaglio che possiamo trasformare in “valigia dei sogni”. Le scelte a cui la vita ci chiama sono due: fare le vittime, vendicarci con la volontà omicida e suicida oppure accogliere i nostri dolori, conoscere noi stessi e i nostri preziosi doni e d esserne grati. Questi sono proprio i temi trattati dopo la visione del film, quando dividendoci in due gruppi di lavoro abbiamo esaminato quanto sia facile ma distruttivo cadere preda del vittimismo, della distruttività, dell’aggressività, dell’arroganza e invece quanto la presa di coscienza dei nostri talenti, dei capolavori della nostra anima e la gratitudine verso la vita siano l’unica strada verso la realizzazione di noi stessi e anche di chi ci sta vicino.

Dopo cena, poi, ci siamo dilettati con la realizzazione di lavori creativi che i gruppi di Antropologia Personalistica Esistenziale hanno realizzato. Sono lavori fortemente simbolici che hanno dietro una faticosa “opera” di trasformazione interiore ed anche organizzativa, che richiedono a chi li realizza un grande impegno, ampiamente ripagato però dal valore e dall’insegnamento che in tutte le fasi se ne trae. La mattina seguente abbiamo ripreso focalizzandoci sui sogni, e realizzando quello che tecnicamente si chiama “Laboratorio sui Sogni”, ovvero la rappresentazione di un sogno scelto fra quelli proposti. I lavori nella fase finale del seminario sono tutti creativi, ricchi di simboli e anche di allegria. Abbiamo anche messo in scena i tranelli quotidiani in cui cadiamo auto-commiserandoci o aggredendo gli altri o noi stessi e vi assicuro che sono venute fuori delle scenette così divertenti che sembrava di essere a Zelig.

Tornati seri, si è simbolizzato la scelta di affidarci. Chiudendo gli occhi ciascuno di noi si è affidato ciecamente ad un’altra persona di cui non conosceva l’identità e afferrandone le mani , ci si è sfiorati fino a terminare con un lungo e caldo abbraccio nel quale ci si è scambiati vicendevolmente forza, accoglienza e affetto.

Devo dire che le parti simboliche di tutti i seminari, quelli dove con la creatività si realizzano spettacoli o ci si affida al potere del movimento e del linguaggio del corpo, tutti questi momenti non fatti di parole o di rassicurazione tramite la vista ma affidandoci agli altri sensi che di solito usiamo meno come l’olfatto, il tatto, o all’empatia fisica, sono quelli che provocano le sensazioni più forti. Quando nel giro finale ciascuno di noi parla delle proprie emozioni, si evidenzia quanto sia forte e potente questo tipo di comunicazione non verbale e quanto riesca a toccare corde che la parola razionale nemmeno sfiora. Io ci credo.. purtroppo non riesco ancora a sperimentarlo.

Per me chiudere gli occhi vuol dire non controllare, vuol dire un po’ morire. Per me i lavori simbolici sono faticosi perché presuppongono l’assenza totale di un giudice che critica ciò che fai e un linguaggio totalmente creativo che in quei momenti deve prevale sul razionale. E’ una storia lunga che parte da vissuti dolorosi, che grazie al mio percorso conosco, so da dove nasce, so che è la parte più pesante della mia valigia, il fardello che mi sbilancia, quello che rende il mio viaggio ancora faticoso, ma io non voglio e non posso sbarazzarmene … sono in cammino con il mio fardello, vado più lentamente… quando sento che il carico è troppo pesante mi fermo, osservo e godo per gli altri che sono un pezzettino più avanti di me, si voltano, mi salutano e sorridono perché sanno che.. li sto raggiungendo…

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