Come scimmie i pensieri dell’uomo saltano indisciplinati da un luogo ad un altro

Tramandato nei secoli tra yogin e yogini è l’aforisma “yoga chitta vritti nirodha” ossia “lo yoga quieta i vortici della mente”. Nonostante l’uomo tenda a identificarsi con la propria mente e i propri pensieri, la mente umana non è l’Essenza di un uomo, l’Io Sono, l’ Essere, è piuttosto un insieme di immagini, di concetti, di forme, di colori in moto perenne tra lo spazio e il tempo, che non consente ad alcuno di fermarsi su un punto per oltre qualche secondo. Ecco perché la mente e’ stata definita una scimmia impazzita dagli yogi di tutti i tempi, tutti si sono dati il compito di domarla, di non permetterle di saltare qua e là insensatamente e si sono spesi in pratiche complesse per condurla in armonia con lo spirito e potersi immergere in quell’oceano infinito chiamato Samadhi, Nirvana o Paradiso, dove il pensiero, così come noi lo conosciamo, non è ammesso. Il Guerriero Arjuna, nel testo sacro della Bhagavat Gita, ha affermato che la mente è molto instabile ed estremamente difficile da contenere e Krishna, che lo sosteneva, disse che la mente sarebbe certamente stata dominata con immensa difficoltà poichè è mutevole, tuttavia attraverso pratiche e distacco e concentrazione si può avere la meglio su di essa.

I Maestri dello Yoga sostengono che chiunque si lasci assorbire dagli smodati desideri della mente e degli organi sensoriali è come ammanettato, mentre chi da ciò è libero, è libero da ogni assoggettamento. Per i Saggi d’ Oriente l’origine e il rifugio di tutti i mali è sempre e solo la nostra mente: le ansie, i dubbi e le speranze sono paragonabili a belve feroci che escono dalle tane mentali e aggrediscono e distruggono l’ uomo. Da ciò risulta evidente che la salvezza umana non è possibile a meno che ogni uomo non impari a gestire le redini per domare la mente e le sue belve. Con la New Age, il movimento occidentale filosofico e pratico di chi aspira a vivere in sintonia coi cicli della natura e a portare alla luce sia antiche che futuristiche conoscenze, nato negli anni settanta, abbiamo cominciato a sentir parlare di “Pensiero Positivo”. Se il Ramayama ( poema epico induista) racconta di Hanumana il semidio domatore di un esercito di scimmie che i praticanti dello yoga raffigurano con Hanumanasana, la bella Asana del “Domatore delle Scimmie”, capace di disciplinare la mente, la New Age, più modestamente, ci invita a prendere coscienza della qualità del nostro pensare.

Se messo in pratica non è poco. L’emblema del moderno invito a “Pensare Positivo” è certamente la statunitense, oggi ottantenne, Louise Hay, secondo cui il “Pensiero Positivo” non è altro che l’utilizzo del potere creativo del pensiero, un potere di solito limitato da schemi ristretti e negativi imparati durante l’ infanzia. L’uomo crea le proprie esperienze attraverso i suoi pensieri, ma ne vanifica il potere creativo poiché accusa gli altri, la Hay, come gli antichi yogi, esorta a prendere coscienza del dialogo interiore negativo: non ci si accorge di averlo, anzi si è inconsapevoli di essere giudicanti, intolleranti e schiacciati da vecchi rancori e da sensi di colpa. Consiglia l’esercizio di sostituire le affermazioni negative prodotte dai flussi mentali con altrettante affermazioni positive, che per essere più incisive andrebbero dette ad alta voce e, meglio, davanti a uno specchio. Tuttavia nulla è così banale come potrebbe apparire, per prendere coscienza della negatività delle forme pensiero è indispensabile “ Stare Presenti a Se Stessi”, osservare quindi attimo per attimo il nostro pensare e le parole che spendiamo.

Il rendersi consapevoli della qualità dei pensieri è il punto di partenza indispensabile da cui prendono avvio le strade dei correttivi che scegliamo.

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