il perdono

Il Perdono

La benedizione dell’Amore

Qualche giorno fa’, leggendo l’ultima pubblicazione di Neale Donald Walsch (autore di Conversazioni con Dio) mi ha colpita una frase che, in inglese é un gioco di parole molto istruttivo : « Life is not for getting, life is for giving » La vita non é « per prendere » ; la vita é « per dare » e già di per sé questo é un ottimo insegnamento che puo’ rendere la nostra esistenza molto piu’ naturale e semplice. Il gioco di parole consiste nello scrivere la frase inglese diversamente : « Life is not « forgetting », life is « forgiving » La vita non é « dimenticare », la vita é « perdonare ». Trovo questa semplicissima affermazioni di una forza assoluta. Talvolta il percorso del perdono viene travisato da una tradizione giudaico cristiana che potrebbe sottointendere la passività e l’arresa assoluta. A mio avviso non é assolutamente il caso. Vorrei guardare « il perdono » da vari punti di vista e provare ad esplicarli per iscritto affiché diventino ancora piu’ chiari soprattutto per me stessa, e mi auguro che siano fonte di riflessione anche per voi.

Comnciamo con una semplice domanda. Perché il perdono ? Perché scelgo di essere libera e in pace. Infatti, nessuno di noi puo’ dimenticare il passato e cio’ che ha vissuto. Abbiamo tutti delle ferite piu’ o meno profonde che appartengono allo « ieri » della nostra vita e non é possibile dimenticarle, sono iscritte nella nostra carne ; magari sono rimarginate, ma le cicatrici sono ancora là e basta un nulla di « oggi » per rilanciare i dolori e le sofferenze dei tempi andati. Abbiamo tutti il diritto di ricordare cio’ che abbiamo patito e i sentimenti che ci hanno abitato nei momenti salienti di quel vissuto doloroso, ma oggi abbiamo anche la possibilità di scegliere. Se voglio, oggi, scelgo di non permettere piu’ a quegli avvenimenti e a quei sentimenti di presentarsi a me per « guastare » la mia vita presente. Se voglio, oggi, scelgo quindi di guardare quel passato con altri occhi, cambio gli occhiali se cosi’ mi posso esprimere e attraverso le nuove lenti « del perdono » quel passato cambia non solo colore, ma addirittura « sapore » nel mio cuore. Scelgo di « liberarmi » . I sentimenti di rancore, odio, risentimento che nutro ancora oggi per degli avvenimenti passati e mi tengono in effetti prigioniera e con me imprigionano nel mio vissuto presente tutte le persone coinvolte in quel passato.

Il perdono ci libera entrambi. Posso, al contrario, scegliere di mantenere aperte le ferite, continuando a nutrire sentimenti di risentimento, di collera, di odio, per le situazioni e/o le persone del mio passato che « mi hanno fatto soffrire » ; allora sottoscrivo la condanna, per entrambi, ad una ripetizione eterna di quelle sofferenze e questo potrebbe essere il vero senso dell’inferno in questa vita. Se guardiamo il perdono da un’altra prospettiva possiamo renderci conto che spesso cadiamo nella trappola del nostro ego e vediamo « l’altro colpevole » di co’ che ci accade. Prima osservazione : nessuno é responsabile di cio’ che mi accade. Mio marito scappa con la bionda segretaria, dopo aver svuotato il conto in banca ; oppure mia moglie sparisce con il suo coach di tennis lasciandomi due bambini a cui badare : generalmente, la reazione dell’abbandonato/a é « non glielo perdonero’ mai ! ». I tribunali risuonano un po’ dovunque nel mondo delle reciproche accuse di coniugi in fase di separazione, soci d’affari con visioni di « profitto » differenti, fratelli e sorelle in disputa per l’eredità familaire. Ognuno é convinto di essere nel giusto ed avere ragione : l’altro ha torto, é in malafede e, in qualche modo « deve essere messo in grado di non nuocere ».

Pur ammettendo che le azioni di cui parliamo possano essere giudicate (!!!???) riprovevoli, il modo con cui io le ricevo e le vivo dipende unicamente da me. Il mio partner ha tutto il diritto di essersi stancato, di non volermene parlare, di innamorarsi o infatuarsi (come direbbe l’abbandonato/a) di un altro/a e non ha alcuna responsabilità di cio’ che io sento nei confronti della sua azione. E’ a me che incombe il « dovere » di domandarmi perché tutto questo accada proprio a me, quale é il significato di questi avvenimenti nella mia vita. Sono queste le domande importanti. Solo le risposte a queste indagini interiori possono aiutarci a evolvere e crescere veramente. Se prendiamo in considerazione una certa filosofia (che condivido pienamente) secondo cui l’Essere Umano é, di base, buono e quindi non puo’ agire male volutamente, é piu’ semplice comprendere che il mio partner, allorché mi lascia, sta rispondendo ad un suo bisogno e non ha alcuna coscienza delle conseguenze del suo atto sugli altri. « Padre, perdona loro perché non sanno cio’ che fanno » é l’esclamazione di Gesù per coloro che l’hanno crocefisso.

A noi quindi sta di « perdonare » la persona mantenendo il diritto di considerare « l’atto » riprovevole o discutibile Ad ogni istante, ciascuno di noi, é intento ad essere o a fare « al meglio » quanto il suo livello di coscienza gli permette. Se accettiamo questo paradigma, come possiamo non perdonare ? Siamo troppo spesso pronti a « giudicare » l’altro, senza avere cognizione di causa delle motivazioni profonde che possono averlo condotto a quell’atto « riprovevole ». Dimentichiamo troppo spesso, quando proprio non lo vediamo, l’aspetto spirituale delle nostre vite. Non siamo qui per caso, niente avviene per caso, e le nostre relazioni non nascono per caso. Tutto ha un senso nel quadro immenso della Vita Universale. In questo quadro colui che riteniamo colpevole é cocreatore con noi di una esperienza evolutiva e benefica per entrambi. « Il cattivo » della situazione ci permette, se scegliamo la strada del cuore, di mostrare al mondo tutta la nostra bontà, attraverso il perdono. E se scegliamo questa soluzione, non é logico ringraziare « il cattivo » che ci permette di mostrare la nostra bontà ? Nelle tradizioni orientali, siamo esortati ad amare e ringraziare coloro che piu’ ci disturbano, ci inquietano, ci mettono alla prova : attraverso loro ritroviamo la nostra vera Essenza !

Recentemente, in Francia, ma anche in Italia ed in altri paesi europei, sta nascendo quella che viene chiamata « la giustizia riparatrice ». Con il sostegno ed alla presenza di assistenti sociali e/o psicologi e personale specializzato, si propone e si organizza l’incontro tra un condannato e la vittima o la famiglia della vittima, affinché possano « parlarsi ». Una prima tappa, strutturata, per costruire insieme la riconciliazione : il pentimento e le scuse da parte del condannato per l’atto compiuto, potranno incrociarsi con il perdono da parte della vittima. Ho comunque già avuto modo di vedere una madre che, intervistata all’uscita del tribunale dopo che l’aggressore di sua figlia era stato condannato, ha detto « Lo perdono perché senza dubbio non era consapevole di cio’ che faceva e sono certa che mia figlia farebbe altrettanto ! »

Un ultimo aspetto, non negligiabile, su cui vorrei fermarmi brevemente é l’apetto « terapeutico » del perdono. Il risentimento, la collera, l’odio « ci rodono » dentro non solo in senso figurato. Manifestazioni patologiche del fegato, del cuore e della cistifellea possono avere come causa psicologica primaria il « rimuginare » vecchie storie, vecchi rancori. Non sono rari i casi di remissione di queste patologie in seguito ad un lavoro interiore di recupero del proprio passato e di « perdono » per le persone coinvolte. Vorrei chiudere queste dissertazioni, lasciandovi una preghiera polinesiana, la cui forza é stata provata, se mai ce ne fosse stato bisogno, in occasione del recente disastro nucleare in Giappone. Con questa preghiera, le acque contaminate sono ridiventate potabili ed utilizzabili. La notizia ha circolato su Internet.

La preghiera HO oponopono ha 4 momenti e puo’ applicarsi in tutte le circostanze, ivi compresi noi stessi, il nostro passato e le nostre sofferenze di ieri e di oggi.

1, MI DISPIACE – Con questa affermazione, riconosciamo la nostra implicazione in tutto cio’ che avviene nel mondo. Se siamo UNA sola cosa, cio’ che accade a te che sei in Sud Africa o in Finlandia o non importa dove, é in parte anche una mia responsabilità. Ho una parte di responsabilità in tutto cio’ che avviene.
2, TI CHIEDO PERDONO – Se riconosco la mia parte di responsabilità, la prima cosa che voglio chiedere é il perdono da parte della persona o della situazione che sto prendendo in considerazione.
3, TI VOGLIO BENE – TI AMO (come preferite) Al di là di cio’ che accade e della mia responsabilità, affermo l’amore che ci lega e che niente puo’ modificare.
4, TI RINGRAZIO – La gratitudine é l’acqua della vita dell’Universo. La gratitudine mi permette di riconoscere il mio ruolo ed il tuo nel quadro della vita ed accettare che tutto é perfetto, per tutti, sempre.

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