I sensi di colpa: un potere paradossale.
Sei capace di darti il diritto di essere felice?
Quella dei sensi di colpa è una malattia strisciante e diffusa che passa inosservata. Mentre l’attenzione generale è diretta giustamente verso le grandi epidemie e le malattie mortali, non trascorre giorno che ogni singola persona non abbia a che fare con i propri sensi di colpa. Non uccidono come l’AIDS o come il tumore, e la loro pericolosità si annida proprio dietro la consuetudine, l’abitudine alle mosche, alla leggerezza e alla superficialità con cui vengono considerati. Si dice che una sigaretta, da sola, non uccide. E forse è un pò questa la modalità con cui facciamo i conti con questa presenza interiore costante e onnipresente. Essi vivono dentro di noi, sembrano anche nati insieme a noi e abitano la nostra casa: anzi, la infestano. Quando poi il contagio interiore si espande incontrollato, allora ecco che ogni pensiero, ogni azione, ogni barlume di luce viene immediatamente sporcato, inquinato dalla presenza di un senso di colpa. E’ un congegno sempre attivo, quello che sforna i sensi di colpa, una macchina infuocata che scodella 24 ore su 24 sensi di colpa sempre caldi e pronti all’uso: per ogni uso, qualsiasi.
E quando propongo a qualcuno di spegnere finalmente quel diabolico motore, improvvisamente vengono fuori mille ragioni per cui non sarebbe opportuno farlo. Il senso di giustizia, il proprio spirito critico, l’aderenza alla realtà dei fatti, la capacità di ragionare, di valutare, di ponderare. Tutti elementi che, apparentemente, sono minacciati dall’eventuale eradicamento dei sensi di colpa. Sembra quasi che essi abbiano una propria ragion d’essere, un motivo reale per cui ci sono, e ci devono essere. Pena? Qualche altro senso di colpa, naturalmente! Il potere più grande dei sensi di colpa è la strenua difesa che noi stessi ne facciamo. La loro straordinaria potenza deriva dal credito e dalla sensatezza che noi gli attribuiamo. Le nostre arringhe difensive sono quanto di più sublime, articolato e superbo ragionamento possa essere fatto da un qualsiasi appassionato avvocato difensore. Inattaccabili. Fateci caso: c’è per caso un vostro senso di colpa che non si presenti forse con una veste di ragionamento valido e condivisibile? Non sono forse assolutamente razionali, coerenti, scientificamente sistematici e incontrovertibili? Chi mai oserebbe mettere in dubbio la ragionevolezza di un proprio senso di colpa? Giammai! Hanno sempre ragione loro. Per quanto li odiamo, in fondo poi siamo noi stessi che li difendiamo. Li proteggiamo e ci guardiamo bene dallo svelare il vero segreto del senso di colpa. Il vero segreto non è quello che dicono, ma quello che fanno. Non è tanto importante il messaggio, ma il meta-messaggio: farci stare male.
Ne abbiamo davvero bisogno?
Eppure – paradossalmente – sembra che ne abbiamo bisogno per vivere. Siamo come il paguro e l’anemone di mare: in simbiosi perfetta. Noi offriamo al senso di colpa una casa dove vivere, e il senso di colpa in cambio ci offre – gratis! – un senso di correttezza, di giustizia, di bontà alla nostra esistenza. Non c’è alcun negoziato su questo. La felicità è quindi lo spazio che rimane dopo che abbiamo tolto tutto il resto. Tutto quello che i sensi di colpa non ci permettono di fare. L’area residua è il nostro spazio per vivere felici. E alla fine della nostra parabola, riconoscenti e colmi di gratitudine per le finestrelle d’aria concessaci, facciamo in modo che il senso di colpa si possa riprodurre dentro i nostri figli. E il ciclo possa nuovamente ricominciare. All’infinito. Sembrebbe la storia dei batteri probiotici, quelli necessari per digerire bene, che dal latte della madre passano all’intestino del bambino e via via – attraverso le generazioni – agli individui che verranno per consentirgli un adeguato processo digestivo. E invece sono solo sensi di colpa.
Chi ha il coraggio di spezzare questa catena? Chi ha il coraggio di liberarsi da quest’infezione contagiosa? Chi ha il coraggio di affrontare quel senso di colpa che gli intima di considerare queste affermazioni come illusorie, false e pericolose? Proviamo a formulare un’ipotesi: e se la felicità non fosse soltanto lo spazio residuo, rimasto intatto dalla corrosione dei sensi di colpa? E se quello spazio fosse invece soltanto un porticciolo dalle acque artificialmente tranquille? Mentre la vera navigazione in mare aperto fosse altrove? Chi ha il coraggio di alzare veramente le vele per raccogliere il vento dell’oceano? Le acque del porto sono tranquille, e sono davvero molte le persone che, rimanendo tutta la vita a far manovra, raccontano a se stesse invece di aver attraversato i sette mari in lungo e in largo.
E per spezzare una catena ci vuole un punto fisso, un ancoraggio fermo e solido su cui fare leva, scardinare e mandare all’aria i sensi di colpa. Non è un miracolo e neppure un atto di magia. Ma un lento, paziente processo di consolidamento interiore. Quando i sensi di colpa trovano la casa vuota e sono liberi di fare ciò che desiderano, dobbiamo saperci assumere la responsabilità di non aver protetto adeguatamente la nostra casa. Per difenderla dagli attacchi, dobbiamo saper costruire un reale amore per noi stessi, un riconoscimento dei nostri pregi, dei nostri talenti, delle nostre qualità e delle nostre potenzialità ancora non espresse. Tuttavia ci sono delle difficoltà a costruire un reale amore per noi stessi. Quali difficoltà? Ma i sensi di colpa ovviamente. Vi faccio un breve elenco: “se ami te stesso sei un egoista”, “sei un presuntuoso”, “sei un vanesio narcisista”, “sei un illuso, fatti furbo!”, ecc. Naturalmente questa è solo una sintesi. Ognuno di voi può divertirsi a personalizzarla ed ampliarla con le proprie specifiche declinazioni colpevolizzanti. La malattia gravissima di cui tutti soffriamo è la mancanza di amore per noi stessi. E più noi siamo malati (senza saperlo), più gli altri possono approfittarsi di questa nostra fragilità, dicendoci il partito da votare, il dio da adorare, la squadra da tifare. Per quali vantaggi? Per il temporaneo sollievo e la momentanea sospensione della tortura dei sensi di colpa.
Siamo pieni di doni
Al contrario, più riusciamo a sentire che dentro di noi la casa non è vuota, ma piena di doni, di bellezza, di inclinazioni speciali, di interessi, passioni uniche e irripetibili, più allora la casa è difesa. Ma ci vuole amore: amore autentico per noi stessi, senza criticismi, senza false ipocrisie, senza pudori, senza … sensi di colpa. Ci vuole un grandissimo amore per se stessi per avere il coraggio di affermare, ad esempio: “Ho il diritto di stabilire le mie priorità”. E poi quanto amore ci vuole per affermare: “Ho il diritto di cambiare idea, di essere trattato con dignità e rispetto, ho il diritto di sbagliare e di non essere perfetto, di esprimere paura, di dire ‘non lo so!’, di essere allegro”. Ma queste sono solo l’antipasto (tenetevi forte): quanto amore per se stessi ci vuole per affermare seriamente: “ho il diritto di essere felice!”. Si! Ho il diritto di essere felice! Me lo devo saper guadagnare, ma ho il diritto di essere felice! Il diritto di essere felice…
Se qualcuno pensa che questo sia un amore che si può generare con un unico atto, è in grave errore e si scoraggerà presto. Questo è un amore che va somministrato quotidianamente, pazientemente, combattendo lo sconforto e la perniciosità dei sensi di colpa che trovano sempre una crepa da cui infilarsi e dove annidarsi per riprendere la battaglia. La guerra si vince togliendo terreno ai sensi di colpa, guadagnandosi, metro dopo metro, una finestra di felicità sempre più ampia, estendendo sempre di più lo spazio interiore dell’amore per noi stessi. È un combattimento di trincea.
Non vi ho fatto venire almeno un senso di colpa? Neanche uno piccolo piccolo? Bè, occhio! Allora rischiate di essere davvero sulla strada giusta….