Il collega: un ostacolo o un’opportunità?

Cosmo-Art e lavoro

 

Il collega: un ostacolo o un’opportunità? Scopriamolo insieme.

E’ una realtà e una consapevolezza ormai ben nota a tutti: spesso i nostri colleghi ci danno del vero e proprio filo da torcere. Ma vogliamo vedere i nostri colleghi come degli ostacoli che bloccano il cammino o come delle opportunità per crescere ed evolvere?

Oggi nel XXI° viviamo in un contesto lavorativo che non è più quello di una volta, raccontato con enfasi ed orgoglio dai nostri nonni o dai nostri genitori. Al giorno d’oggi ci troviamo a doverci barcamenare in una vera e propria giungla di interessi in cui la spregiudicatezza e il “mors tua vita mea” sono realmente i protagonisti indiscussi.

Siamo immersi all’interno di una bolla distaccata dal contatto profondo con la realtà in cui il nostro unico obiettivo è emergere, far vedere che siamo i più bravi e i più intelligenti, i più fighi, i più “skillati”, quelli perfetti e sempre sul pezzo. Non ci interessiamo minimamente di chi abbiamo intorno. Vogliamo solo una cosa: primeggiare su tutto e tutti e sentirci onnipotenti, spesso più forti e grandi della stessa vita.

Alimentiamo perciò costantemente dentro di noi una fame non sana che non ci fa per niente bene, una fame effimera priva di senso, lontana anni luce dalla nostra essenza più profonda. Con questo non voglio dire che l’ambiente di lavoro sia facile, sia tutto rose e fiori e che vada sempre tutto a gonfie vele.

Questa sarebbe una grande menzogna da esprimere e a cui credere. E’ chiaro: il lavoro è fatto di stress, di continue sfide, di innumerevoli richieste su richieste, di scadenza date per “ieri”, di pretese dall’alto e di colleghi che proprio non sopportiamo. Il vero asso nella manica e ciò che fa la differenza è come noi ci posizioniamo nei confronti di questa realtà. Con quali occhi decidiamo di guardare?

Il collega: il nostro desiderio di onnipotenza

Dal punto di vista antropologico ed esistenziale il lavoro rappresenta simbolicamente la Madre, una sorta di utero sufficientemente buono che ci nutre e che ci permette di vivere. Quando quest’utero da donativo e creativo diviene castrante o giudicante, l’ambiente di lavoro si trasforma in una vera e propria prigione interiore ed esteriore in cui le proiezioni galoppano nel flusso tortuoso ed ingestibile della quotidianità.

Soggiogati e trasportati da questi sentimenti ci rechiamo in ufficio forzatamente, sempre svogliati, con la frenesia di tornare a casa, costantemente nella posizione limitante del “ma chi me l’ha fatto fare?”. Tutto ciò inquina non solo la nostra quotidianità ma anche la nostra anima e la nostra intera vita. Non ci sentiamo riconosciuti, mai appagati, sempre in competizione con gli altri. Vediamo il mondo intero come un nemico da combattere, figuriamoci come possiamo vedere i nostri colleghi che spesse volte partecipano con noi al “quartetto delle lamentele”.

Tendiamo a vedere gli altri come dei capri espiatori, portiamo il “problema” sempre all’infuori di noi e iniziamo duelli all’ultimo sangue in un nome di un riconoscimento effimero e di un bisogno spasmodico di vedere realizzarsi tutte le nostre pretese. E quando le nostre pretese megalomane vengono disattese siamo pronti a fare fuoco e fiamme non curandoci minimamente di chi abbiamo intorno, falciando senza batter ciglio qualunque cosa incontri il nostro cammino. Questo ovviamente è un modo molto distruttivo di vivere le relazioni con gli altri e più in generale la vita stessa. E’ un modo di vivere la vita come furto e non come dono. 

Il collega: insieme nella cordata

Perché quel collega ci infastidisce così tanto? Varie le motivazioni che possono celarsi dietro questa domanda, tuttavia la maggior parte delle volte la risposta è semplicemente una: l’altro ci fa da specchio. Quando un altro diverso da noi ci fa da specchio significa che ci rimanda delle parti, che probabilmente ci appartengono, che ci stanno scomode, che non ci piacciono e che facciamo davvero tanta fatica ad accettare. Sono quelle parti su cui dobbiamo assolutamente lavorare e trasformare se vogliamo vivere autenticamente la nostra progettualità più profonda.

Avere questa consapevolezza ci aiuta su più fronti. Da un lato ci permette di risolvere l’eventuale problema lavorativo con il nostro collega. Dall’altro ci aiuta a guardare autenticamente dentro noi stessi e renderci disponibili al miglioramento e al cambiamento. Decidere di migliorarsi è una leva fondamentale per lo sviluppo dell’essere umano. La nostra crescita infatti prende linfa vitale dalla decisione di voler cambiare e di aprirci a nuove opportunità di bellezza. 

Una briciola di volontà pesa più di un quintale di giudizio e persuasione

Arthur Schopenhauer

Riconoscere con grande autenticità che il “problema” non è più esterno bensì dentro di noi, ci aiuta a lavorare sulle nostre fragilità, a metterci in discussione e vedere anche l’altro per ciò che è realmente: un essere umano con delle grandi fragilità. Ovviamente nulla di tutto ciò è realizzabile senza dover necessariamente contattare il dolore. Un dolore che ci fa prendere coscienza che dobbiamo cambiare ed attuare delle rivoluzioni per migliorare la nostra vita. Un dolore che se trasformato e usato per creare può farci contattare innumerevoli opportunità di bellezza.

Quindi l’altro non è un nemico da combattere bensì un alleato con il quale fare squadra e lavorare insieme per un unico obiettivo. Un compagno con il quale condividere focus lavorativi e crescere insieme all’interno dell’azienda. Un collega con il quale sostenersi nei momenti di difficoltà e di crisi. Così come i compagni in cordata cooperano per raggiungere sani e salvi la vetta prefissa, anche noi in ufficio possiamo immaginare di fare lo stesso e di essere di supporto gli uni per gli altri specialmente nei momenti di difficoltà. Possiamo gioire dei nostri successi e di quelli raggiunti insieme ai nostri colleghi. 

E’ la decisione a fare la differenza: non vogliamo vedere più i nostri colleghi come degli ostacoli o dei nemici bensì come dei tesori che arricchiscono la nostra quotidianità e la nostra storia lavorativa. Anche in caso di conflitti, ripercussioni, incomprensioni, ciò che è davvero importante è fare in modo che non siano stati vani. Dobbiamo imparare qualcosa e per questo sentirci grati. Essere grati per tutto ciò che abbiamo anche se imperfetto è la chiave per una vita densa, piena di senso e profondamente ricca. Significa suggellare un patto di amore con il nostro Sé e vivere la nostra Vita nella bellezza e nella pienezza.

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