Unità Video (VDU) e Salute Umana 

Sono trascorsi 30 anni dall’introduzione nel posto di lavoro di unità video prodotte su larga scala. Questi dispositivi sono anche noti con il nome di videoterminali (VDT) e, nella maggior parte dei casi, corrispondono allo schermo dei calcolatori. La rapida proliferazione di calcolatori ha portato ad un grande aumento dell’uso di VDU, sia sul posto di lavoro che nelle abitazioni. Viene stimato che, entro il 2000, il 60% della forza lavoro nell’America del Nord userà VDU e che, a livello mondiale, saranno in servizio più di 150.000.000 unità. Cosa sono i VDU? Un VDU è essenzialmente un monitor televisivo che mostra informazioni ricevute da un calcolatore invece del segnale diffuso per la televisione. Un tipico VDU crea immagini in un grande tubo catodico (CRT), in cui è stato fatto il vuoto, inviando un fascio di elettroni ad alta energia dal catodo ad uno speciale schermo di vetro rivestito di una sostanza fosforescente. Questo rivestimento emette luce quando viene colpito dagli elettroni che si muovono ad alta velocità. Il fascio di elettroni crea l’immagine attraverso i segnali del calcolatore che controllano, nella parte posteriore del CRT, le bobine che producono il movimento degli elettroni in direzione verticale ed orizzontale.

Queste bobine sono chiamate bobine di deflessione verticale ed orizzontale. I circuiti elettronici utilizzati per creare l’immagine producono campi elettrici e magnetici statici e campi elettromagnetici a bassa ed alta frequenza.

Radiazione e campi. Nei campi elettrici e magnetici e nella radiazione ottica prodotti dai VDU è praticamente rappresentato l’intero spettro elettromagnetico. La radiazione ottica emessa comprende l’ultravioletto (UV) di grande lunghezza d’onda, il visibile e la radiazione infrarossa (IR). La luce visibile forma l’immagine che è previsto venga prodotta dal VDU. L’IR appare sotto forma di calore dissipato dall’unità. I livelli di UV emessi dal tubo sono molto piccoli, di gran lunga inferiori a quelli che entrano da una finestra in una giornata invernale. I campi elettrici e magnetici sono emessi in tre distinti intervalli di frequenza. Le bobine per la deflessione orizzontale emettono, in misura predominante, campi caratterizzati da frequenze comprese nell’intervallo 15-35 kHz. Campi a frequenza estremamente bassa (ELF) a 50 o 60 Hz provengono dall’alimentazione, dai trasformatori e dalle bobine per la deflessione verticale.

Infine, deboli segnali a più alte radiofrequenze (RF) provengono dai circuiti elettronici interni del VDU e da segnali provenienti dal computer. Sono anche presenti campi elettrici statici, in particolare in condizioni di bassi valori di umidità ambientale, generati dall’accumulo di carica elettrica causato dagli elettroni che urtano lo schermo. Suoni ad alta frequenza, o radiazione ultrasonica, che danno luogo ad un rumore dai toni acuti, vengono inoltre emessi da diverse componenti dei VDU, per la maggior parte dai circuiti di deflessione orizzontale. All’interno del CRT vengono prodotti raggi X di energia molto bassa, ma il vetro dello schermo è abbastanza spesso da assorbirli completamente prima della loro fuoriuscita dal VDU.

Rischi per la salute. Quando furono introdotti per la prima volta nel posto di lavoro, si ipotizzò che i VDU potessero essere la causa di molti dei malesseri lamentati, per esempio mal di capo, giramento di testa, stanchezza, cataratte, esiti avversi nella gestazione ed eruzioni cutanee. Sono stati effettuati molti studi scientifici per determinare se i campi elettromagnetici (CEM) possano avere una qualche conseguenza sulla salute.

L’OMS ed altre Agenzie hanno effettuato una rassegna dei diversi fattori, inclusi la qualità dell’aria negli ambienti chiusi, lo stress collegato all’attività lavorativa ed aspetti ergonomici, quali la postura e il tipo di sedile utilizzato durante il lavoro ai VDU. Questi studi (si veda più avanti) hanno suggerito che l’ambiente di lavoro, non le emissioni di CEM da parte dei VDU, può essere un fattore determinante per i possibili effetti sanitari associati all’uso di VDU.

Segue una breve rassegna dei risultati scientifici:

Esiti avversi nella gestazione. L’ipotesi che il lavoro con un VDU potesse influenzare l’esito di una gestazione nacque alla fine degli anni ’70, quando vennero notati in Australia, in Europa e nel Nord America, diversi cluster di esiti avversi nella gestazione. Questi cluster consistevano in gruppi di donne in stato interessante che lavoravano con VDU e sembravano presentare un non usuale elevato numero di aborti spontanei o di nascite di neonati con malformazioni. Ciò portò allo svolgimento nel Nord America ed in Europa di molti studi epidemiologici e su animali.

Presi nel loro insieme, questi studi non sono stati in grado di dimostrare l’esistenza di alcun effetto sui processi riproduttivi dovuti ai CEM emessi dai VDU. Gli studi hanno suggerito, tuttavia, che se effetti sulla riproduzione sono presenti, questi possono essere collegati ad altri fattori legati al lavoro, quali lo stress.

Effetti sull’occhio. Non è stato trovato alcun legame fra il lavoro al VDU e la cataratta o altre malattie dell’occhio. In situazioni estreme, il riverbero e le riflessioni provenienti dagli schermi dei VDU sono stati riconosciuti essere causa di affaticamento dell’occhio e di mal di testa.

Effetti sulla pelle. E’ stata studiata, specialmente nei paesi scandinavi, la presenza di un aumento di sintomi quali le eruzioni cutanee o il prurito. Tuttavia, questi stessi studi non sono stati in grado di collegare questi sintomi alle emissioni di CEM provenienti dai VDU. Prove di laboratorio condotte su persone che presentavano questi sintomi hanno mostrato che gli stessi non erano il risultato di una qualche esposizione ai CEM.

Altri fattori. I ricercatori hanno analizzato vari fattori collegati agli ambienti di lavoro al chiuso. Fra questi, la qualità dell’aria, la temperatura dell’ambiente, la fatica oculare causata da una illuminazione impropria e da postazioni di lavoro inadatte dal punto di vista ergonomico. Alcuni individui hanno risentito di emicranie, giramenti di testa e malesseri a livello dei muscoli e dello scheletro. Queste ricadute negative sono in larga misura prevenibili se vengono adottate, per il lavoro con i VDU, le opportune misure ergonomiche e per l’ambiente di lavoro. Queste misure comprendono una progettazione degli apparati, dell’impianto di illuminazione e degli altri aspetti dell’ambiente tale da incoraggiare una postura opportuna e da ridurre lo sforzo muscolare e dell’occhio e le altre tensioni generatrici di stress. Le conclusioni precedenti sono in accordo con le rassegne svolte dalla Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), dall’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) e dall’OMS.

Misure protettive. La paura di effetti negativi sulla salute provocati dai CEM emessi dai VDU ha portato ad una proliferazione di prodotti ritenuti in grado di fornire protezione da qualsiasi effetto negativo di questi campi e queste radiazioni.

Questi includono speciali grembiali, schermi protettivi o dispositivi “in grado di assorbire le radiazioni” da utilizzarsi con i VDU. Questi oggetti non hanno alcun effetto protettivo di qualsiasi genere sulle emissioni da VDU. Anche quelli che riducono i livelli di emissione non hanno alcun valore pratico, poiché i CEM e la radiazione emessi sono solo una piccolissima frazione dei limiti di esposizione permessi negli standard nazionali ed internazionali. Con l’eccezione degli schermi che riducono il riverbero (causa di affaticamento dell’occhio), i dispositivi di protezione non sono raccomandati dall’OMS. Anche l’ILO non raccomanda l’uso di dispositivi di protezione atti a ridurre le emissioni di CEM.

Dove posso ottenere maggiori informazioni? Il Progetto Internazionale EMF dell’OMS ha una home page con collegamenti ai Promemoria dell’OMS su vari aspetti dei rapporti fra esposizione a CEM e salute. La home page fornisce anche ulteriori informazioni sul Progetto, sulle pubblicazioni e sulle sue attività scientifiche e di informazione al pubblico. Si può accedere alla home page del Progetto EMF dell’OMS a: http://www.who.int/peh-emf.

Per ulteriori informazioni si prega di contattare Igor Rozov, Servizio Comunicazioni sulla Salute e Relazioni Pubbliche, OMS, Ginevra. Tel.0041-22-7912532, Fax 0041-22-7914858, E-mail: mailto:Rozov@who.ch Tutti i comunicati stampa e le note informative dell’OMS, come altre informazioni su questi temi, possono essere reperite su Internet alla pagina OMS: http://www.who.int/ Traduzione italiana a cura del Laboratorio di Fisica dell’Istituto Superiore di Sanità – Roma, Italia.

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