O fai la Vittima o fai l’Artista della vita
“Sappiate che l’Anima è del Signore, ma il vostro culo appartiene a me! Benvenuti a Shawshank!!”, esordiva l’ambiguo Samuel Norton con i nuovi arrivati al carcere, nel film “Le Ali della Libertà” (1994, F. Darabond). Ed è un po’ così che, talvolta, può capitare di sentirci: quando le aspirazioni ideali volano alte ed iperboliche, mentre ci accorgiamo poi di combattere contro una serie di complessi intrecci, fitti reticoli, trame labirintiche e macchinosi ricami. La lentezza della materia, la durezza della quotidianità sembra condannare l’anima ad un volo pesante ed opprimente, ad un confronto continuo ed estenuante. Quasi che l’anima stessa esigesse una dedizione continua, una fede conquistata punto su punto, centimetro per centimetro, senza sconti e senza condoni.
È difficile e doloroso. Stiamo a volte anni, intrappolati nei nostri se …, ma …., non posso…., non sono bravo …, non sono capace…, ho paura! Siamo imprigionati nelle nostre antiche ferite di rifiuto e di non-riconoscimento. E il dolore e il malessere ci imprigionano e strangolano la nostra vita. A volte dobbiamo affrontare una forte emotività che ci impedisce di fare ciò che ci fa bene attraverso la paura e gli attacchi di panico.
A volte siamo rigidamente incapsulati dentro la passività e la razionalità che ci avvelena il cuore e l’anima. Viaggiamo per anni ai margini del vulcano del dolore e rischiamo di cadere dentro, di farci inghiottire: soltanto perché non abbiamo speranza o perché è troppo dura e difficile. La lotta interna è importante certo: i mostri che si materializzano sono tanti, e ci troviamo spesso in una guerra quotidiana, dove i pensieri distruttivi vogliono prendere il sopravvento e distruggere le nostre capacità, la loro piena espressione e quindi il nostro benessere e la nostra ricerca della felicità. Accogliere il dolore è difficile, ma è il modo più sano che possiamo utilizzare per crescere. La decisione è ciò che possiamo attivare. Il perdono è la chiave principale per iniziare un processo di trasformazione della negazione al riconoscimento e all’amore per noi stessi. Quanti anni abbiamo passato a soffrire a vuoto? Persi nel vuoto cosmico del nostro dolore? E allora perché ci spaventiamo del tempo necessario di un percorso di crescita? Un necessario percorso interiore di dialogo con i nostri mostri e di sopravvento di decisioni nuove.
Mentre arranco sul bordo del mio vulcano interiore, preda degli attacchi di panico, preda della paura, della rabbia, preda del cinismo e della mancanza di speranza, posso decidere, ho la libertà di decidere se farmi inghiottire oppure diventare una Persona nuova. Quale delle due possibilità è esente dal dolore? Nessuna! Entrambe le vie richiedono l’incontro con il dolore: ma mentre una lo fa esplodere, l’altra lo trasforma e lo trasfigura in carburante per i miei progetti. Ciò che è importante è che qualsiasi sia la natura della lotta interiore, alla fine prenda il sopravvento una decisione di amore, progettuale, che esprima e riscatti la nostra identità autentica, indicata dal nostro Sé personale. Non importa se una parte di noi ha paura e si sente imprigionata, oppure non ha speranza. L’importante è la direzione che scegliamo. E se questa direzione è una strada di crescita, di amore e realizzazione, allora, costi quel che costi! Quando siamo nel Falso Sé, spesso costruiamo una personalità molto organizzata, coerente, funzionante e socialmente accettabile. E non è facile scorgerla, osservarla nella propria natura illusoria e artificiale. Non è facile neppure abbandonarla, perché è stata il nostro habitus mentale per moltissimi anni.
Ma spesso questa organizzazione viene messa in crisi da qualche evento interno o esterno. In altre parole, il Sé interviene costantemente nella nostra vita. La crisi può avvenire per motivi esterni a noi, per esempio ad opera di un partner che ci indica un disagio di coppia, oppure per una separazione. Oppure può arrivare per motivi interni: una malattia del corpo o dello spirito. A quel punto abbiamo due strade: o sentiamo questi avvenimenti come esterni alla nostra volontà, e quindi li subiamo come vittime. Oppure li sentiamo come spinte di crescita e riconosciamo il nostro potere di cambiare e di agire all’interno di questi fatti. Attenzione! Non è importante il risultato, ma è importante la trasformazione di noi stessi che senza di queste spinte non faremmo probabilmente mai. Buon lavoro!
Estratto dal Materiale Didattico del XX° Seminario Creativo di Cinematerapia – 20 e 21 giugno 2009, Roma.
Per informazioni sul XX° Seminario del 20 e 21 giugno, IL POTERE CHE E’ IN TE