Comedy – Dalla propria creatività verrà fuori una meravigliosa e tenera creatura

Homo Faber Fortunae suae diceva Appio Claudio Cieco e Comedy (commedia improvvisata in 2 atti) conferma pienamente la validità universale di tale massima. Questa la sensazione molto edificante con cui ho lasciato la sala della Fonderia delle Arti sabato scorso dopo aver visto sei attori, un musicista ed un tecnico mettere su davanti ai miei occhi un intreccio di tre storie basate su elementi suggeriti dal pubblico.
Questa la dinamica: entrano in scena gli attori, si presentano brevemente e chiedono al pubblico di suggerire nell’ordine un mestiere, un luogo, un sentimento ed un evento creato da più persone. Mi colpisce subito la velocità e la sicurezza con cui ciascun attore decide di volta in volta per uno dei molteplici suggerimenti giunti dal pubblico: questo gesto mi fa capire quanto il fattore più importante sia la fiducia nella propria capacità di riuscire a creare qualcosa piuttosto che trasferire il potere all’oggetto fuori di noi, come se dalla sua natura dipendesse la nostra possibilità di farcela.

Ed ecco che si da l’avvio al turbinio di idee, situazioni, personaggi che prendono sempre più consistenza davanti ai nostri stessi occhi e vicende che si intersecano continuamente. Credo di comprendere che dietro una tale modalità di lavorare ci debba essere una importante formazione degli attori, una crescita psicologica degli individui che si mettono così coraggiosamente alla prova ogni sera. In particolare mi colpisce la necessità che alle doti recitative si affianchino qualità importanti: autostima, accettazione, fiducia, pensieri positivi e propositivi, superamento degli ideali di perfezione ed ascolto continuo di quale sia la prossima ‘mossa’ da fare. Mi sembra un’ottima forma di allenamento, metafora del training quotidiano che andrebbe affrontato affinché la nostra vita possa prendere forma di minuto in minuto tra le nostre mani. Percepisco in quei ragazzi sul palco un buon livello di autostima, quella fondamentale capacità di avere fiducia nelle proprie risorse, nel mettere in moto la creatività, sicuri che qualcosa di meraviglioso e mai visto prima ne verrà comunque fuori.

Ho visto una necessaria e continua accettazione di se stessi e di quello che si è deciso di inventare affinché la vicenda ed il personaggio crescano e si sviluppino; persino una aperta e sincera autoironia (con mirabolanti recuperi ‘in corner’) laddove si sbagliasse un nome inventato poco prima durante la messa in scena. Se accosto questo tipo di lavoro alla commedia della vita ne traggo degli insegnamenti molto preziosi: per prima cosa l’importanza dell’azione, il non restare impassibili ma avere certezza che dal proprio agire e dalla propria creatività ne verrà fuori una meravigliosa e tenera creatura, la nostra stessa vita, così come noi abbiamo sentito che doveva essere in quel momento. Il secondo suggerimento è quello di provare a fare il meglio che possiamo con ciò che abbiamo a disposizione. Non sempre abbiamo il tempo, il denaro, la forza, il sostegno e le condizioni perfette per avverare i nostri sogni, ma è importante sapere che le nostre abilità saranno capaci di fare di noi ciò che è giusto che noi siamo, utilizzando le risorse disponibili. Un ultimo elemento che ho molto apprezzato è stato quello di coinvolgere anche il pubblico in tale percorso: tutti, proprio tutti, in quel contesto potevano dunque arrivare al traguardo sentendo di avere messo una piccola cosa, di avere compiuto una minima azione affinché la rappresentazione prendesse vita e ci divertisse fino a quel punto.

La vita è una commedia che noi, creativamente, mettiamo in scena.

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