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Donna e maternità: identità e potere femminile

Sin dalla notte dei tempi il termine, nonché il concetto stesso di donna, sono stati sinonimo di madre. Donna, vale a dire madre dell’intera umanità! L’identità primaria a lei attribuita dalla società laica, dalla chiesa e dalla famiglia stessa è stata infatti, per lo più e indipendentemente dal contesto storico-culturale, quella di madre amorevole. La facoltà di procreare, assegnatale dalla natura, la facoltà di dare la vita, di mettere al mondo un altro essere umano, dopo averlo nutrito  e fatto crescere dentro di sé, ha dotato la donna di uno sconfinato potere, rendendola in qualche modo simile a Dio. Donna è infatti colei che dona la vita. Donna è colei che crea. Secondo questo paradigma, che considera donna e maternità due concetti totalmente sovrapponibili e indifferenziati, il principale potere riconosciuto alla donna sembrerebbe legato alla sua capacità di generare nuova vita. Cosa ne è dunque della percezione che la donna ha della propria identità, nei più disparati casi in cui questa non diventa madre biologica? Se la società e la cultura, nelle quali sono cresciuta, suggeriscono che essere donna significa principalmente essere madre; e se questa convinzione è profondamente e silenziosamente radicata in me e in chi mi sta attorno, essere donna senza figli potrebbe equivalere ad essere sprovvista di qualsivoglia potere, a non esistere agli occhi miei e del mondo intero. Questo è tanto vero, che una grande percentuale di donne non si è probabilmente neanche mai interrogata rispetto al proprio desiderio di diventare madre, considerando profondamente la maternità La missione assegnatale dalla vita stessa. Molto spesso diventare madre può aver rappresentato per la donna la possibilità di soddisfare un proprio bisogno, di sanare un vuoto affettivo, la possibilità di trovare il proprio posto nel mondo. Molte donne nei secoli si sono appagate della loro identità di madri, talora anche a scapito della propria realizzazione come persone; in alcuni casi persino delegando ai propri figli il compito di realizzare per loro conto desideri, progetti, ambizioni, rimasti inespressi.

Essere donna e basta

All’interno di un simile scenario culturale, dove non sembra esserci alternativa possibile al binomio donna e maternità, quale dialogo interiore una donna, donna e basta, donna non madre biologica, può instaurare con se stessa? Non avere figli, contravvenire alla legge di natura primaria, quella della riproduzione, quando non è una libera scelta, rappresenta un’enorme ferita nella vita di una donna. Rappresenta il lutto di una progettualità personale e di coppia. Ci si può facilmente ritrovare a sentirsi inutili, impotenti, persino menomate: in una parola vittime. Vittime della Vita che priva la donna, e naturalmente la coppia, di una bellezza sconfinata; vittime di una Vita matrigna, che osa negare l’associazione dei concetti di donna e maternità. La sensazione di fallimento, di frustrazione di una progettualità tanto importante come quella della genitorialità, può esser tale da minare il benessere e l’autostima. Eppure proprio una ferita così profonda può dare il là ad una gestazione speciale, ad una maternità spirituale, ad un progetto ambizioso: dare alla luce se stessi. Quel dolore così acuto, quel secco no della Vita può aprire il varco ad una crescita personale, che magari non si sarebbe avviata in caso di nascita di uno o più figli.

Riconcepire se stessa

L’impotenza contattata chiede di essere trasformata, preme affinché la persona possa sviluppare il “potere di” riconcepire se stessa, il potere di amarsi e perdonarsi. Come? Modificando il proprio modo di pensare, a partire dalla percezione che ha di se stessa. Cambiando i pensieri limitanti, che la incasellano in un’identità sacra e predeterminata, è possibile per ogni donna creare un nuovo mondo interiore. In quel nuovo mondo essere madre significa creare e ricreare se stessa, tutte le volte che la Vita bussa forte alla nostra porta per dirci che c’è qualcosa di noi, che non ci serve più e dobbiamo lasciare andare, e che c’è una nuova identità funzionale alla nostra crescita, che dobbiamo acquisire. In quel nuovo mondo una donna diventa madre, quando si assume totalmente la responsabilità della propria vita e della propria evoluzione. In quel mondo lì una donna diventa madre, quando comprende e accetta che il vuoto esistenziale, che talora contatta, spesso direttamente proporzionale alla grandezza della sua fertilità spirituale, possa e debba essere riempito con l’amore per se stessa, piuttosto che dal di fuori. La maternità è un concetto ampio, legato alla creatività, all’accoglienza, alla cura; elementi che travalicano la mera maternità biologica. Riconoscere dentro di sé l’esistenza di tali caratteristiche e decidere di assumerle profondamente e agirle nella propria vita, significa accogliere la maternità di un nuovo paradigma di pensiero; significa accogliere la gestazione di una rivoluzione interiore.

Ogni donna può scegliere

Concretamente, per poter stare meglio e rispettarsi, occorre liberarsi dall’ossessione per cui la maternità biologica possa essere l’unico e il più alto obiettivo della propria esistenza, e lavorare assiduamente per darsi un nuovo progetto di vita. Il progetto di un figlio non è affatto l’unico progetto, che una donna può perseguire, né tanto meno necessariamente il migliore! Ogni donna, ogni essere umano è unico e porta in sé una progettualità altrettanto unica e irripetibile. Ogni donna ha la possibilità di scegliere con cosa identificarsi: può interrompere l’identificazione con la figura della Madre e decidere ad esempio di entrare profondamente e autenticamente in rapporto col maschile. Ogni donna possiede in sé il potere di scegliere da cosa lasciarsi fecondare, il potere di accogliere e sviluppare il progetto del Padre Universo. Ogni donna possiede in sé il potere di scegliere Chi diventare. Essere madre amorevole da un punto di vista esistenziale, significa riconoscersi il proprio valore personale senza condizioni. Valgo e mi amo per quella che sono; non per quella che avrei potuto o dovuto essere, in base a schemi secolari precostituiti. Riservo a me stessa la medesima accoglienza incondizionata, che avrei riservato ad un figlio biologico. Donna sì, madre amorevole certo: di me stessa e dei miei progetti! Donna e maternità: ecco allora che è possibile riconciliarsi profondamente con questo stereotipo, rivedendo e riconcependo dentro di sé il significato profondo dell’Esser Madre.

 

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12 COMMENTI

    • Grazie a te, Federica, per il generoso riconoscimento. È proprio ad ogni singola donna, che desideri vivere nella consapevolezza e nella libertà, che questo articolo è dedicato.

  1. Penso che per essere una buona madre biologica bisogna per prima cosa e soprattutto essere madri di se stesse. Solo così, generandoci e amandoci potremo amare autenticamente anche i nostri figli non considerandoli solo delle nostre appendici o strumentalizzandoli al riempimento del nostro vuoto. Grazie Claudia delle tue profonde riflessioni.

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